Il referendum anti reddito di cittadinanza non avrebbe alcun senso
L’obiettivo da centrare, lo strumento da incentivare, le riforme da fare

Caro direttore,
continuano, senza sosta, prese di posizioni e articoli che si scagliano contro il Reddito di cittadinanza (Rdc), accusato di aver tradito quanto promesso, ossia 'abolire la povertà'. Ora si intende abolire il Rdc: così si tradiscono i poveri. Intendiamoci, la promessa di 'abolire la povertà' non era credibile – e infatti il Rdc non l’ha fatto – e il Rdc stesso – come 'Avvenire' ha segnalato in diverse occasioni – ha dei lati deboli sui quali è necessario intervenire. Infatti l’Alleanza contro la povertà non ha mai risparmiato di sottolineare gli aspetti critici del provvedimento e di suggerire le proposte per modificarli, con franchezza e con competenza. Ma da qui ad abolire tutto un sistema, ne passa.
continuano, senza sosta, prese di posizioni e articoli che si scagliano contro il Reddito di cittadinanza (Rdc), accusato di aver tradito quanto promesso, ossia 'abolire la povertà'. Ora si intende abolire il Rdc: così si tradiscono i poveri. Intendiamoci, la promessa di 'abolire la povertà' non era credibile – e infatti il Rdc non l’ha fatto – e il Rdc stesso – come 'Avvenire' ha segnalato in diverse occasioni – ha dei lati deboli sui quali è necessario intervenire. Infatti l’Alleanza contro la povertà non ha mai risparmiato di sottolineare gli aspetti critici del provvedimento e di suggerire le proposte per modificarli, con franchezza e con competenza. Ma da qui ad abolire tutto un sistema, ne passa.
Perché in Italia dobbiamo buttare via tutto, ripartire sempre da zero, senza far tesoro del positivo e scartando il negativo? Perché avere un approccio rivoluzionario quando invece un sano riformismo ci farebbe procedere per via incrementale? L’errore era già stato fatto prima. Fu infatti traumatico veder sostituire il Reddito di inclusione (Rei) col Rdc. Il Rei aveva un’elaborazione teorica ed esperienziale molto ricca, raccolta dall’Alleanza contro la povertà e resa norma giuridica dal precedente Parlamento e dal governo Gentiloni, nel 2017. Ma ecco lo choc: nel 2019 il governo giallo-verde sostituiva il Rei col Rdc, promuovendo un approccio sensibilmente diverso e introducendo per la terza volta in tre anni una misura contro la povertà.
In realtà in quattro anni abbiamo avuto quattro misure contro la povertà: si è passati dal Sia (2016) – il Sostegno per l’inclusione attiva (creato dal ministro Giovannini, a quel tempo responsabile del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) – al Rei (2017) e al RdC (2019), ora affiancato dal Rem, il Reddito di emergenza (2020). Forse, più che di referendum, occorrerebbe procedere – in modo più pratico, più smart – fermandosi, raccogliendo gli esiti delle quattro politiche e mettendo a posto quanto non va bene. Tanto ciò che serve lo sappiamo: basta solo la volontà politica di procedere. Il 2020, oltre ai morti, ci ha portato quasi un milione di poveri in più: ora in totale siamo a 5,5 milioni, in Italia. Le pandemie hanno spesso avuto un effetto livellante sul piano socio-economico, ma non è stato così per il Covid-19, che ha invece ampliando le diseguaglianze esistenti. Dunque se non fossero state varate alcune misure – dal blocco dei licenziamenti alla cassa integrazione in deroga, dall’estensione della durata dei sussidi di disoccupazione al bonus per gli autonomi, dal Rdc al Rem – non avremmo 'solo' un milione di poveri in più, ma – secondo i nostri calcoli – quasi tre milioni.
Che fare, allora? Il giornale che lei dirige ha indicato a più riprese i punti cardine di una necessaria riforma. E l’Alleanza di cui sono portavoce ha chiaro che serve una revisione su tre livelli del Rdc. Il primo livello riguarda l’accesso al provvedimento per alcune categorie ingiustamente penalizzate, come le famiglie con minori (tenendo presente anche l’introduzione del nuovo Assegno unico universale), gli stranieri e le situazioni sociali indebolite proprio dalla pandemia. Il secondo livello è del welfare locale, da rafforzare nella presa in carico dei soggetti in povertà, a partire da qualche idea da mettere in campo per un’analisi preliminare dei casi per garantire un’assistenza puntuale, duratura ed efficace. Il terzo e ultimo livello è quello delle politiche attive, di upskilling e reskilling, e di incentivazione al lavoro, ossia i cosiddetti in-work benefit.
argomentato
Portavoce Alleanza contro la povertà
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