La salda rotta mediterranea della Chiesa che ascolta e semina
sabato 15 febbraio 2020

Se sulla rotta della Chiesa italiana verso Bari, per il summit sul 'Mediterraneo frontiera di pace' viene in mente Napoli, non può che trattarsi di un indizio in più per affermare che l’approdo è quello giusto. Napoli sta per l’apporto di una Chiesa locale che ha sempre avuto gli occhi e il cuore attenti sul Mediterraneo, ma in particolare, in questo caso, per la Facoltà teologica dell’Italia meridionale, sezione San Luigi, dove papa Francesco, il 21 giugno dello scorso anno, si recò sorprendentemente in visita per concludere, seduto al tavolo dei relatori, il convegno 'La teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo'.

Quella visita significò soprattutto che, anche al chiuso delle aule e dei laboratori di studi, l’approfondimento teologico, al contatto con le situazioni di vita vissuta, prende vita e vigore, trova le naturali vie d’uscita, per affrontare senza complessi la sfida di un’attualità che, apparentemente, sembrerebbe appartenerle poco. In una mattinata dal sole cocente, con alle spalle una delle più suggestive vedute del Mediterraneo, nell’anfiteatro tra il Vesuvio e capo Posillipo, Francesco venne a dare atto alla facoltà dei padri gesuiti, di aver avviato, secondo le indicazioni della Veritatis gaudium (la costituzione apostolica indirizzata in maniera specifica alle Università e alle Facoltà ecclesiastiche) un processo verso un «radicale cambio di paradigma» che non esitò a indicare come una «vera e propria rivoluzione culturale», capace di dare «concretezza alla dimensione sociale dell’evangelizzazione».

Su queste premesse la Facoltà teologica napoletana non ha esitato a sua volta a intraprendere un cammino tutto nuovo, culminato con la visita ma soprattutto con le parole di sintonia di papa Francesco. Proprio per questo, oltre che una rotta, Bari diventa in qualche modo il nuovo orizzonte al quale anche Napoli guarda. È in realtà, un altro tratto dello stesso cammino, con la provvidenziale congiunzione del Sinodo sull’Amazzonia, a far da raccordo tra prospettive teologiche (non necessariamente sfide) ed esigenze pastorali, misurate su terreni non ordinari.

Non è passato inosservato, in questo senso, un intervento del preside emerito della pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale, padre Domenico Marafioti. In un articolo pubblicato nei giorni scorsi su 'Il Foglio', padre Marafioti, ha fatto pensare a un passo indietro proprio rispetto alla creazione di quel clima di «dialogo e di pratica intellettuale necessario per il discernimento e il rinnovamento delle scuole di teologia». Il decano della Facoltà di Posillipo, padre Pino Di Luccio, ha precisato che l’articolo «non esprime l’indirizzo della Sezione san Luigi della Pftim, per la tempistica e per la modalità con cui affronta la questione del sacerdozio per i diaconi sposati dell’Amazzonia trattata nel Sinodo dello scorso ottobre».

Le argomentazioni, ha osservato il decano, semplificano la riflessione su una questione importante dal punto di vista teologico e spirituale. Ma più che una diversità di opinione, o l’innesco di una polemica, l’intervento del decano è servito a sgombrare il terreno da una serie di questioni trattate in maniera non appropriata quanto ai temi – le Riduzioni del XVII secolo in America Latina, l’infelice paragone tra celibato sacerdotale e precetto domenicale, il dono di sé espresso con il celibato confuso con lo 'sforzo' della castità e presentato con argomentazioni che riguardano il genoma umano e le etnie – e poco opportuna nei tempi, considerando anche la scia polemica del libro 'Dal profondo dei nostri cuori'.

Lo sguardo della Facoltà, tanto più dopo la visita del Papa e in vista dell’importante appuntamenti di Bari, è rivolto in avanti. La necessità è quella di capire davvero cosa dice, a chi parla e come si rende comprensibile una teologia che dà per scontato che le identità del Mediterraneo sono in aumento, come sono in aumento le configurazioni dei piccoli aggregati sociali e dei grandi conglomerati urbani. Napoli è sulla rotta di Bari soprattutto perché nell’incontro a Posillipo, papa Francesco ha detto che una teologia adatta al nuovo contesto del Mediterraneo, è una teologia dell’accoglienza che si fa con il dialogo e con discernimento, e che ciò presuppone l’ascolto. Non l’ascolto di chi pretende di «sapere in anticipo ciò che l’altro dirà».

Ciò significa anche, ascoltare la storia e il vissuto dei popoli che si affacciano sullo spazio Mediterraneo. Il Mediterraneo è proprio il mare del meticciato, un mare geograficamente chiuso rispetto agli oceani, ma culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione. Affacciarsi sul Mare Nostrum per il Mezzogiorno d’Italia, può forse diventare qualcosa più di un semplice slogan o una scontata evidenza geografica. Con papa Francesco e la Chiesa italiana, il Sud sta riscoprendo sempre più questa sua condizione come una vera e propria vocazione, culturale e religiosa insieme. Sullo sfondo gli orizzonti ampi di un nuovo umanesimo e del dialogo come via essenziale alla pace e alla comprensione tra i popoli. Napoli e Bari sono sulla rotta giusta.

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