venerdì 2 giugno 2023
L’Eurocamera dice sì al programma Asap e respinge le modifichedella sinistraChe si spacca in tre fronti. Accuse a Schlein. Compatta la maggioranza italiana, e Fitto precisa: nonlo utilizzeremo
L'Ue fa il pieno di armi, anche con il Pnrr. Pd in confusione

Ansa

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Come da previsioni, le armi a Kiev spaccano la compagine dem in Europa che sul voto per l’Asap (il provvedimento discusso ieri a Bruxelles per accelerare la produzione di materiale bellico dei Paesi Ue) marcia in ordine sparso, palesando la mancanza di un’indicazione precisa giunta dal Nazareno. Del resto Elly Schlein una linea chiara non l’ha data, o meglio, ha chiesto ai suoi di sostenere gli emendamenti del Pd che escludevano l’utilizzo del Pnrr e dei fondi di coesione per gli armamenti. Ma non ha dato disposizioni nel caso in cui, come poi avvenuto, non fossero passati. Alla fine il risultato tra i socialdemocratici in quota Pd è stato di 10 voti a favore del pacchetto (Benifei, Bresso, Covassi, De Castro, Gualmini, Picierno, Rondinelli, Tinagli, Moretti e Toia), 4 astenuti (Bartolo, Laureti, Roberti e Variati) e un unico contrario: Massimiliano Smeriglio. Il centrodestra ha invece votato compatto a favore (inclusa la Lega che a casa mugugna spesso sulle armi a Kiev), mentre il Movimento 5 stelle e i Verdi hanno votato contro. In totale i “sì” sono stati 446, i “no” 67, le astensioni 12.
Il paradosso è che tra gli uomini del Pd sia i favorevoli sia i contrari hanno sostenuto di aver seguito le indicazioni della segretaria. La mancanza di coesione, però, è stata evidente e ha attirato molte critiche; le più severe, per altro, proprio dal resto delle opposizioni e in particolare dal Terzo polo. Per Ettore Rosato il Pd «è ormai un interlocutore sempre meno credibile», mentre per Raffaella Paita Schlein ha dimostrato di essere «nel caos su un tema cruciale». Da Forza Italia è stata invece Stefania Craxi a parlare della segretaria dem come di una leader «inaffidabile», ma anche Stefano Patuanelli del M5s, seppur per motivi opposti, ha ravvisato un «comportamento incomprensibile».
Per Smeriglio (l’unico ad aver votato contro), quanto accaduto a Bruxelles dimostra la «crescita dell'area del dissenso sulla trasformazione delle risorse del Pnrr e dei fondi di coesione in armi. Un atto sbagliato che riarma 27 eserciti nazionali con soldi per le politiche sociali e ambientali senza far fare un passo in avanti alla difesa comune europea». Insomma quello dato dall’Eurocamera al governo italiano è «un assegno in bianco per modificare il Pnrr a proprio piacimento», ha incalzato applaudendo la decisione degli astenuti. Anche Pietro Bartolo ha attaccato duramente il provvedimento, definendolo «un delitto contro i nostri figli e contro i cittadini più fragili», perché il Pnrr, ha proseguito, «nasce come strumento di resilienza, per uno sviluppo sostenibile e duraturo dell’economia. Uno strumento di pace e non di guerra».
Una grana per il Nazareno, che ieri ha tentato di nascondere le controversie interne scagliandosi contro la presunta volontà del governo di far votare anche nel Parlamento italiano l’utilizzo delle risorse europee per le armi. Una strategia inaugurata mentre a Montecitorio era ancora in corso l’assemblea congiunta dei deputati e dei senatori con la stessa leader del partito. «Se votano contro i nostri emendamenti e, quindi, per l’utilizzo di quei fondi al fine di produrre munizioni – è stato il ragionamento condiviso da una fonte parlamentare –, vuole dire che lo faranno anche a Roma».
E così, poco dopo, a Palazzo Madama (presenti solo 29 senatori) è toccato al responsabile Pd per le Riforme, Alessandro Alfieri, porre al ministro Raffaele Fitto un’interrogazione per sapere se il governo «intenda esprimere con chiarezza, sin da subito, la contrarietà all’utilizzo delle risorse di pertinenza del Pnrr per la produzione di munizioni in conseguenza degli aiuti forniti all’Ucraina». Il titolare degli Affari europei non si è però scomposto più di tanto, limitandosi a ribadire che una simile eventualità «non è assolutamente all’ordine del giorno». Posizione che Francesco Boccia ha bollato come una contraddizione, ma in fondo è la stessa in cui sono incorsi i suoi colleghi all’Europarlamento e che Schlein dovrà sciogliere presto per preservare l’immagine di una segreteria non solo unita, ma con le idee chiare, oltre che nuove.

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