domenica 13 gennaio 2013
Amsterdam, 1989 - Lairessestraat 152, una villetta di periferia. Margaretha Bakker, 68 anni, fondatrice della prima associazione olandese per l'eutanasia, è una signora gentile che ogni estate, a settembre, va a Rimini. Mentre lei va a preparare un tè mi guardo attorno. Su un manifesto c'è l'orso Yoghi, che sorridente, sdraiato dentro una bara, se ne cala addosso il coperchio. «Men moet ten slotte bet recht essen om als een er te sterven», dice Yoghi. «Che vuol dire?» domando. «Ciascuno — traduce lei — dovrebbe avere il diritto di morire come un gentiluomo».In Olanda nell'89 l'eutanasia non è legalizzata, ma non è perseguita penalmente. Già si parla di concederla non solo a malati terminali, ma anche a chi è vecchio e stanco di vivere. Finita l'intervista, la Bakker mi chiede se sono cattolica. «Sa — dice — io da ragazza lo ero. Poi qui sono arrivati i nazisti e la mia migliore amica, ebrea, è morta ad Auschwitz. Da allora ho smesso di credere a un Dio buono».Quanti, mi dico andandomene, dei ragazzi degli anni 40 sono passati per persecuzioni e massacri. Una intera generazione si è chiesta dov'era, Dio. Ora quei ragazzi invecchiano, orfani, ma padroni di sé. Padroni di morire "dignitosamente", quando sono stanchi. Come Yoghi, che sorride dalla bara, e toglie il disturbo.
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