martedì 1 marzo 2005
Siamo tutti nati nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle. Essere capaci di coniare frasi fulminanti, aforismi sapienziali ma anche battute mordaci è un'arte che non tutti sanno esercitare. In questo genere eccelleva lo scrittore inglese Oscar Wilde, soprattutto per colpire la società del tempo, ma talvolta - come in questo caso - per provocare una riflessione alta e, a suo modo, spirituale. Non è solo la Bibbia a rappresentare la creazione dell'uomo come un impasto di fango, una sorta di opera da vasaio: «Il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo"» (Genesi
2, 7). Bisogna riconoscere che, nonostante l'alito divino che scorre in noi e ci rende non solo viventi ma anche coscienti, molti vogliono rimanere solo fango, materia bruta, carne stolida e pesante. Eppure l'uomo è una creatura che può puntare verso le stelle e non solo perché è in posizione eretta e dominante o perché - come ha fatto - può avventurarsi negli spazi celesti. Egli è destinato a varcare il proprio perimetro, a cercare l'infinito, a trascendere il tempo per penetrare nell'eterno, a incontrare il mistero di Dio dalle cui mani
è uscito, a dialogare con lui. «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza», ci ammoniva Dante (Inferno XXVI, 119-120). Cerchiamo, allora, nel nostro chinarci quotidiano sulle cose, opera pur necessaria per creature materiali quali siamo, di levare qualche volta di più il capo, cioè la mente, il cuore, lo spirito verso le stelle. Perché «a sua immagine Dio creò l'uomo» (Genesi 1, 27). Dopo le polemiche tra Quirinale e Palazzo Chigi, il capo dello Stato invita governo, Parlamento e magistratura a collaborare e ad «anestetizzare» le polemiche Davanti agli imprenditori del Lazio, il presidente ribadisce anche di «non credere al declino dell'economia italiana». E poi insiste: «I parametri di Maastricht vanno rispettati»
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