giovedì 17 novembre 2022
Alcune associazioni che fanno capo alla rete europea di sigle impegnate a tutela della vita hanno animato un incontro sulla dignità umana di fronte alle derive eutanasiche in molti Paesi dell'Unione
Un momento dell'incontro di Bruxelles

Un momento dell'incontro di Bruxelles

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La Federazione europea «One of us», con le associazioni olandesi «Protect children’s life» ed «Euthanasia prevention coalition», il 16 novembre ha portato nella sede del Parlamento europeo a Bruxelles un simposio sulla «Analisi universale dell’eutanasia e del suicidio assistito». Una giornata di convegno, anche via streaming, che ha visto la partecipazione di un centinaio di persone, tra cui europarlamentari di Olanda, Spagna, Germania e Francia, oltre ad Ana del Pino, coordinatrice europea di «One of us» e moderatrice dell’incontro.
La necessità del simposio è nata dal fatto che «i nostri Paesi affrontano crescenti pressioni per legalizzare l'eutanasia o per ampliarla», come spiegano gli organizzatori. Sempre più medici si trovano di fronte a richieste di eutanasia. Così «One of u»s ha voluto proporre al Parlamento europeo una alternativa concreta all’eutanasia e al suicidio assistito. E se i dati globali rivelano che l’88% dei bisogni di cure palliative non è coperto, la “soluzione finale” non può essere l’introduzione di un ipotetico “diritto a morire” attraverso eutanasia e suicidio assistito.
«L'eutanasia è come voler sradicare la povertà mettendo una bomba nei Paesi poveri» ha detto Ana del Pino. Ben 15 i relatori, che hanno condotto una riflessione su tutti i mezzi già disponibili e su quelli di cui abbiamo ancora bisogno per garantire un'assistenza umana che rispetti la dignità e la vita di tutte le persone fino alla morte naturale. Il dibattito ha raccolto le opinioni dei relatori provenienti da vari Paesi europei e dall’America. Catherine Glenn Foster, di «Americans United for Life», ha ribadito l'idea che bisogna «scegliere il coraggio e la lucidità escludendo la morte prematura» e ha anche ricordato che tutti gli esseri umani «meritano l'accesso alla prevenzione del suicidio e non al suicidio assistito».
Carlo Bellieni, neonatologo, bioeticista e professore all'Università di Siena, ha difeso le cure palliative contro l'eutanasia e il suicidio assistito sottolineando che in ospedale «ci si deve sentire meglio, perché è uno strumento di guarigione». Il medico ha anche evidenziato che le cure palliative non sono una scorciatoia e che «la valutazione del dolore e non la soggettività dovrebbe essere la base per decidere se le cure debbano essere sospese». Da parte sua, Alex Schademberg, attivista della piattaforma «Euthanasia prevention coalition», ha fatto presente che l'eutanasia è stata venduta come «una forma di libertà, opportunità e autonomia», senza però essere niente di tutto ciò. Manuel Martínez-Sellés, presidente del Collegio dei medici di Madrid, cardiologo, scrittore e docente, ha fatto notare che quando parla di questi temi è accusato di «trasmettere il punto di vista cristiano» nonostante la sua posizione si basi sul giuramento di Ippocrate, scritto 500 anni prima di Cristo. «Fin dall'inizio della professione medica, il diritto alla vita è stato difeso». Il professore ha sottolineato che, insieme a Olanda, Lussemburgo e Belgio, la Spagna è l'unico Paese in cui l'eutanasia è legale e ha aggiunto che questa misura crea un divario sociale, poiché chi ha più soldi può ricorrere a un luogo dove può ottenere cure palliative mentre chi non ha risorse finirà per ricorrere all'eutanasia.Un simposio dunque che ha offerto idee per riflettere in sede europea sulla tutela del diritto alla vita.

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