venerdì 18 gennaio 2013
Gerusalemme, 1990 — Stasera la Basilica del Santo Sepolcro è quasi deserta. È tardi, stanno per chiudere le porte. Un vecchio monaco mi vede sulla soglia e mi dice che si può restare dentro, la notte, a pregare, però non si può più uscire fino all'alba, quando il portone riapre. Entro, mentre i battenti mi si chiudono alle spalle.Ombra lucente di ori, profumo di incenso e, sulle pietre antiche, solo i miei passi. Il Santo Sepolcro deserto è un sogno in cui mi aggiro adagio, gustando ogni prospettiva. Mi affascinano le candele che si approssimano alla fine: allungano verso l'alto la fiamma, non volendo morire. Fa freddo, qui dentro, e ti senti addosso la penetrante umidità di queste mura. A cadenze regolari, da un angolo all'altro l'eco di preghiere in lingue sempre diverse. Mi pare d'essere, stanotte, dentro il cuore del mondo. Ma tremo e mi stringo nella giacca, e mi assopisco.Mi sveglio che è quasi l'alba. Stanno accendendo i lumi nell'edicola del Sepolcro. Ora, di nuovo, nessuno. Abbasso la testa sotto al pertugio angusto. Tocco la lastra di marmo. Senza parole sul luogo dell'Anastasis, della Resurrezione — della rivoluzione. Rimango finché una campana annuncia la prima funzione. Poi, per i vicoli della città vecchia all'alba - quasi temendo che questa notte sia stata un sogno.
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