Il pallone è ancora d'oro se a vincerlo è la famiglia: i Dembélé
In questo momento in Francia il calcio è una questione di famiglia. Lo sa bene papà Lilian Thuram che ogni settimana si divide tra Inter e Juventus per seguire le gesta dei suoi pupilli Marcus e Khéphren, idoli dei propri tifosi e spettri per quelli degli avversari. E il peso della famiglia si è fatto sentire anche alla cerimonia di consegna del Pallone d’Oro, che France Football ha assegnato all’attaccante del Psg Ousmane Dembélé.
La sua è la vittoria degli ultimi, dei giovani diseredati delle banlieue che hanno assistito in diretta alla tv al trionfo del loro idolo lasciandosi andare a una esplosione di gioia collettiva. Ha vinto l’Africa di Thuram e di Osumane che è figlio di madre che ha origini mauritane e senegalesi e di padre che ha radici nel Mali. Dembélé è il frutto di quella migrazione con sbarco in Normandia dove è nato, a Vernon, nel 1997. Un’anima divisa a metà, quella africana delle sofferenze patite e quella francese del riscatto e della notorietà che usa sempre per scopi sociali e per dire la sua, anche politicamente, contro quei partiti d'Oltralpe che inneggiano alla xenofobia e al ritorno dei fascismi.
Perciò, un ragazzo, un uomo con questa sensibilità, è normale che dopo aver ricevuto l’ambitissimo premio sia scoppiato in lacrime e abbia ringraziato con il cuore in mano tutti i suoi cari e l’amico procuratore Moussa Sissoko. “Abbiamo attraversato tutto. Saremo sempre insieme”, ha detto piangendo il funambolo del Psg rivolgendosi al suo clan e in particolare a mamma Fatimata. Il loro abbraccio è stato il “gol” più bello della settimana, specie per gli abitanti perenni della Rete. I social hanno reso virale la stretta calorosa tra la madre del campione e quel figlio che è ormai il simbolo della Francia che spesso non ha voce e visibilità per poter accedere ai piani più alti della scala sociale. Quell’abbraccio ha commosso tutta la platea. Tutti, tranne uno, Fabio Capello che all’ennesima frase strozzata dal pianto di Dembélé si è platealmente ribellato con un “Basta dai…”. Don Fabio da Pieris ha il cuore duro, sì sa, e lo conferma nell’annunciare algido il “Premio Cruijff”, quello del miglior tecnico al mister del Psg, Luis Enrique. Capello è una pietra del Carso, per nascita e per cammino fatto nel mondo del calcio, dove si trovava a suo agio anche nella perfida Albione al tempo in cui era ct della nazionale inglese. Freddo e glaciale anche sotto il Cupolone. Neppure quando allenava la Roma e vinse lo scudetto, nel 2001, gli friccicava er core. Al punto che nel giurare amore quasi eterno alla società giallorossa, da ex tecnico milanista si lasciò andare a una promessa: “Via da Trigoria non andrei mai alla Juve”. Contratto firmato alla carbonara sul terrazzo di casa Tosatti e così quella stessa estate arrivederci Roma. Capello passò alla vituperata Juventus che fu poi quella condannata alla Serie B, più i due scudetti revocati, per lo scandalo di Calciopoli.
Ma torniamo sul palco del Pallone d’oro con il precocissimo astro del Barcellona Lamine Yamal che deve accontentarsi del 2° posto decretato dalla giuria di France Football, mentre il compagno di squadra di Dembélé, il fantasista portoghese Vitinha si aggiudica meritatamente la terza piazza. Vitinha ha vinto tutto nel 2025, Nations League compresa con il Portogallo. Soltanto 9° il nostro Gigio Donnarumma che però si merita il Premio Jascin come miglior portiere del mondo, merito del triplete conseguito con il Psg e soprattutto di quella Champions che adesso proverà a riconquistare con il Manchester City di Pep Guardiola. Il vecchio Pep non ha fatto in tempo ad allenare Dembélé al Barcellona, ma il francese ringrazia tutti, anche il club catalano "dove sognavo di giocare e dove ho giocato con grandi giocatori come Iniesta e Lionel Messi. Ma ringrazio tutti i club in cui ho giocato, il Borussia Dortmund e il Rennes. Il Pallone d'Oro non è stato un obiettivo nella mia carriera, ma è eccezionale. Ho lavorato per la squadra per vincere la Champions League. Essere ringraziati con un trofeo come il Pallone d'Oro è eccezionale, quindi ecco, sono felice stasera” . Mamma Fatimata Dembélé conclude la serata con una dedica speciale: “Questo premio a mio figlio è per il Senegal, è per tutta l’Africa”.
Baci e abbracci dall’Africa alla Francia fino a Marina di Cecina, il buon ritiro del bomber Igor Protti. Ad abbracciarlo forte in occasione del suo 58° compleanno sono stati i suoi ex compagni di squadra del Bari, il club in cui ha militato a suon di gol (46) dal 1992 al ’96. Sono arrivati da tutta Italia per stare una giornata con il loro “Zar” che sta lottando contro un avversario durissimo come il cancro. Un gesto di amicizia e di fratellanza sincera e per questo vanno nominati tutti i piccoli eroi esemplari del calcio amici di Igor: Lorenzo Amoruso, Emiliano Bigica, Peppino Alberga, Michele Andrisani, Luca Ricci, Jimmy Fontana, Emanuele Brioschi, Luigi Caggianelli, Carmine Gautieri, Marcello Montanari, Angelo Alessio, Onofrio Barone, Ciccio Pedone e Massimiliano Tangorra. Tempo fa avevamo detto che Igor non sarà mai solo nella sua battaglia, perché ci sono tante squadre, oltre a quelle in cui ha giocato, che tifano e pregano ogni giorno per la sua salute. Forza Zar siamo tutti con te!
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