Opinioni

Il Papa ieri all'Angelus. Quella domanda di libertà impigliata in tante trappole

Gennaro Matino martedì 9 dicembre 2008
Nell’Angelus dell’Immacolata papa Ratzinger ha posto l’accento sul dramma della libertà e sull’eterna domanda dell’uomo: se Dio è bontà assoluta, da dove viene il male? La risposta al più inquietante degli interrogativi è senza dubbio, come ci ha ricordato Benedetto XVI, nelle due verità fondamentali della nostra fede «il peccato originale innanzitutto, e poi la vittoria su di esso della grazia di Cristo, vittoria che risplende in modo sublime in Maria Santissima». Parole più che mai attuali in un mondo in cui la naturale aspirazione dell’uomo alla libertà è rimasta imbrigliata in una insana forma di relativismo etico e di liberismo assoluto che in nome di una libertà ideale ha schiacciato la libertà reale degli individui e dei popoli più deboli. Penso agli adolescenti, precocemente lasciati liberi di vivere le proprie esperienze, che invece vengono deprivati della libertà di crescere, di sognare, di assaporare il gusto della vita. Penso alla libertà delle donne, a giusta ragione faticosamente conquistata, che spesso sacrifica la gioia di essere madre. Penso alla libertà dei mercati che ha sottomesso i paesi più poveri. Penso a quanti, barattando la verità con la menzogna, confondono la libertà con il libertinaggio e allora mi ritrovo con il pensiero cristiano che da subito ha rivoluzionato il concetto di libertà. Ogni schiavitù, politica, culturale o religiosa che sia, deriva dalla schiavitù interiore generata dal peccato originale che solo la grazia divina, indispensabile strumento di liberazione dell’uomo, può cancellare. Cos’è infatti il peccato originale, che fa sorridere i non credenti, se non la ribellione, l’allontanamento dalla verità? Al di là delle differenti culture, ideologie o professioni di fede, la verità è una e ogni uomo la riconosce nel profondo della propria coscienza, ognuno sa bene quando in difesa dei propri interessi sta oltraggiando la libertà degli altri. Non è eredità dei soli credenti distinguere il bene dal male, ogni uomo sa che la verità genera vita, la menzogna genera morte; ognuno sa che o si lotta per la libertà di tutti gli uomini e di tutti i popoli o saremo sempre schiavi di noi stessi, di quel peccato originale che solo la via dell’amore può vincere. Qual è allora il rapporto tra il male che esiste nel mondo, la libertà umana e la grazia divina? Certamente la fragilità, le debolezze, i limiti dell’uomo hanno bisogno della grazia per liberare il cuore dall’oppressione del peccato. L’apostolo diceva: so per certo il bene che devo fare ma mi ritrovo sempre a fare il male che non voglio fare. Solo Maria, concepita senza peccato, ha saputo dire il suo sì pienamente per seguire la via della verità che rende liberi, ma ogni uomo può imparare a dire i suoi piccoli sì in ragione della libertà, perché non saranno le leggi, per quanto giuste possano essere, a liberarci dal male, ma i nostri sì alla compassione, alla condivisione, alla solidarietà che aprono il mondo alla pace. Quei tanti sì, che spesso omettiamo dal nostro vocabolario, si compendiano per noi cristiani nel nostro sì a Cristo, unica via verso la libertà, perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Senza la libertà interiore non può esservi libertà sociale, se l’uomo non impara a liberarsi dall’egoismo, dall’individualismo, dalla logica del possesso, non sarà mai in grado di costruire un mondo in cui la libertà individuale si coniuga con la libertà degli altri. Bisogna trasformare l’anelito alla libertà in libertà d’amore e camminare sulle orme di Maria che alle nozze di Cana, guardando il Figlio, ci ha indicato la via: «Fate quello che lui vi dirà».