mercoledì 4 ottobre 2023
Fra gli invitati speciali l'ex leader dei disobbedienti e oggi capo di Mediterranea, ong che salva i naufraghi. «Io, una periferia. Il Papa mi ha accolto come un figlio e non ha chiesto da dove venivo
Luca Casarini, volto simbolo della ong Mediterranea, fra gli invitati speciali al Sinodo dei vescovi

Luca Casarini, volto simbolo della ong Mediterranea, fra gli invitati speciali al Sinodo dei vescovi - Ansa

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Che cosa ci fa al Sinodo dei vescovi lo storico leader dei disobbedienti e del pianeta “no global” che ha sfilato al G8 di Genova, che ha occupato case e che oggi soccorre in mare i migranti? «C’è chi si scandalizza. Perché in una società dove si pensa solo in termini politici, anche il Sinodo è visto come un congresso di partito con tattiche, schieramenti, posizionamenti. Se invece la Chiesa intende camminare insieme come afferma il Papa, può guardare anche ad alcuni angoli dimenticati del mondo. Mettiamola così, io sono una periferia rispetto ai tanti centri autorizzati, che può aiutare ad avere un punto di vista diverso: ad esempio, quello della lotta fra vita e morte di chi lascia terre sfruttate, funestate da guerre e cambiamenti climatici». Ecco, Luca Casarini si sente una periferia, ma non un estraneo alla Chiesa. «L’ho rincontrata e mi ha abbracciato», dice a 56 anni, consapevole del suo passato di battaglie sociali segnate anche da derive «anticlericali», come lui stesso ammette.

La delegazione di Mediterranea Saving Humans in udienza dal Papa

La delegazione di Mediterranea Saving Humans in udienza dal Papa - Avvenire

Papa Francesco l’ha voluto all’Assemblea dei vescovi come “invitato speciale”. A sorpresa. «Non lo avrei mai immaginato», confida il volto “simbolo” di Mediterranea, la ong fondata nel 2018 che continua a far salpare l’unica nave di soccorso civile battente bandiera italiana, la “Mare Jonio”. Tredici missioni e duemila naufraghi recuperati. Ma anche cadaveri fra le onde. «Ci sono alcuni gruppi di persone che si dedicano a salvare gente nel mare. Ho invitato uno di loro a partecipare al Sinodo. Loro ti raccontano delle storie terribili», ha riferito Francesco ai giornalisti, di ritorno da Marsiglia, per spiegare la partecipazione di Casarini. Con Avvenire dialoga alla vigilia dell’inizio delle sessioni, fedele al mandato di riservatezza sui lavori.

Come vive questa chiamata del Papa?

Come un grande dono: mi sento inadeguato. Ma anche come un servizio. Vorrei portare la voce di sorelle e fratelli che attraversano nel Mediterraneo o sono rinchiusi nei lager della Libia e che sono considerati nemici dalle autorità, dai governi, dalle opinioni pubbliche orientate soltanto perché nati in un’altra parte del mondo.

Non si aspettava la nomina annunciata a luglio.

Nutrivo il desiderio di poter assistere a questo grande processo di ascolto dello Spirito: sia come cristiano, sia come attivista. Quando ho saputo della decisione del Papa, è stato uno shock. Ma positivo.

Qual è il rapporto di Casarini con la Chiesa?

Sono cresciuto in una famiglia cattolica e il legame con la Chiesa è stato molto stretto fino all’inizio dell’adolescenza. Poi si è interrotto ma in termini parziali. Perché durante la mia militanza ho sempre avuto a che fare con preti di strada o religiose di frontiera. Uomini e donne che si sono spesi per gli ultimi. E in questa comune attenzione ai fragili ci siamo incontrati: io, esponente di movimenti radicali e laici; loro, testimoni del Vangelo accanto ai più deboli. Al Sinodo arrivo tenendo per mano don Andrea Gallo che ha accompagnato la mia vita di lotta. Poi grazie a Mediterranea è rientrata nel mio vissuto la dimensione interiore e mi sono imbattuto in una Chiesa aperta anche grazie ad alcuni amici vescovi. Così ho rincontrato il mio essere cristiano.

C’è chi si domanda: ma Casarini si è convertito? Sulla “Mare Jonio” legge la Bibbia e prega.

A me non dispiace che qualcuno si interroghi. Mi interrogo anche io. Non dobbiamo sempre avere risposte a tutto. Ci sono cose che non sono spiegabili con categorie razionali. È lo Spirito che agisce. Quando sei in mezzo a una tempesta, ti affidi al cielo. E, se soccorri un fratello, ti si apre un mondo. Nell’era del transumanesimo c’è bisogno dell’elemento spirituale. Una componente che, a mio avviso, è molto umana perché è l’uomo stesso a non poterne fare a meno.

Poi c’è la sua amicizia con papa Francesco. Si è inginocchiato ai suoi piedi a Marsiglia, agli Incontri del Mediterraneo, dove è stato ospite nel summit fra vescovi e giovani.

È una guida straordinaria, pieno di amore e umanità. Te ne accorgi subito quando ci parli. Il Papa mi ha accolto come un figlio: non si è chiesto da dove venivo, bensì dove stessi andando. Aggiungo che il suo è un rapporto non solo con me ma con gli equipaggi di tutta Mediterranea che ha incontrato più volte. Ed è un rapporto con don Mattia Ferrari, nostro cappellano di bordo: mi piace chiamarlo capomissione della nostra navigazione dentro la Chiesa. Avere al proprio fianco un giovane prete di provincia che è esempio di purezza ti fa toccare con mano le parole del Vangelo: “Ha innalzato gli umili”.

“Fratelli tutti”, ripete il Papa nella sua ultima enciclica. Anche nel Mediterraneo?

Certo, basta aprirsi all’altro. Invece di mettere sul piedistallo l’odio, l’individualismo, la guerra, il consumismo, lasciamoci condurre dall’amore. Tutti ne abbiamo la possibilità.

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