mercoledì 28 dicembre 2016
Il tema: «La non violenza: stile di una politica per la pace». Come è nata la marcia della pace e perché.
Papa Francesco libera due colombe, simbolo di pace (Foto Osservatore Romano)

Papa Francesco libera due colombe, simbolo di pace (Foto Osservatore Romano)

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“Venite a Bologna per continuare a nutrire il sogno della pace”: è l’appello che monsignor Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e presidente di Pax Christi Italia, rivolge soprattutto a giovani e meno giovani, per vivere la notte di Capodanno in maniera veramente alternativa: si svolgerà a Bologna, per la prima volta, la 49ª edizione della Marcia della pace 2016, storicamente organizzata ogni 31 dicembre da Pax Christi, Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro, Caritas italiana, Azione cattolica italiana e arcidiocesi di Bologna. Lo scorso anno si è tenuta a Molfetta, terra di don Tonino Bello, con la partecipazione di migliaia di persone. Quest’anno tanti ospiti importanti e la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Francesco presieduta da monsignor Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna.

Qual è il tema della 49ª edizione della «Marcia nazionale per la pace»?

Al centro il tema «La non violenza: stile di una politica per la pace», titolo del messaggio di papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale della Pace che si celebra il primo gennaio 2017.
«Sarà una grande occasione di riflessione e di preghiera intorno al grande tema che vogliamo proporre a tutta la cittadinanza e attraverso Bologna a tutta la nazione - afferma monsignor Fabiano Longoni, direttore nazionale dell'Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Cei -. È la prima volta che Bologna ospita la marcia e credo che sarà un'esperienza interessante: avremo molti importanti testimoni e fra loro monsignor Luigi Bettazzi, che ha fatte tutte e 49 le marce.
Sarà una testimonianza importante per la città e non solo in questo momento tragico che stiamo vivendo, a causa delle guerre, del terrorismo internazionale, della violenza dilagante».
«Quest'anno il tema ci sembra veramente pertinente - spiega don Andrea La Regina di Caritas Italiana -. Il Papa ha sottolineato che esiste una “terza guerra mondiale a pezzi” e noi lo sperimentiamo nel nostro lavoro a livello internazionale. Soprattutto, il Papa afferma che la non violenza non è solo un fatto morale, interiore, ma dev'essere attiva, capace di generare gesti che concretizzano possibilità di negoziato. Pensare a uno stile di politica che tutti, dalle istituzioni da chi le rappresenta, ma anche ai cittadini adottino per far sì che questo diventi veramente un modo di dare speranza all'umanità».
Già delineato il programma di massima: «Partiremo dai Giardini Margherita nel primo pomeriggio: ci ritroveremo dalle 15 per vedere le associazioni, le famiglie, i bambini, le scuole, ognuno con il proprio percorso e mettere in comune la nostra storia e le nostre esperienze - spiega Annarita Cenacchi di Pax Christi Bologna -. Da lì cominceremo a camminare, procederemo verso la Basilica di San Domenico per arrivare poi in San Petronio dove ci uniremo al Te Deum cittadino presieduto dall'arcivescovo Zuppi: sarà un momento di spiritualità molto forte, con la marcia che “entra” nel Te Deum e il Te Deum nella marcia. Avremo diverse testimonianze, un momento interreligioso, uno di festa e poi proseguiremo verso via Indipendenza pensando alla nostra storia, alle nostre ferite, alla Stazione di Bologna in particolare e a tutte le stragi che abbiamo vissuto nel nostro percorso. Arriveremo al Palazzo dello Sport dove ascolteremo le testimonianze internazionali e nazionali per poi proseguire fino alla Basilica di San Francesco, dove concluderemo con la Messa della pace presieduta sempre da monsignor Zuppi come inizio del nuovo anno».


Come nacque l'idea e che cos'è la Marcia della pace?


A spiegarlo è monsignor Luigi Bettazzi, già presidente nazionale Pax Christi e tra i fondatori di questa iniziativa. «La Marcia di Capodanno fu voluta dai giovani di Pax Christi perché l'anno cominciasse non soltanto con lo spumante e il panettone, ma in preghiera e con una marcia di riflessione antecedente. Papa Paolo VI nel 1968 aveva lanciato la Giornata mondiale per la pace e l'anno successivo il 31 dicembre noi facemmo la Marcia.
Nacque proprio per sensibilizzare, noi di Pax Christi per primi,e poi per sensibilizzare al tema della pace le città che via via abbiamo girato. Cominciammo con l'obiezione di coscienza, che allora era una cosa di cui non si parlava, siamo andati nelle zone in cui c'era stato il terremoto, in Sicilia poi in Friuli, a Sarno dove c'era stata l'alluvione. Cercavamo di alternare Sud e Nord, alla ricerca di città che ci accogliessero. Andavo a parlare con i vescovi, qualcuno non era tanto dell'idea.
Nel 1981 il presidente di Giustizia e Pace, la Commissione della Cei ci diede il patrocinio e da allora potemmo andare anche nelle grandi città, come Roma, Palermo, Firenze».

Quali riflessioni sono state proposte all'Italia?

«Credo che abbiamo seminato, e in molte città hanno poi continuato a fare nel tempo iniziative locali. La Marcia della Pace si è diffusa come un tema significativo, noi come Pax Christi avevamo già le Routes in giro per il mondo. Credo che le Marce siano state utili per seminare, abbiamo parlato di armi, di disarmo, di costruire meno armi, oppure di solidarietà in situazioni
particolari,credo che sia stato efficace».

Esiste una guerra giusta?

Secondo il vescovo emerito di Ivrea, no: «Nel Concilio c'era un movimento che, partendo dal Vangelo, voleva che si dichiarasse che un cristiano non può far la guerra. Per questo don Dossetti non condivideva tanto che nella Gaudium et spes si fosse partiti dalla teologia della guerra giusta, della guerra di difesa. Paolo VI ha parlato della pace come sviluppo dei popoli, Giovanni Paolo II ha parlato della pace come solidarietà, Benedetto XVI nella Caritas in veritate comincia ad auspicare la nonviolenza attiva, papa Francesco parla di non violenza attiva e creativa per la Giornata della pace 2017. Purtroppo la guerra invece rende molto, pensiamo alla vendita delle armi. Si preferisce portare le situazioni fino all'estremo, lo stiamo vedendo in Africa, nel Medio Oriente».

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