venerdì 2 febbraio 2018
Dopo l’incendio ecco la diossina. A livelli altissimi. È quella che stanno respirando i migranti della tendopoli di San Ferdinando bruciata una settimana fa.
L'incendio di Rosarno (Fotogramma)

L'incendio di Rosarno (Fotogramma)

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Dopo l’incendio ecco la diossina. A livelli altissimi. È quella che stanno respirando i migranti della tendopoli di San Ferdinando bruciata una settimana fa. Diossina e un cocktail di altri veleni provocati dalla combustione di tende e baracche, plastica e lastre di eternit. Ma anche tonnellate di rifiuti accumulati da mesi che nessuno ha mai prelevato. Una situazione ancora più invivibile.

Lo dice, nero su bianco, la relazione dell’Arpacal consegnata nell’ultima riunione in prefettura a Reggio Calabria del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Secondo le analisi dei tecnici regionali l’inquinamento è arrivato al livello 5, altissimo. Eppure, come abbiamo potuto osservare ieri, sono ancora centinaia i migranti che vivono nell’area andata a fuoco. E non solo quelli delle tende e delle baracche non toccate dalle fiamme. Alcuni, infatti, stanno ricostruendo nuove baracche proprio là dove sono andate distrutte. Recuperano pali anneriti e bruciacchiati, trovano qualche telo ed è fatta. Ma attorno è tutto nero di veleni e basta un colpo di vento e li respirano tutti. Anche per questo gli uomini delle forze dell’ordine, con pazienza ma anche con fermezza, cercano di convincerli a non ricostruire, spiegando che, come abbiamo già scritto, verrano installate cento nuove tende, per 6-800 persone, vicino alla nuova tendopoli, quindi non nell’area bruciata, anche se in realtà dista non più di 200 metri. Ci riusciranno?

Intanto i migranti, come formichine, stanno facendo da soli, un pezzo alla volta. Per ricostruire quei 'rifugi pericolosi per i materiali usati' come li hanno definiti i vescovi calabresi chiedendo invece di 'assicurare a tutti strutture più sicure, soluzioni che siano più rispettose della dignità del migrante'. Purtroppo c’è il precedente del 3 luglio 2017 quando le fiamme avevano distrutto quasi tutte le baracche esistenti. Però in questi mesi sono rinate e più che raddoppiate, costruite letteralmente sulla cenere delle vecchie. Nessuna bonifica, così in questi sei mesi i migranti hanno respirato veleni, ai quali ora si aggiungono quelli, ancora maggiori, dell’incendio di sabato scorso.

Ora è intenzione di bonificare finalmente l’area che, oltretutto, è ad altissimo rischio anche per la presenza di centinaia di cavi elettrici che corrono soprattutto a terra. Impianti abusivi dopo che ad agosto, quando è nata la nuova tendopoli, a quella vecchia venne tolta l’elettricità, sperando che questo spingesse i migranti a lasciarla, ma non è stato così, e si sono arrangiati. Anche per questo si accelera per il nuovo terzo insediamento di tende. Ieri gli uomini della Protezione civile regionale erano già all’opera per livellare i terreno e fare spazio per le cento grandi tende. Una struttura comunque provvisoria, almeno per passare inverno e primavera, mentre in estate dovrebbe partire il progetto per il villaggio di container il località 'Spartimento' al confine tra Rosarno e Gioia Tauro.

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