mercoledì 31 marzo 2021
L'italiano e il russo accusati di spionaggio. L'ambasciatore della Federazione Russa convocato alla Farnesina. Il ministro Di Maio: atto ostile
L'ufficiale spia che parlava con Mosca. Dopo l'arresto è scontro Italia-Russia
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Denaro in cambio di documenti riservati militari, italiani e della Nato. È l’accusa alla base della fosca spy story che sta facendo soffiare venti di guerra fredda fra Roma e Mosca. Il copione pare quello classico, in cui un servizio straniero avvicina e ingaggia un elemento di un altro Paese per carpire segreti ritenuti interessanti. Il presunto ingaggiato sarebbe un ufficiale della marina militare italiana, il capitano di fregata Walter Biot, arrestato martedì sera dai carabinieri del Ros dopo essere stato fermato durante un incontro clandestino con un ufficiale delle forze armate russe. Entrambi sono sospettati di spionaggio e reati contro la sicurezza dello Stato. Sulla vicenda la procura militare di Roma intende aprire un fascicolo. Mentre è gelo profondo fra la Farnesina, che intende espellere l’ufficiale russo e un suo superiore (il "controllore" in gergo), e l’esecutivo di Mosca, che potrebbe replicare con atti analoghi.

Il fermo nel parcheggio Da mesi, sull’ufficiale erano puntati i sospetti degli 007 dell’Aisi, guidati dal generale Mario Parente. E il fermo è scattato martedì a Roma, in un parcheggio: i carabinieri, coordinati dalla procura capitolina, sono intervenuti mentre il militare italiano cedeva all’altro documenti «classificati» (coperti da segreto) in cambio di 5mila euro. Biot è in servizio all’ufficio Politica Militare dello Stato maggiore della Difesa. Gli inquirenti sospettano che abbia fotografato documenti classificati dal monitor del computer, scaricando poi le immagini su una pen drive da consegnare al militare russo. Nella pennetta, sequestrata dal Ros, ci sarebbero file sui sistemi di telecomunicazione militare. In cambio, l’indagato avrebbe ricevuto cinquemila euro, consegnati in piccole scatole e sequestrati dagli inquirenti, che ritengono che i due stessero inoltre accordandosi su altri quattromila a saldo di altri documenti passati. Da una perquisizione nell’abitazione del militare italiano, attualmente detenuto a Regina Coeli, sarebbero arrivati altri riscontri. Per lui l’accusa è di procacciamento e diffusione di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, spionaggio politico e militare. L’udienza di convalida del fermo è prevista oggi.

Lo scontro diplomatico. Il Segretario Generale del Ministero degli affari esteri Elisabetta Belloni, ha convocato l’Ambasciatore della Federazione Russa Sergey Razov, trasmettendogli la protesta del governo italiano e notificandogli l’immediata espulsione dei due funzionari russi «coinvolti». In Senato, il ministro Luigi Di Maio ha parlato di «un atto ostile di estrema gravità», osservando che Russia e Cina «sono attori che hanno sistemi politici e valori diversi dai nostri», da cui «provengono anche sfide, e talvolta minacce». Aspre le reazioni della diplomazia russa. Se sulle prime l’ambasciata a Roma ha preferito non commentare, poi da Mosca il ministero degli Esteri ha fatto sapere di ritenere eccessiva l’espulsione «che non corrisponde al livello delle relazioni bilaterali». Il vice presidente della Commissione della Duma per gli Affari internazionali, Alexiei Cepa ha ipotizzato «una risposta simmetrica», seguito dal presidente dello stesso organismo, Leonid Slutsky, che parla di «una impronta negativa sul dialogo» e di «spiomania».

Il precedente. Reclutare informatori anche nel nostro Paese potrebbe essere una prassi diffusa. Nell’agosto del 2020 un tenente colonnello francese di stanza alla Nato a Napoli, è stato messo sotto inchiesta dal suo Paese per presunto tradimento, perché sospettato di aver fornito documenti top-secret ad un agente dei servizi russi. Un copione che si sarebbe ripetuto anche stavolta.

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