giovedì 23 aprile 2015
Il 23 aprile la Chiesa ricorda san Giorgio. Nell'onomastico del Papa, il cerimoniere pontificio monsignor Guillermo Karcher racconta un Jorge Mario Bergoglio "visto da vicino".
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Il 23 aprile la Chiesa celebra la memoria di san Giorgio, ed è dunque l’onomastico del Papa, Jorge Mario Bergoglio. «Quando penso a lui, e lo vedo agire, posso dire che è un "san Giorgio moderno" – dice alla Radio Vaticana il cerimoniere pontificio monsignor Guillermo Karcher, argentino, legato a Francesco, da oltre vent’anni –: è un grande lottatore contro le forze del male, e lo fa con uno spirito veramente cristiano. È Cristo che vedo in lui che semina il bene per combattere il male. E in questo è un esempio, perché lo faceva già a Buenos Aires e continua a farlo adesso con quella semplicità che lo caratterizza, ma che è così forte, così importante in questo momento del mondo, in cui ci vuole la presenza del bene». In questi due anni trascorsi dalla sua elezione il mondo ha potuto conoscere la sua paternità spirituale, ben nota ai suoi connazionali: «A me commuove ogni volta, ogni mercoledì, quando arrivano gli argentini e li sistemo in questo settore specialissimo, tantissimi lo chiamano "Padre; padre Jorge; Jorge" – racconta Karcher – e veramente si nota la familiarità, questa amicizia che lui ha seminato in tanti anni a Buenos Aires, quando camminava per le strade della città e andava a visitare i posti più poveri della periferia della città, come continuano a sentirlo vicino e lui si rallegra e scambia sempre con un sorriso, con un abbraccio, con uno sguardo paterno, questo saluto che esce dal cuore delle persone». Un atteggiamento che nasce da una profonda interiorità: «Sì, è una persona che ha forgiato – lo dico, lo ribadisco sempre – una forte spiritualità, perché è un uomo di preghiera, un uomo di Dio. Pensiamo solo che ogni giorno dedica due ore, la mattina appena si alza, alla preghiera, alla riflessione. E poi vedo, facendo da cerimoniere, la differenza che c’è tra la sacrestia prima e dopo e la Messa prima e dopo. Mi spiego: lui è uno cui piace salutare tutti i seminaristi, i ministranti e lo fa – come lo vediamo in piazza San Pietro – con tanto affetto. Una volta però indossati i paramenti liturgici, lui cambia: lo vediamo entrare in basilica o recarsi all’altare in piazza come l’uomo della preghiera, l’uomo concentrato su quello che sta per celebrare, il mistero eucaristico soprattutto. E lo stesso quando esce dalla navata centrale della basilica, quando tutti lo osannano: "Francesco! Evviva! Ti vogliamo bene!". Lui, però, va verso la sacrestia. Diciamo che fa una parentesi. E questo è esemplare anche per un prete, nel senso che noi stiamo con il popolo, ma quando dobbiamo stare con Dio, stiamo con Dio». La visione soprannaturale che ne deriva rende il Papa molto sereno anche davanti alle critiche, come riferisce il cerimoniere: «Lui ride e dice: "Va bene, meglio, conosciamo come sono fatte le persone". Lui ha questa libertà di spirito e questa fortezza interiore. Io penso che sia un unto dallo Spirito. Porta avanti un ministero affidato dalla Chiesa, per il bene della Chiesa e del mondo, e lo fa con serenità e con certezza d’animo». Monsignor Guillermo Karcher era accanto al Papa la sera dell’elezione, reggeva il microfono da cui Francesco parlava per la prima volta Urbi et Orbi. E oggi formula i suoi auguri a Jorge Mario Bergoglio: «Che continui a essere se stesso, con la sua coerenza e la sua trasparenza. Che continui così, perché sta facendo tanto bene. L’augurio è che san Giorgio lo protegga e che lui continui nella battaglia per il bene, seminando il bene come sta facendo già adesso».

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