martedì 3 maggio 2016
Una lettera al direttore (con risposta) di don Maurizio Patriciello: «​Aiuta i poveri a non essere fatti oggetto di infamia, dopo la morte di Fortuna e di Antonio». 
Ma il gran mostro è l'omertà di Ferdinando Camon
«Caivano, sto dalla parte degli innocenti»
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Caro direttore, aiutami! Aiutami a difendere la mia gente. Aiutami a rimanere dalla parte degli innocenti. Aiuta i poveri a non essere fatti oggetto di infamia. Aiuta coloro che non hanno nemmeno da mangiare a non essere strangolati dal tritacarne mediatico. Direttore, ti prego, resta, insieme a me, accanto a chi vorrebbe scappare via da un quartiere dimenticato dallo Stato, ma non può permetterselo. Resta accanto a chi merita di non essere ulteriormente infangato. Sono due anni che " Parco Verde" a Caivano piange la morte di Fortuna Loffredo. Sono tre anni che " Parco Verde" piange la morte di Antonio Giglio. Sono cinque giorni che sul " Parco Verde" si sta gettando fango. Inutilmente. Dolorosamente. Pericolosamente. Che qualcuno fosse al corrente di ciò che avvenne quel terribile 24 giugno di due anni fa è sempre stato chiaro a tutti: personalmente sono convinto che prima o poi verranno sancite responsabilità dirette e qualche complicità. Che qualcuno stesse avendo – per motivi che presto sapremo – un atteggiamento omertoso non ci sono dubbi. Indicare, però, come sta avvenendo, quel condominio come «palazzo degli orrori» è qualcosa di una gravità inaudita. Mentre scrivo arriva l’ennesima telefonata. «Don Patriciello, sono un giornalista di... potrebbe mettermi in contatto con qualcuno che abita nello "stabile incriminato"?». «Non mi risulta che abbiano incriminato qualche stabile...», rispondo. Tanto basta. Il giornalista capisce e interrompe la telefonata.Ci pensi, direttore, ai bambini che abitano in quelle case? Ci pensi alle ragazzine, alle mamme, agli adolescenti? In questi giorni sono segnati a dito: «Eccoli i mostri... Ecco chi nasconde i pedofili... Ecco i nemici dei bambini…». I pedofili di tutto il mondo, naturalmente, ringraziano. I pedofili di tutto il mondo brindano.
Direttore, la caccia all’untore mi ha sempre spaventato. E oggi sta avvenendo nella mia parrocchia. Vogliamo parlare dei quartieri degradati? Facciamolo. Vogliamo discutere di camorra e camorristi a Napoli e dintorni? Finalmente! Vogliamo invitare chi ci governa a gettare uno sguardo sulle periferie a rischio? Sarebbe ora. Vogliamo parlare dello scempio immenso della pedofilia? È urgentissimo farlo. Dimmi, caro Marco, da quanti anni il giornale che dirigi, ha ospitato, a riguardo, tra tante altre e pubblicando dossier su dossier sulla violenza ai più piccoli, anche le mie riflessioni? Il nesso di causalità povertà-pedofilia, però, non esiste. Il solo pensarlo è un abominio. Un vero regalo a tutti i viziosi e feroci pedofili ricchi.Don Fortunato Di Noto, mio confratello siciliano, che ha promesso di venirci a fare visita in questi giorni, ce lo potrà confermare meglio di chiunque. Continuare a definire quel condominio «palazzo degli orrori» o «palazzo incriminato» mi fa venire i brividi. Mi fa male. Mi fa piangere. Chiedo a te, direttore caro, e ai tanti colleghi onesti e preparati di aiutarmi a rimanere dalla parte dei poveri senza dovermi vergognare.
Maurizio Patriciello
Stiamo e staremo sempre dalla parte delle vittime. Con te, certo, caro don Maurizio. Stiamo e staremo dalla parte dei poveri. Senza esitazioni. Continueremo perciò a non nascondere il male che bisogna conoscere per far vincere il bene, e a resistere alla tentazione dell’indignazione e del cinismo che porta a sbattere il "mostro" in prima pagina e a "mostrificare" un intero gruppo di persone e di famiglie (come altre volte una categoria, un popolo, una fede) per poter strillare titoli e sentenze precipitose e presuntuose. L’orrore, il dolore e l’omertà – ne parli tu e ne scrive, oggi stesso, Ferdinando Camon – pretendono giustizia e non sopportano nuove ingiustizie. Soprattutto ai danni di chi non ha voce e non viene ascoltato, soprattutto di chi porta infinite volte la croce della sofferenza. Faremo il nostro mestiere, contaci. Che è di cronisti che non smettono di essere uomini. (mt)
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