«Ecco la missione della Chiesa negli Usa secondo la visione di Prevost»

Lo storico Faggioli ha insegnato in America e ha appena partecipato a un convegno in Vaticano: Leone è figlio degli Stati Uniti e conosce benissimo la situazione, dai migranti ai pro-life
October 4, 2025
«Ecco la missione della Chiesa negli Usa secondo la visione di Prevost»
Un punto di registrazione dei migranti alla frontiera tra il Messico e gli Usa/ ANSA
Da un lato il pontificato a sorpresa del primo Papa statunitense della storia, Leone XIV, che ha già chiarito la sua posizione sui migranti. Dall’altro l’aumento delle scuole e università cattoliche, soprattutto negli Stati Uniti. Per Massimo Faggioli, storico della Chiesa al Trinity College di Dublino, e per nove anni docente alla Villanova University in Pennsylvania, quello che si sta verificando in questo momento storico è un «incrocio provvidenziale», «da sfruttare» per dare risposte nuove alla sfida dell’integrazione di migranti e rifugiati. Sul tema delle migrazioni, analizza l’esperto di cattolicesimo americano, «Prevost ha già manifestato una continuità netta con papa Francesco», specialmente per quanto riguarda la critica alle politiche repressive della presidenza di Donald Trump. Il fatto che martedì scorso, a Castel Gandolfo, Leone XIV abbia ribadito che «essere contrari all’aborto e poi contro i diritti umani per i migranti» non è essere «pro-life», aggiunge, «è un primo segnale in risposta al tentativo che viene dagli Usa di dipingerlo con un certo “colore” politico».
Riguardo al premio conferito dall’arcidiocesi di Chicago al senatore dem Richard Durbin, per la tutela dei migranti, e poi da lui non accettato dopo le critiche di vescovi conservatori americani per le sue posizioni abortiste, il Papa, secondo lo storico, ha voluto mettere in luce che «non si può giudicare la vita professionale di un politico su una questione soltanto, perché esiste una questione sociale ben più ampia». Per Faggioli, che ha insegnato nell’ateneo frequentato anche da Prevost, il Villanova, l’intervento «segna un punto importante nel suo rapporto con gli Usa, dove ci sono una politica e una Chiesa molto divise». Fin dal giorno della sua elezione, «ho osservato il tentativo di fare di Leone XIV una “rivincita” su Francesco, anche se oggi questo», continua il docente, «diventa più difficile», perché «specialmente su immigrazione e povertà tra i due c’è una continuità indiscutibile». Chi sceglierà di criticare il Papa «dovrà fare i conti con il fatto che Leone è figlio degli Usa e conosce benissimo la situazione politica interna». Anche la «scelta di utilizzare la lingua inglese per parlare di alcuni temi specifici», come le migrazioni, è da evidenziare.
L’elezione di Prevost, tuttavia, è arrivata anche per l’urgenza, dentro e fuori la Chiesa, di ricostruire l’unità, e lo stesso Leone XIV, infatti, ha più volte lanciato appelli a combattere «le polarizzazioni». «La spaccatura nel cattolicesimo americano – spiega Faggioli – ha a che fare, però, con una visione ideologica della fede, sia tra i conservatori sia tra i democratici, che ha penetrato la Chiesa stessa e che domina i discorsi di vescovi e preti». E il primo Papa statunitense sta provando a mediare, anche se «è consapevole che certe cose non dipendono solo da lui» e che, a quattro mesi dalla sua elezione, «qualcuno è meno contento, perché ha capito che non si fa assimilare alle narrative ideologiche che gli vogliono affibbiare». Da americano, Prevost «è molto cauto sulle questioni politiche», continua, proprio perché «viene da un Paese in cui sa che la religione è un fatto molto politico», e quindi «si relaziona con i leader internazionali in modo meno eclatante rispetto a papa Francesco, ma ugualmente attivo».
Al «soft power globale e unico» dell’istituzione vaticana, poi, aggiunge Faggioli che dall’1 al 3 ottobre ha partecipato al convegno Refugees & Migrants in Our Common Home, organizzato a Roma dalla Villanova University nel contesto del Giubileo dei migranti, si deve aggiungere il ruolo delle tante università e scuole cattoliche del mondo impegnate sul tema. All’interno della Villanova, ad esempio, è nato da poco il Madre Cabrini Institute, che, come racconta Faggioli, «si occupa di capire come sensibilizzare gli studenti, come inserire migranti e rifugiati nei percorsi formativi delle università, di come fare ricerca sul fenomeno e promuovere azione di advocacy sui governi, perché comprendano che la questione migratoria non può essere lasciata in mano ad operatori politici senza scrupoli».

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