Essere fedeli a una visione. Cattolici in politica
Nell’attuale sistema politico, la Dottrina sociale è presa a pezzi dai diversi schieramenti, e trascurata in altri aspetti non meno essenziali, ma 80 anni fa fu alla base di un grande disegno fondante

Il convegno di studi apertosi ieri al monastero di Camaldoli su iniziativa della Cei e della Chiesa toscana non rappresenta un’operazione nostalgia, tutt’altro. Paradossalmente, sapendo leggere a fondo nel metodo e nel merito di quell’iniziativa politico-culturale di 80 anni fa, ispirata dalla Chiesa di Pio XII e straordinariamente tempista e fruttifera, si ottengono importanti riflessioni sull’oggi, tutte proiettate sul futuro.
La Chiesa si fece trovare pronta, il meglio della cultura cattolica, a Regime ancora in bilico e a guerra tutt’altro che conclusa, mise in fila, sulla spinta propulsiva dei laureati cattolici, le fondamenta di una nuova visione, e una serie di proposte da offrire a una Italia martoriata che oscillava pericolosamente fra la disperazione per le distruzioni del conflitto mondiale e la speranza che faceva capolino di poterne venire fuori.
I cattolici, il meglio della cultura e della politica cattolica del tempo, seppero fare della fede in Dio che li animava una ragione di speranza da offrire a tutti. Seppero essere lievito. Quel che accadde di lì a qualche anno, con la nascita della Dc e il varo di una Costituzione che ha messo al centro la persona umana e il diritto naturale, è il capolavoro di una generazione di cattolici (Moro, Dossetti, Fanfani, la Pira, Lazzati e Mortati) che si trovò il lavoro in gran parte già preparato ma, nel metodo, fecero largo uso della loro capacità di convincimento e credibilità, mettendo da parte steccati provando – con successo – a far valere tutta la capacità di costruzione e di elaborazione del bene comune di cui la speranza cristiana è portatrice.
Non è un caso che Aldo Moro sia il più citato dalla prolusione del cardinale Zuppi, nonostante non risulti (anche per ragioni anagrafiche) fra i protagonisti principali dell’operazione Camaldoli, cui pure partecipò attivamente. Lo è stato però nella fase successiva, nel passare dalle parole ai fatti, in assemblea Costituente, vero estensore, Moro, della versione finale dei primi articoli, in quanto relatore della parte riguardante i diritti dell’uomo e del cittadino.
Per questa ragione ci troviamo una Costituzione che all’articolo 1 mette al centro il “lavoro” (valore unificante) e non i “lavoratori” (concetto vagamente di classe, presente nella prima stesura). Per questo all’articolo 2 figura l’espressione “riconosce” a proposito delle formazioni sociali, che preesistono allo Stato nella elaborazione della dottrina sociale che i cattolici della Costituente mostrarono di conoscere e di saper spiegare a tutti.
E proprio con la necessità di “passare dalle parole ai fatti” Moro propose con successo l’inserimento al secondo comma dell’articolo 3, sull’uguaglianza fra i cittadini, di un’altra architrave della nostra Carta, il dovere della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli” che impediscono a tutti in egual modo di fruire dei loro diritti, concetto trascurato dalla politica liberale e dalla visione liberista.
Servirebbe oggi una nuova Camaldoli? Il cardinale Matteo Zuppi, presidente Cei, di fronte a una politica che si dimostra «epidermica e a volte ignorante» - e che incontra la richiesta da più parti di avere, invece, «visioni e pensieri lunghi» - si dice «disponibile», come guida della Chiesa italiana, a fare la sua parte.
Tuttavia, non può sfuggire, non deve sfuggire, una profonda differenza della situazione, rispetto a 80 anni fa: oggi non c’è bisogno di elaborare nuova dottrina, come fu invece necessario alla fine di un rovinoso Ventennio; tale bisogno non c’è grazie al travaso di “inchiostro” (per usare ancora una parola di Zuppi) fra Camaldoli e la nostra Carta. E grazie al Magistero, che non manca di aggiornare quegli insegnamenti (basti solo il riferimento alla “Fratelli tutti”).
Disse proprio Zuppi, a Bologna, in un affollato incontro sulla presunta irrilevanza dei cattolici, come la differenza in quegli anni che ricordiamo non la fece tanto l’evenienza che la Chiesa chiamò dei dirigenti cattolici a impegnarsi, ma il fatto che questi si siano rivelati dei cattolici autentici.
Nell’attuale sistema politico, la Dottrina sociale è presa a pezzi dai diversi schieramenti, e trascurata in altri aspetti non meno essenziali. Per cui essere cattolici con la schiena dritta è compito difficile, scomodo, in tutti i partiti, in maggiore o minor misura.
Ma il metodo resta lo stesso: essere fedeli a una visione dell’uomo e della vita e farne una ragione di impegno. Senza alzare bandierine spesso improduttive e divisive, ma mettendo a disposizione di tutti questo enorme patrimonio con gli strumenti del dialogo e della persuasione. D’altronde solo con una base ampia - è avvenuto ad esempio per l’approvazione dell’assegno unico per le famiglie - una riforma è in grado di reggere alla perenne tentazione del governo entrante di smantellare quanto posto in essere dal precedente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






