Il seme dell'ideologia dei nuovi diritti? Idee e scelte di libertà senza solidarietà
domenica 23 luglio 2017

Caro direttore,
sono laureato in filosofia, ma non sono un filosofo come Vittorio Possenti, autore della giustamente allarmata lettera da lei pubblicata domenica scorsa, 16 luglio 2017. Una riflessione che parte dalla introduzione del matrimonio omosessuale in Germania per arrivare alla situazione attuale nel nostro Paese e non solo in merito ai temi eticamente sensibili. Non sono filosofo ma, temporaneamente, sono un deputato. In questa legislatura, dalle unioni civili al testamento biologico, ho applicato il metodo da lei indicato, direttore, nella sua risposta: dar battaglia in campo aperto, con la testimonianza personale e con argomenti positivi e di ragionevolezza. Il tutto non da solo, ma a partire dal coinvolgimento delle colleghe e dei colleghi del mio gruppo parlamentare (Forza Italia) e insieme a un piccolo ma resiliente manipolo di colleghe e colleghi di altre forze di centro e della Lega.
Ciò premesso, la disturbo per un dubbio, filosofico, ma anche politico. Possenti attribuisce all’egemonia del pensiero neoliberale e libertario la responsabilità della prepotente avanzata nel mondo occidentale della ideologia dei nuovi "diritti", di cui il matrimonio gay è solo l’ultima espressione. Come conciliare ciò col fatto che ovunque in Occidente sono i partiti di sinistra, forze certamente non neoliberiste, i primi paladini di quei "diritti"? Come conciliare ciò col fatto che in Italia Matteo Renzi in tema di unioni civili (un matrimonio omosessuale sotto falso nome) ha dapprima promesso di lasciare libertà di coscienza ai suoi parlamentari, salvo poi, imponendo il voto di fiducia, prendersi sia la libertà sia la coscienza? Lo ha fatto per blindare la legge, perché, come ha detto in quei giorni, lui da cattolico ha «giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo». Da "cattolico", disse, non da "neoliberista libertario".
Da questi fatti nasce il mio dubbio: non è che il neoliberismo abbia poco a che vedere con questa sfida all’umano e alla legge naturale? O piuttosto la fine della ideologia comunista abbia trasformato la sinistra in un grande partito radicale di massa, litigioso su tutto tranne che sui "diritti"?
Antonio Palmieri, deputato Forza Italia


Capisco la sua provocazione, caro Palmieri. E le dico che in effetti mi aspettavo una qualche reazione di questo genere dopo la lucida e vibrante riflessione del professor Possenti sulle conseguenze di una certa visione «neoliberale» (e quel «neo» è parte importante del concetto!). Come sa, ho molta, sincera e motivata stima del suo impegno come parlamentare nel gruppo politico a cui appartiene e per l’opera che sta svolgendo al coordinamento dell’Intergruppo per la sussidiarietà. Ma mi convince poco il modo in cui tenta di ridimensionare ruolo e peso del «neoliberalismo» (e libertarismo) nelle rischiose derive propiziate dal "pensiero dominante" del nostro tempo e nel nostro pezzo di mondo. Non mi soffermo sulle valutazioni del ruolo svolto dai diversi gruppi parlamentari nel cammino della legge italiana sulle unioni civili, ne abbiamo scritto a lungo e sarebbe troppo lungo (e polemico) dettagliarli come meritano...
Mi concentro sulla questione, per così dire, di fondo che lei pone. Amare la libertà e difenderla, apprezzare i pregi dei sistemi liberaldemocratici e sostenerne la realizzazione non può portare a sottovalutare i guasti di quella che anch’io chiamo la «libertà irresponsabile», che non si cura delle conseguenze di rivendicazioni e consacrazioni di nuovi "diritti" che creano ambiguità e confusioni mettendo a rischio diritti antichi e faticosamente riconosciuti e che erano ormai dati per indiscutibili.
Un solo esempio: il "diritto dei figli" (tutti lo siamo) alle radici, cioè a conoscere per quanto ciò sia ragionevolmente possibile la propria madre e il proprio padre biologici, la propria genealogia, i propri consanguinei, in una parola la storia umana di cui ognuno di noi è erede e continuatore. Ci sono conseguenze del cosiddetto «matrimonio gay», nelle diverse forme in cui si sta realizzando in vari Paesi su impulso di partiti di sinistra e di centrosinistra (come in Francia e in Spagna) e di destra e centrodestra (come in Gran Bretagna e in Germania), ma non ancora in Italia (dove a tutt’oggi non le norme vigenti, anche dopo il varo della legge sulle unioni civili, ma alcune sentenze giudiziarie spingono in tale direzione) che mettono in questione tutto ciò. Si va, infatti, delineando un "diritto sui figli", ridotti ad accessorio conseguibile (e selezionabile), che ha un sapore ancora più antico e terribile, arrivando a richiamare lo ius vitae ac necis (potere di vita e di morte) del pater familias romano.
Il pensiero politico neoliberale, che ha correnti più conservatrici e più progressiste, o almeno una parte importante di esso, rappresenta uno dei motori di questo inquietante processo. Al pari di altri pensieri di matrice solidarista, che in passato hanno degenerato sacrificando anche drammaticamente lo spazio della libertà individuale, e che oggi smarriscono altri fondamenti inseguendo libertà che non considerano più basilari forme di solidarietà, come quella verso la vita bambina. Sono tra quanti credono e si battono per affermare una libertà coniugata con la responsabilità. E non da oggi sostengo che il nome proprio della responsabilità in questo mondo e in questo tempo è "solidarietà". Penso che sia un programma serio, necessario, possibile per forze di diversa ispirazione anche in questa stagione segnata dall’appannamento dei grandi pensieri politici. Libertà e solidarietà, insieme. Sono i princìpi cardine delle visioni liberali e socialiste così come del popolarismo di matrice cristiana. E non a caso animano i valori fondanti della Repubblica italiana così come sono scolpiti nella nostra Costituzione, che è il coraggioso, civilissimo e straordinariamente armonico esito dell’incontro di quelle visioni e culture. A questi capisaldi, in Italia, sforziamoci di restare fedeli. Insieme, ognuno per la sua parte.

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