giovedì 25 aprile 2024
Sembravano improvvisati campeggiatori o "senza tetto". Così è nata l'occupazione sui tetti di Gerusalemme da parte di coloni ultraortodossi che intendono "conquistare" il cuore della Città Santa
Gerusalemme, l'occupazione israeliana è anche sui tetti della Città Vecchia
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«C’è una Gerusalemme sotto Gerusalemme. C’è una Gerusalemme sopra Gerusalemme». Non è uno scioglilingua quello del venditore di souvenir che su un gradino della bottega sorveglia la mercanzia e tiene d’occhio il vicolo. È un modo enigmatico per indicare la “Gerusalemme sopra il Cardo”, l’antica via commerciale romana che gli ultraortodossi cercano di occupare.

I tetti della Città Vecchia sono uno spettacolo snobbato dal turismo di massa, anche se di viaggiatori se ne vedono pochi. Seguendo un bambino che indossa la kippah e pedala con destrezza tra le gobbe sui tetti, troviamo la “Gerusalemme sopra Gerusalemme”.

Due mesi fa c’era una tenda che sembrava di giovani campeggiatori in cerca di riparo a buon mercato, con vista su cupole, minareti, campanili. Di sotto, il brusio del bazar quasi deserto per colpa della guerra che spaventa gli stranieri. Il mese scorso di tende ce n’erano di più. Ora si vedono solo un paio di monolocali prefabbricati, con la biancheria messa al sole e le paraboliche imbullonate alle finestre. Ma questa settimana il vasto terrazzo, raggiungibile da una scaletta nascosta in un vicolo del quartiere armeno che di solaio in solaio si congiunge a quello arabo, appare come un vero accampamento: famiglie con bambini, uomini in preghiera, su e giù per trasportare taniche di acqua potabile e viveri per tutti.

L’occupazione non avviene solo in Cisgiordania. Succede anche qui, nel cuore della Città Vecchia, dove nessuno avrebbe immaginato che un giorno perfino i tetti sopra le vie commerciali che gli architetti avevano voluto coprire con abitazioni ed acrobazie dei carpentieri, venissero colonizzati. Di parlare i “coloni dei tetti” non hanno molta voglia. E anche fotografarli non sempre è una buona idea. Sui palazzi intorno sono appostate le torrette di avvistamento della polizia, che tiene d’occhio la vita entro le mura, e si assicura che nessuno dia fastidio alla crescente comunità ultraortodossa dei solai.

Michael Dumper, ricercatore onorario in Politica presso l’Università di Exeter (Regno Unito) studia i cambiamenti della Gerusalemme odierna. Per l’Istituto di studi sulla Palestina, con sede a Washington e nel Medio Oriente, ha spiegato che non c’è da meravigliarsi: «Dal 1967 la politica degli insediamenti israeliani a Gerusalemme è stata diretta verso un unico obiettivo fondamentale: il consolidamento del controllo israeliano su Gerusalemme Est palestinese al fine di prevenire qualsiasi futura spartizione della città». Alle provocazioni però c’è un limite. Perfino i militari israeliani, che dal 7 ottobre lasciano entrare con il contagocce i musulmani diretti verso la Spianata delle Moschee, negli ultimi due giorni hanno dovuto alzare la voce con i fanatici venuti nella Città Vecchia. Oltre una dozzina di giovani sono stati arrestati e poi rilasciati per avere tentato di entrare nella Spianata nascondendo agnelli da sacrificare davanti alla moschea di al-Aqsa, nei giorni dei sacri riti della Pasqua ebraica. Martedì un agnellino era stato nascosto in un passeggino per bambini, per aggirare i controlli ed eseguire quella che per i fedeli islamici sarebbe stata una profanazione: il sangue di un animale per i riti ebraici, ma nell’area della moschea.

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Il rischio di un’esplosione di violenza nella Città Santa non è scongiurato. Ieri mattina decine di coloni israeliani dalla Cisgiordania hanno fatto ingresso nel complesso di al-Aqsa. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa il gruppo era scortato dalla polizia israeliana. Secondo i media di Gerusalemme la polizia era invece presente per evitare provocazioni.

Testimoni sul posto hanno riferito che gli estremisti hanno eseguito rituali talmudici nella parte orientale dell’area islamica. Nelle stesse ore altri poliziotti hanno bloccato l’ingresso di giovani palestinesi, brevemente trattenuti e poi rimandati indietro. La guerra per Gerusalemme non è mai stata dichiarata finita. E in troppi vogliono mettere le mani sulla Città Vecchia, dove riti e proclami non di rado vengono seguiti da veniali speculazioni edilizie.

Nel 1923, visitando la città della “terra promessa”, Albert Einstein fu forse troppo severo: «Una visione patetica di uomini con un passato, ma senza un presente». Un giudizio duro, ma camminando tra i tetti occupati è difficile non pensare che fosse una disperata premonizione.

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