Trump muove le portaerei contro Maduro: «Pronto a colpire»
Ufficialmente l'azione di pressione è stata attuata per «contrastare il traffico di droga» attraverso il Venezuela, dietro però c'è ben altro

La tensione in Venezuela è alle stelle e la situazione potrebbe precipitare nel giro di poche ore. Così come il ritratto di propugnatore della lotta al narcotraffico che si è disegnato Donald Trump fa sorridere alcuni e preoccupare altri davanti all’ennesima “finzione” per nascondere invece un dissidio ben più profondo che nuove dal controllo delle riserve di petrolio di Caracas e dalla protezione sino-russa che consente al dittatore di restare in sella. Anzi a trasformare in una persecuzione nei suoi confronti l’azione “delicata” (quanto un elefante in cristalleria) del tycoon. Gli Stati Uniti "stanno costruendo una nuova guerra", ha detto ieri il presidente venezuelano, Nicolás Maduro criticando così la decisione di Washington di schierare un gruppo d'attacco di portaerei nei Caraibi per contrastare il narcotraffico dall'America Latina, segnando così un aumento del dispiegamento militare nell'area. "Stanno costruendo una nuova guerra. Avevano promesso che non si sarebbero fatti coinvolgere mai più', ma stanno costruendo una guerra che noi impediremo", afferma Maduro parlando alle emittenti statali.
Gli ha fatto eco il suo ministro della Difesa, Vladimir Padrino, affermando che le Forze armate "si stanno preparando ogni giorno per difendere ogni centimetro di territorio" di fronte alla "minaccia militare costituita dal dispiegamento aero-navale degli Stati Uniti che si avvicina ogni giorno di più alle coste venezuelane". Dichiarazione arrivata a poche ore dall’annuncio da parte del segretario per la Guerra statunitense, Pete Hegseth, sull'invio nel Mar dei Caraibi della portaerei Gerald R. Ford. La portaerei Usa si unisce, inoltre, a un contingente che opera da una base a Porto Rico e che comprende già tre navi d'assalto e da trasporto anfibio, caccia F-35B, aerei da pattugliamento P-8 e droni MQ-9.
La rete statunitense Cnn si spinge anche oltre affermando che Donald Trump sta valutando se colpire le strutture di produzione della cocaina e le rotte del narcotraffico all'interno del Venezuela. Trump, nel più classico dei suoi classici stilemi (quello del bastone e della carota) non ha escluso di adottare un approccio “diplomatico” con il Venezuela per arginare il flusso di droga negli Stati Uniti, hanno affermato le fonti, nonostante l'amministrazione abbia interrotto i colloqui con il presidente venezuelano Nicolas Maduro.
Il Venezuela non è noto per essere una delle principali produttori della cocaina, ma l'amministrazione Trump ha cercato di collegare Maduro al traffico di droga. Quasi tutte le coltivazioni di coca sono concentrate in Colombia, Perù e Bolivia. In un rapporto della Drug Enforcement Administration statunitense pubblicato a marzo, nelle quattro pagine dedicate al traffico di cocaina, il Venezuela non viene citato citando tra i Paesi produttori che sono invece indicati in Ecuador, Messico e nazioni dell'America Centrale. Tuttavia, l'amministrazione Trump continua a sostenere che una parte del traffico di droga passa attraverso il Venezuela e che Maduro è stato incriminato nel 2020 con accuse federali di narcoterrorismo e associazione a delinquere per l'importazione di cocaina. Secondo le fonti citate dall'emittente sono state presentate al Presidente numerose opzioni e la pianificazione è in corso a livello governativo. Sarà anche parte (il tutto) di una strategia più ampia volta a indebolire Maduro, ma di fatto in molti guardano oltre e vedono il primo atto palese di una lunga e calcolata marcia verso il ritorno degli Stati Uniti nel “Giardino di casa”, il backyard della dottrina Monroe del 1823, che avvertiva le potenze europee di non intervenire nell'emisfero occidentale, poi rafforzato da Roosevelt (Theodore) che rivendicava un diritto di intervento per mantenere l'ordine.
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