lunedì 22 ottobre 2012
Ma le scuole cattoliche sono sempre più in difficoltà. Dalla Regione arriva una boccata d’ossigeno per il 2013. Gli effetti della crisi sono ricaduti anche sulle scuole primarie dell’infanzia: duemila famiglie hanno dovuto rinunciare a causa di problemi economici dovuti a disoccupazione e cassintegrazione.
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​Siamo o no in tempi di spendig review, con la necessità di risparmiare a tutti i livelli? E che fa lo Stato? In comune di Brentino Belluno, provincia di Verona, apre due sezioni comunali di primaria dell’infanzia, perché quelle paritarie sono costrette a chiudere. A causa della crisi, 2mila famiglie venete di bambini fra i tre e i sei anni quest’anno hanno dovuto rinunciare all’iscrizione alla scuola materna. Famiglie di disoccupati, di cassaintegrati, di immigrati. Le parrocchie e gli altri gestori si sono trovati pertanto nella condizioni di disattivare ben 27 sezioni.Le finanze sono quelle che sono, ma il governo, le ha subito rimpiazzate: con altrettante sezioni statali, ovviamente. Senza, però, far tornare i conti. Anzi, il “prezzo” è più che raddoppiato. «Il costo di un bambino nella scuola per l’infanzia paritaria è di 2.960 euro per dieci mesi – spiega Ugo Lessio, presidente regionale della Fism, Federazione italiana scuole materne –. Il costo nella scuola statale è di circa 7.500 euro». I contributi pubblici sono così suddivisi: dal ministero 54 euro (19% del costo), dalla Regione 15 euro (5%), dal Comune 42 euro (13,5%) per un totale di 111 euro, e quindi con una differenza sulla retta mensile di 185 euro». Nel Veneto, su un totale di 1.744 scuole, ben 1.181 sono paritarie e 563 statali; il numero di bambini che le frequenta è 140.670 di cui 93.627 nelle paritarie e 47.043 nelle statali. Il 50% delle paritarie dell’infanzia è delle parrocchie, l’8,7% di congregazioni religiose, il 22% di associazioni genitori. A queste vanno aggiunte il 6,7% di scuole dei Comuni, il 9,9% di Ipab e altre fondazioni o enti morali, il 22% di cooperative e privati. «La chiusura di un sempre maggiore numero di sezioni è un’emergenza sociale che preoccupa fortemente la Regione e che va sottolineata perché a questi bambini è negato il diritto all’educazione-istruzione che è fondamentale in particolare in questa fascia d’età», protesta l’assessore regionale ai Servizi sociali, Remo Sernagiotto, che ha chiesto udienza al ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, «per fargli la proposta di una sperimentazione pilota: un bonus alle famiglie affinchè abbiano la possibilità di scegliere il modello educativo per i loro figli».Magari ricordando anche al ministro che nel Veneto c’è il 70% di paritarie sul totale delle scuole per l’infanzia. «Ciò significa - ci tiene a sottolineare Sernagiotto - che metà dei comuni veneti non ha scuole statali per l’infanzia». L’assessore regionale veneto e i suoi collaboratori hanno anche fatto i conti, scoprendo che così facendo la spesa per l’istruzione, soltanto in Veneto, diminuirebbe di 580 milioni di euro all’anno. Un risparmio che si verificherebbe in gran parte delle altre regioni se – come sollecita Giancarlo Frare, vicepresidente della Fism regionale – si applicassero, anche in questo settore, i costi standard.«Una razionalizzazione sul territorio nazionale porterebbe, a parità di costi per il ministero, che attualmente sono di 54 miliardi, a un notevole recupero di risorse. Il Veneto farebbe risparmiare da solo più della cifra che attualmente viene erogata a tutte le scuole paritarie dello Stato». Al presidente della Fism, a don Edmondo Lanciarotta, responsabile scuole e università della Conferenza episcopale del Triveneto, e a Michele Dimiddio dell’Agesc (associazione genitori cattolici), l’assessore ha assicurato, in un incontro a Villorba, che farà di tutto affinchè anche nel 2013 siano  garantiti almeno gli stessi contributi del 2012 alle paritarie per l’infanzia (cioè i 16,5 milioni di euro già stanziati con un aumento di due milioni rispetto al 2011). «Di questi tempi, le assicurazioni della regione, per i diversi tipi di scuola, sono già una garanzia», riconosce Dimiddio, ancorché i contributi siano sempre in ritardo. Anzi, «basta trattare di contributi, noi chiediamo da tempo di passare ai finanziamenti». Dimiddio spezza poi una lancia per chi sta ancora peggio, le scuole di formazione professionale che si trovano davanti allo spettro della chiusura e che pure hanno preparato, in questi decenni, tanti dei protagonisti dello straordinario sviluppo del Nordest.
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