sabato 12 novembre 2011
Il presidente della Cei, nella lectio magistralis con cui ha aperto l'anno accademico della Pontificia Università della Santa Croce, ha ricorda il rapporto tra comunità ecclesiale e ordine civile e il ruolo essenziale del laicato nella gestione delle realtà temporali.
IL TESTO DEL DISCORSO
Crociata: dare piena attuazione alla parità scolastica


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La politica «è stata definita come l’arte della mediazione». «Su moltissime cose ci possono e ci devono essere delle mediazioni. Ma non su tutto ci può essere mediazione». Lo ribadisce il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei. «In Italia ormai – aggiunge – c’è una frontiera, ed ancor più c’è in Europa, sulla quale la categoria della mediazione diventa un’uccisione dei valori che si vogliono mediare. Quando questi valori sono costitutivi e quindi, com’è noto, irrinunciabili - perché rinunciarvi significa distruggere l’umano -, mediare su questa frontiera non è opera politica buona, ma è andare contro l’umanità dell’uomo».
Il porporato pronuncia queste parole, chiare e impegnative, al termine di una prolusione dedicata al tema "Magistero ecclesiastico e ordine politico: libertà e responsabilità dei fedeli laici nella vita pubblica". È una «parola brevissima» che vuole dedicare esplicitamente e significativamente sui cattolici in politica. L’occasione è l’atto accademico presso l’Istituto superiore di scienze religiose all’Apollinare, collegato alla pontificia Università della Santa Croce, che si trova a Roma, vicino piazza Navona, a un tiro di schioppo dai vari Palazzi della politica.
«Chiedere o pretendere – spiega il cardinale – che i cristiani, che hanno responsabilità pubbliche, sospendano la loro coscienza cristiana quando esercitano i loro doveri, è non solo impossibile ma anche ingiusto». Tuttavia «è necessario completare questo discorso perché non si concluda erroneamente che il cristiano impegnato in politica fa del confessionalismo e non rispetta il pluralismo culturale e la giusta laicità dello Stato e delle Istituzioni». «Quando diciamo – aggiunge – che il credente non può mettersi tra parentesi in nessun ambito di vita, neppure quello pubblico e politico, significa che nessun fedele può compromettere o attenuare la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali», cioè di quei «valori che non sono di per sé confessionali» in quanto sono radicati nella legge morale naturale. Perché, spiega il presidente della Cei, «la rivendicazione della legge naturale costituisce lo strumento primario per la difesa della libertà e per la difesa della dignità dell’uomo». «Il tentativo insistente, soprattutto oggi in Occidente, – insiste il cardinale – di negare l’esistenza della natura umana nella sua oggettività e universalità, è mirato a distruggere il fondamento della legge naturale e quindi del diritto naturale che è norma del diritto positivo». Ma «il relativismo, il quale afferma che non esiste una norma morale radicata nella natura stessa dell’essere umano», sottolinea il porporato, «è smentito dall’esperienza universale secondo cui, a tutte le latitudini e epoche, gli uomini - all’interno delle rispettive culture - si percepiscono uguali nei dati di fondo».
Riguardo poi alla «coscienza del cattolico» che si impegna in politica il cardinale ha ricordato che essa «deve essere sempre una coscienza formata sulla base della dottrina cattolica, facendo attenzione rispettosa al Magistero autentico, nutrita di una solida vita spirituale nella comunità cristiana». «Fuori da questi riferimenti – aggiunge – la coscienza, che - come ricorda il Beato Newman - è l’eco di Dio che indica la via della verità e del bene, viene invasa e oscurata dalle opinioni diffuse, dai comportamenti ricorrenti o propagati, si annebbia e diventa opaca».
Il cardinale Bagnasco ribadisce poi che «la Chiesa non ha solo da fare, come a volte si vorrebbe: fare la carità, essere un’agenzia sociale, creare reti di pronto intervento e di solidarietà, perché questo unisce e non divide». «La Chiesa – puntualizza – ha anche da dire, ha innanzitutto da dire perché il suo fare è radicato nell’annuncio» e «perché la società non diventi disumana e la politica non diventi potere fine a se stesso». Questo non vuol dire che «la Chiesa si confonde con la comunità politica», essa infatti «non è legata a nessun sistema politico», è il Concilio Vaticano II a insegnarlo. Infatti «la Chiesa può e deve parlare a tutti e non può tacere, perché se fosse schierata non potrebbe parlare al mondo. La Chiesa è schierata, certo. Lo è dalla parte di Dio, e quindi dell’uomo. Allo stesso tempo, fa parte della sua missione dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime».
Alla fine della cerimonia il cardinale è stato assalito da numerosi cronisti che gli chiedevano un commento alla convulsa fase politica che sta vivendo il Paese. Il presidente della Cei ha declinato gentilmente l’invito. Quello che aveva da dire, l’aveva già detto.
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