Opinioni

Comitato di bioetica e una delle ferite del Covid. Nessuno resti solo con la malattia

Assuntina Morresi giovedì 18 febbraio 2021

Nel suo sesto documento dedicato alle problematiche emerse con Covid 19, il Comitato nazionale per la Bioetica ha riflettuto su 'La solitudine dei malati nelle strutture sanitarie in tempi di pandemia', proponendo una mozione in merito: nella consapevolezza delle difficoltà che il Servizio sanitario sta attraversando, si chiede che venga fatto ogni sforzo possibile perché accanto alle persone ricoverate negli ospedali si possa «assicurare la presenza di almeno un familiare, o di una persona di fiducia, in particolare nelle situazioni più gravi, nelle fasi terminali e per i pazienti in condizioni di particolari fragilità». Quello della solitudine dei malati, specie dei morenti, è un dramma che si sta consumando da quasi un anno ormai, in particolare nei reparti Covid-19, ma non solo.

L’organizzazione dei nostri ospedali è stata travolta dal contagio. È stato fatto di tutto per cercare di renderli il più sicuri possibile sia per chi vi lavora che per la popolazione, ricoverati e no, per evitare la diffusione del virus: un isolamento severo dei reparti riservati agli infetti è stato ovviamente il primo requisito. Gli operatori sanitari in primis, ma anche ausiliari, volontari e cappellani hanno rischiato la vita, e molti l’hanno persa, per poter prendersi cura di tutti noi. Per farlo hanno quasi dovuto acquisire le fattezze di un esercito alieno: abbiamo tutti ben presente le immagini di medici e infermieri avvolti nei tutoni bianchi, dalla testa ai piedi, indistinguibili se non per i nomi scritti in grande, spesso a mano. Condizioni che rendono ancora più pesante la solitudine dei malati, la quale diventa drammatica quando di compagnia ce ne sarebbe più bisogno: per i più anziani, completamente disorientati dall’interrompersi della ritualità quotidiana e senza più facce riconoscibili intorno; se la malattia si aggrava, e senza il conforto di un affetto vicino diventa facile lasciarsi andare; quando si muore.

La solitudine nel morire ha il sapore della disperazione, per chi se ne va e per chi resta. In migliaia hanno visto i propri cari, malati di Covid, uscire da casa per non tornare mai più, spesso senza rivederne neppure il corpo, come nei dispersi in guerra. E se, come diceva Karen Blixen «tutti i dolori sono sopportabili se li si fa entrare in una storia, o se si può raccontare una storia su di essi», quali storie è possibile raccontare di chi è morto da solo, letteralmente scomparso ai nostri occhi negli ultimi giorni della sua vita? In tanti addirittura senza neppure il funerale?

Il Comitato ha voluto guardare tutto questo. Il tentativo di mitigare il contagio richiede misure rigorose di sicurezza sanitaria, alle quali non si possono concedere deroghe. Ma la vicinanza fisica di una persona cara al letto di un malato, specie se più fragile, più grave, e se morente, non deve essere considerata una eccezione ai protocolli di cura e sicurezza, al contrario: ne deve far parte integrante, così come lo è l’accudimento insieme alle terapie o alle cure palliative. Il Comitato ha voluto sottolineare questo aspetto: la presa in carico di un malato non può limitarsi al suo organismo ma deve coinvolgere la persona intera, in tutti i suoi bisogni ed esigenze. E infatti nella mozione si è data attenzione al consenso informato del paziente, suggerendo che possa indicare una persona di fiducia per stargli accanto ma anche per tenere conto di chi non vuole visite, magari per paura di contagiare i propri cari, così come per offrire l’assistenza spirituale a chi la chiede. Va cioè messa in atto una sanità che concretamente abbia al centro la persona malata che vi si affida. Quindi nessuna deroga alle misure di sicurezza ma un invito a uno sforzo organizzativo per prendersi cura in toto, con una particolare attenzione agli investimenti futuri: le risorse che stiamo aspettando per nostro il Servizio sanitario vanno utilizzate tenendo conto delle innovazioni tecnologiche e al tempo stesso della necessità di rispondere flessibilmente a tutti i bisogni delle persone malate. Una raccomandazione, quella del Comitato, a «perseverare nella ricerca di soluzioni innovative per garantire la sicurezza senza perdere la dimensione relazionale, di vicinanza e prossimità».