Avanza il consumo di suolo: persi altri 84 km quadrati
Secondo il nuovo rapporto Ispra, nel 2024 in Italia il territorio coperto da nuove superfici artificiali cresce del 16%: influiscono fotovoltaico e data center

«Il suolo è una risorsa poco rinnovabile e che forse negli ultimi anni abbiamo sottovalutato. Si tende a considerarlo infinito, ma non lo è», a lanciare l’avvertimento è stato oggi Stefano Laporta, il presidente dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa). L’occasione è stata la presentazione dei dati del Rapporto annuale dell’Ispra, “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”.
A destare preoccupazione è l’evidente aumento incessante dei territori sottratti alla natura: quelli di oggi, infatti, sono i dati più negativi da quando nel 2012 è iniziato il monitoraggio. Nel 2024 in Italia sono stati coperti da nuove superfici artificiali quasi 84 chilometri quadrati, con un incremento del 16% rispetto all’anno precedente. Con oltre 78 chilometri quadrati di consumo di suolo netto si tratta del valore più alto dell’ultimo decennio. Ogni ora si perde una porzione di suolo pari a circa 10mila metri quadrati. Tra il 2016 e il 2024 è stato consumato il corrispettivo di 25 campi da tennis ogni ora, 159 metri quadrati al minuto, 2,7 al secondo: è come se in un anno fossero stati costruiti 12mila campi da calcio. «Ogni metro quadrato cementificato può diventare un fattore di rischio in un Paese già altamente esposto al dissesto idrogeologico, oltre a compromettere l’agricoltura e la capacità di adattamento al cambiamento climatico», ha commentato ancora il presidente. Si continua dunque a impattare sulla capacità di assorbimento dell’acqua in territori già soggetti ad alluvioni, oltre a costruire in luoghi con livelli di sismicità troppo alti, con tutto ciò che ne consegue in termini di costi umani ed economici quando si verificano le emergenze.

Tra gli elementi che meriterebbero sicuramente una riflessione per il loro impatto sempre più visibile c’è poi la sottrazione di territorio all’agricoltura per l’installazione di pannelli fotovoltaici e data center. Il consumo di suolo dovuto ai nuovi impianti solari risulta quadruplicato: si passa dai 420 ettari del 2023 a oltre 1.700 del 2024, dei quali l’80% su superfici precedentemente utilizzati per coltivazioni. Tra le regioni che destinano più territorio a questo tipo di impianti spiccano Lazio, Sardegna e Sicilia. Contestualmente, negli ultimi anni si è diffusa una nuova dinamica territoriale dovuta all’espansione dei data center, alimentata dalla crescente esigenza di infrastrutture digitali e servizi cloud. Tale sviluppo ha comportato, nel solo 2024 e considerando esclusivamente gli interventi più significativi, l’occupazione di oltre 37 ettari di superficie, con una concentrazione prevalente nelle aree settentrionali del Paese. Zone che sono anche le più interessante da un altro sviluppo infrastrutturale in corso da diversi anni, quello della logistica, che vede un aumento di consumo del suolo soprattutto in Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia. A livello nazionale, dal 2006 a oggi le coperture artificiali riconducibili a questo settore raggiungono un totale di oltre 6mila ettari.

Andando maggiormente nel dettaglio, al 2024 in 15 regioni risulta ormai consumato più del 5% di territorio: i massimi si toccano in Lombardia, Veneto e Campania. Il maggiore consumo di suolo annuale si osserva in Emilia-Romagna, che con poco più di mille ettari consumati è la regione con i valori più alti sia per le perdite sia per gli interventi di recupero: del resto l’86% del territorio consumato era di tipo reversibile, cioè bonificabile, come ad esempio aree di cantiere ed estrattive. A seguire si trovano Lombardia (con 834 ettari consumati), Puglia (818 ettari), Sicilia (799 ettari) e Lazio (785 ettari). La crescita percentuale maggiore dell’ultimo anno è avvenuta invece in Sardegna. Anche la regione con consumo inferiore – la Valle d’Aosta che insieme a Liguria e Molise è una delle uniche con un consumo al di sotto di 50 ettari – aggiunge comunque più di 10 ettari.
Prosegue inoltre l’impermeabilizzazione lungo le fasce costiere, dove la percentuale di suolo consumato nei primi 300 metri dal mare è più del triplo del resto del territorio nazionale, seguita da quella di pianure (all’11,4%), fondi valle e aree a vocazione agricola vicino a quelle urbane. Allo stesso tempo in città diminuisce ancora la disponibilità di verde: il 2024 registra una perdita ulteriore di oltre 3.750 ettari di aree naturali. Il consumo di suolo cresce persino nelle aree protette, dove si ricoprono altri 81 ettari, il 73% dei quali riguarda i Parchi naturali nazionali e regionali. Infine, nelle aree Natura 2000 destinate alla tutela della biodiversità le nuove superfici artificiali ammontano a circa 192 ettari (+14% rispetto allo scorso anno).

Sono numeri che ribadiscono in modo evidente la necessità di intervenire sul ripristino del suolo: un’urgenza riconosciuta anche dal Parlamento europeo, che il 23 ottobre ha approvato la prima Direttiva sul suolo, definendo un quadro comune per monitorarne la salute e contrastarne il degrado. L’obiettivo di questa misura – spiega l’Ispra – è raggiungere suoli sani in tutta Europa e ridurne il consumo. Il sistema di monitoraggio Snpa, già in linea con le nuove disposizioni europee, è stato uno dei principali punti di riferimento nella definizione della Direttiva. In particolare, sull’Italia «di fronte a questi dati andrebbe fatta una riflessione anche sul fatto che l’aumento del consumo di suolo avviene nonostante il calo demografico – ha sottolineato infine la direttrice generale dell’Ispra, Maria Siclari –. Questo vuol dire che la tendenza non è giustificata da una reale necessità», ha aggiunto, augurandosi che il nuovo rapporto possa diventare una sorta di mappa con chiare indicazioni sia sulla situazione attuale che su come agire d’ora in avanti per non ripetere gli stessi errori del passato.
Per dirla con le parole di Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, nel nostro Paese si vedono «sempre più cemento sui campi, sempre meno abitanti in città». Secondo Ciafani, pesano responsabilità di amministratori locali, ma anche un quadro obsoleto di norme. Per tutto questo non rimane che una possibilità, «invertire la rotta».
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