mercoledì 4 maggio 2016
Paura nel quartiere della piccola Fortuna. Dall'inchiesta timore di una rete di pedofili.
Una lettera al direttore (con risposta) di don Maurizio Patriciello
Caivano, le mamme: «Ora non dimenticateci»
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«Il male fa più rumore del bene. È difficile vivere qui al Parco verde», si sfoga Marianna. «Ora le luci sono accese su di noi, ma Parco verde è solo il vertice che si vede», denuncia Anna. «In questi giorni così tristi arrivano tanti giornalisti a scrivere del “palazzo dei mostri”. Quanto accanimento! Ma non raccontano la realtà, non raccontano che ci hanno messo dentro questi 250 alloggi e poi si sono dimenticati di noi» è la dura accusa di Giovanni. Siamo nella chiesa di San Paolo apostolo di Caivano, la parrocchia del Parco verde, il quartiere della piccola Fortuna. Attorno a noi tanti genitori ci raccontano preoccupazioni, denunciano e chiedono. Non stanno zitti, così come hanno già fatto nella lotta contro i roghi di rifiuti, ancora una volta al fianco del loro parroco don Maurizio Patriciello. Non si nascondono, ma non accettano generalizzazioni. «Chi sapeva ha taciuto, ma non parlate di omertà del quartiere». «Avevamo capito, abbiamo sempre capito che si trattava di un caso di pedofilia, ma non avevamo prove». Ma sono anche coscienti che non tutto sia emerso. «Uscirà altra immondizia, verranno fuori nuovi casi». Un timore che sembra confermato dall’inchiesta nella quale starebbe emergendo una rete di pedofili. E allora parte la prima richiesta. «Abbiamo paura per i bimbi più piccoli, devono tutelare i nostri figli », chiede Nunzia. E Marianna, che è anche insegnante, propone che «nelle nostre scuole ci sia un servizio di psicologia per capire e aiutare i bambini, che magari si vergognano di parlare coi genitori o sono minacciati». Anche perché, ricordano, «i bambini parlano anche attraverso i disegni che fanno a scuola come abbiamo visto in questa vicenda». Ma come hanno reagito i figli? «Mia figlia mi ha chiesto, “ma Fortuna non aveva paura a salire in quella casa?”. Non sapevo come rispondere ». «Io ne ho approfittato per spiegare cosa è bene e cosa è male». «Hanno reagito meglio di noi adulti». Ma la preoccupazione più grande è quella di essere ulteriormente emarginati, ghet- tizzati. «Ai miei figli hanno detto “Ma sei del Parco verde? Non hai paura?”. I nostri bimbi sono schedati», è lo sfogo di Nunzia. «Quando ad altre mamme dico che vado al Parco verde hanno paura. Ma guardatemi come sono!», alza il tono Tonia. «I miei figli si vergognano di andare a scuola. “Parco verde, Parco verde”, gli dicono», racconta Assunta. E su facebook «arrivano le offese ai bambini del Parco verde». Una condizione che viene da lontano. «Vogliamo più attenzione dalle istituzioni, a partire dall’amministrazione comunale – è la richiesta di Marianna a nome di tutte –. Perché la raccolta differenziata dei rifiuti si fa nel paese e non a Parco verde? Qui abbiamo solo i bidoni e vengono anche da fuori a scaricare. E poi siamo noi gli zozzoni!». C’è un senso di estraneità. Al punto che dicono “paese” per parlare del resto di Caivano, come se davvero Parco verde fosse altro. Ma lo dicono i fatti. «Mancano i mezzi pubblici, c’è solo un pullman e deve vedere come è ridotto...». «Anche gli avvisi del comune li mettono solo nel “paese” mentre da noi nulla». «Addirittura sulla carta d’identità hanno scritto Parco verde. Ma non basta mettere la via? – denuncia Marco –. Siamo marchiati!». Un’emarginazione che appare anche nella scuola. «Siamo contenti di come funziona ma ci sono solo i bambini del Parco verde. Non c’è uno scambio culturale, così i nostri figli si confrontano sempre con gli stessi modelli». Una sorta di autoghettizzazione. Così ancora una volta, dicono tutti, «solo la parrocchia ha fatto opera di integrazione. Ha un grande ruolo». Ma quella di oggi è una sofferenza in più per un quartiere che subisce, ma anche “convive” (lo ammettono le stesse mamme), con droga e camorra. «Noi proteggiamo i figli nostri e con la parrocchia proviamo a salvare anche gli altri». Ma non basta. Proprio dietro la parrocchia il capo clan attualmente vincente è tutelato dai suoi uomini sotto il portone. Serve una maggiore presenza delle forze dell’ordine ma, soprattutto, è il “coro” delle mamme «serve lavoro per respingere le proposte della camorra e della droga». Questo chiedono le mamme e i papà del Parco verde. Tra clamori e paura di essere presto «nuovamente dimenticati».
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