sabato 27 aprile 2024
L’agenzia di viaggi “Hala” pubblicizza su internet i “pacchetti” per lasciare la Striscia. Fino a 10mila dollari per chi non ha documenti. Acapo del business un fedelissimo di al-Sisi
Profughi in fuga, c'è un tariffario per scappare da Gaza

ANSA

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«Prigionieri di Israele e in ostaggio di Hamas», dice l’uomo che ha pagato 15 mila dollari per dare alla moglie e alla figlia piccola una speranza di vita: lasciarsi alle spalle Gaza. I soldi non li aveva, perciò si è indebitato con i parenti emigrati all’estero. Hanno pagato loro gli emissari di “Hala”, la controversa agenzia di viaggi con buoni contatti al Cairo e in rapporti d’affari con Hamas. Il tariffario è variabile. I palestinesi senza documenti di viaggio, cioè la maggioranza dei rifugiati nella Striscia, hanno poco da negoziare: 2.500 dollari per i minori di anni 16 anni; 5.000 dollari per gli altri. Un adulto che vuole saltare la coda, deve mettere sul tavolo 10 mila dollari. Più a portata di mano è il biglietto d’uscita se si possiede un passaporto egiziano: tra i 650 e i 1.200 dollari.

Come Lara, la 18enne cristiana di Gaza City morta ieri dopo aver pagato un “passaggio sicuro” verso l’Egitto, ma stroncata dalla fatica e dal caldo. Le offerte sono pubblicizzate apertamente on-line da alcune agenzie di viaggio. Ai giornalisti che hanno contattato i numeri elencati sono stati forniti i preventivi. Un’agenzia egiziana ha affermato di aver addebitato ai palestinesi 7.000 dollari, agli egiziani 1.200 dollari e ad altri titolari di passaporto straniero 3.000 dollari.

I giornalisti di “Occrp”, la piattaforma di investigazione sulla corruzione e il crimine organizzato sono stati tra i primi a ottenere spiegazioni direttamente dagli agenti di viaggio. L’Egitto ha negato episodi di corruzione o estorsione. In una dichiarazione pubblicata il 10 gennaio, il capo del Servizio informazioni statale egiziano, Diaa Rashwan, ha respinto le «accuse infondate» secondo cui sarebbero state imposte tasse aggiuntive ai palestinesi al valico. Ma diverse fonti contattate da Avvenire, tra cui profughi di Gaza che sono riusciti a raggiungere l’Italia, affermano il contrario.

Abu M., un agente di viaggio palestinese che lavora con l’agenzia di viaggi “Hala”, spiega che le tariffe «sono cambiate nel corso della guerra». È la legge della domanda e dell’offerta, che a Gaza deve misurarsi con almeno quattro variabili: il denaro che scarseggia, le quote di uscita stabilite dal regime cairota, gli umori dei doganieri e l’andamento del conflitto. Il cuore tenero non c’entra. «Il prezzo è sceso perché all’inizio della guerra - spiega Abu M. - le persone che pagavano per lasciare la Striscia erano commercianti e uomini d’affari, mentre oggi ne sono rimasti pochi. Anche la domanda è diminuita a causa dei prezzi elevati, quindi le tariffe sono state abbassate per massimizzare il numero di viaggiatori e quindi i profitti».Contano denaro e convenienze. Hala deve versare una percentuale del fatturato agli emissari delle autorità di Gaza, cioè direttamente ad Hamas. Tra le migliaia di persone che sono riuscite a passare il confine ci sarebbero anche parenti di membri di alto rango dell’organizzazione armata. Tra questi anche cinque nipoti del leader militare di Hamas, l’impredibile Yahya Sinwar, due figli del portavoce della polizia di Gaza, Ayman Albatanji, e la moglie e i figli di Sameh Al-Siraj, membro del politburo di Hamas.

Molti abitanti della Striscia e che non dispongono delle risorse finanziarie dei membri di Hamas, sono ricorsi a campagne di raccolta fondi on-line, per racimolare il denaro necessario. Per le famiglie numerose vuol dire spendere molto di più per scappare, che investire nell’acquisto di una abitazione.

Il signore della frontiera non è un nome sconosciuto alle cronache internazionali. L’agenzia di viaggi “Hala” è una delle branche della società “Abnaa Sina” (Figli del Sinai). Sulla carta è una compagnia di costruzioni e appalti, di proprietà dell’uomo d’affari Ibrahim al-Organi, che grazie al “Gruppo Organi” è uno degli uomini più potenti del Sinai, dove controlla una sua milizia. Dopo un periodo in carcere, Organi ha costruito il suo impero economico fondato sul contrabbando. Oggi è considerato uno dei più stretti alleati del presidente egiziano al-Sisi.

Secondo Alberto Fernandez, ex diplomatico americano già a capo delle comunicazioni strategiche antiterrorismo Usa, Ibrahim al-Organi sta già guardando avanti: le sue società di edilizia sono coinvolte nella costruzione di un perimetro murato fuori Rafah, sul lato egiziano del confine con la Striscia di Gaza, nel quale potrebbero essere ospitati 100mila profughi. Fernandez è vicepresidente del Middle East Media Research Institute (Memri), che mesi prima dell’aggressione di Hamas aveva preconizzato il 7 ottobre, senza ricevere ascolto. Un funzionario egiziano impegnato nel negoziato con Hamas , ieri ha espresso all’agenzia Reuters i suoi timori: «L’Egitto, preoccupato per il potenziale afflusso di rifugiati palestinesi dalla vicina Gaza se la guerra dovesse continuare con l’offensiva israeliana nella città meridionale di Rafah».

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