giovedì 30 luglio 2020
Se dovessi scegliere tra tutte le doti quella essenziale da cercare nella persona con cui condividere la vita, direi che la cosa in assoluto più importante è trovare se possibile una persona buona.
Non che siano irrilevanti la bellezza, l'intelligenza, l'intraprendenza, la capacità di avere successo; ma nessuna di queste doti da sola è quella cruciale nella vita comune. Negli anni mi sono convinta che per vivere bene insieme e amarsi ogni giorno da capo, bisogna soprattutto imparare a diventare persone buone. La bontà non è molto di moda, e forse non lo è mai stata: viene percepita infatti come una caratteristica dei perdenti e dei deboli, di quelli che si fanno andare tutto bene pur di non prendere posizione, oppure di chi non è capace di stare dalla propria parte, di difendere e affermare i propri diritti. La bontà sembra dunque una qualità triste, riservata a chi non possiede le altre, ben più interessanti risorse. Inoltre spesso si confondono tra loro la bontà e il buonismo: una sorta di indifferentismo superficiale, compiacente e stucchevole, che non può certo affascinare nessuno.
Ma che cosa vuol dire essere buoni? Romano Guardini, che amo molto e che cito spesso, ci sorprende con questa folgorante definizione: «Un uomo buono è uno che ha buona opinione della vita». Avere una buona opinione della vita non è una cosa banale, perché la maggior parte di noi trova molto più naturale parlare male della vita e averne una cattiva opinione. La vita del resto è piena di difficoltà: limiti, disgrazie, prepotenze, ingiustizie sono all'ordine del giorno; le persone ci feriscono, le cose ci resistono, i contrattempi ci irritano. La cosa più ovvia sembra quella di corazzarsi, adottando difese che sono spesso difese preventive, utili ad evitare di rimanere feriti. A molti poi la vita appare come una promessa non mantenuta; superata l'infanzia, soprattutto oggi così vezzeggiata, e l'adolescenza, soprattutto oggi così de-responsabilizzata, la vita reale con le sue responsabilità e i suoi limiti ci appare deludente e ingiusta: quasi senza accorgerci assumiamo perciò un atteggiamento di credito perenne, che rende il cuore duro e invidioso verso chi ci sembra più favorito.
È proprio qui che entra in gioco la differenza di chi ha il cuore buono: la persona buona, che riesce a mantenere in ogni caso una buona opinione della vita, è in grado di trovare in ogni circostanza il bene che è possibile trovare, sa leggere i doni magari anche piccoli che ogni giorno porta con sé, sa gioire del bene degli altri, sa apprezzare ogni germoglio che vede nascere e lo incoraggia a crescere.
La fiducia che un cuore buono ha verso la vita permette al bene di moltiplicarsi e al male di rimanere confinato, senza dilagare o prendere il sopravvento ; permette di
leggere le ragioni degli altri e di assumere il loro punto di vista, e dunque di provare a perdonare, o almeno a non alimentare mai il rancore.
Il cuore buono ci dispone in modo fondamentalmente positivo di fronte a qualsiasi persona o accadimento, e dunque ci predispone ad essere, per quanto possibile, anche felici.
Avere vicino una persona buona è un dono prezioso: non è difficile amare persone così. Per questo, se desideriamo essere amati, forse la cosa migliore è allenare il nostro cuore a diventare buono; anche ad essere buoni ci si allena: giorno dopo giorno, cercando con cura il bello e il bene che comunque ci passano accanto, predisponendo lo sguardo alla parte positiva degli altri, imparando a far scivolare via il fastidio dei piccoli, grandi contrattempi senza lasciare che ci rovinino la giornata.
E coltivando anche il nostro senso dell'umorismo, che nasce da uno sguardo buono sulla fragilità e stranezza dell'umano: come anche le neuroscienze ci insegnano, una risata fatta di cuore apporta al nostro corpo e alla nostra psiche molti più benefici di tante medicine.
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