sabato 28 maggio 2016
​Presentato a Roma il comitato che si batterà contro la riforma costituzionale approvata dal Parlamento. Obiettivo bocciarla all'appuntamento referendario. (Vincenzo R. Spagnolo)
Ecco le «Famiglie per il no al referendum»
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«Il no al referendum di ottobre è anche per difendere il futuro delle nostre famiglie…». Nell'auditorium della Pontificia università Antonianum, alcune centinaia di persone accompagnano con ripetuti applausi le parole di Massimo Gandolfini, neurochirurgo bresciano, portavoce del "Comitato Difendiamo i nostri figli", che ha riunito a Roma giuristi, parlamentari ( fra i presenti, ci sono il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, di Forza Italia, la deputata di Idea, Eugenia Roccella, e il capogruppo della Lega al Senato, Gian Marco Centinaio) ed esponenti della società civile per lanciare una campagna di informazione che convinca gli italiani a bocciare la riforma costituzionale contenuta nella legge Boschi. Per farlo, insieme ad altre realtà, Galdolfini ha dato vita a un nuovo comitato, "Famiglie per il no al referendum", presentato ora nella Capitale. «Noi siamo partiti da una considerazione - argomenta il medico bresciano -. La legge sulle unioni civili, pur essendo così divisiva, è stata approvata con due voti di fiducia, senza dare ai parlamentari contrari e alla società civile la possibilità di modificarla. Ciò ci ha provvidenzialmente aperto gli occhi sulle forze che reggono il governo, sul loro autoritarismo e, dunque, sui rischi della riforma costituzionale». Non c'è il desiderio di una rivincita, dopo aver perso quella battaglia politica? «No, non ci muove un sentimento di vendetta, che non appartiene alla nostra cultura -risponde Gandolfini -. Ma, se non siamo vendicativi, non siamo neppure stupidi. La riforma progettata da Matteo Renzi è centralista e statalista, terribilmente antidemocratica». Perché? «Non vogliamo che il sistema bicamerale disegnato dalla Costituzione venga rottamato in favore di uno che accentra i poteri nella figura del premier. Tutti i corpi intermedi vengono ignorati, compresa la famiglia e a quel punto è morta la democrazia. Mi spiego: se la riforma costituzionale sostenuta dal governo dovesse passare, in virtù della nuova legge elettorale, tutto il potere si concentrerebbbe in un solo partito e in una sola persona, che, con una sola Camera, farebbe approvare in un giorno una legge sull'eutanasia, sulle adozioni per i gay o sulla liberalizzazione delle droghe…». Di parere analogo è l'ex sottosegretario Roccella: «Ci sono ragioni di merito e di metodo per dire no alla riforma Boschi - spiega ad Avvenire -. Il combinato disposto fra la riforma e la legge elettorale crea una mancanza assoluta di contrappesi. E abbiamo già visto in Parlamento, e non solo nell'iter del testo sulle unioni civili, i rischi dell'accentramento di potere in un solo partito e nel suo leader: far passare leggi discutibili a colpi di fiducia non è un buon segnale di democrazia. Poi c'è il metodo usato, questione non secondaria: una riforma costituzionale dovrebbe essere approvata cercando la più ampia convergenza possibile. Col governo Letta si era cercato di riprodurre meccanismi simili a quelli usati per la Costituente, ma Renzi non ha seguito quella strada». Paradossalmente, prosegue Roccella, «invece questa convergenza si sta realizzando spontaneamente sul fronte del "no", nel quale correnti politiche e di pensiero diverse e lontane fra loro sono accomunate dalla contrarietà alla riforma». Sul palco si susseguono gli oratori, protagonisti di alcune tavole rotonde: dal professor Mauro Ronco, ordinario di diritto penale e presidente del Centro studi "Rosario Livatino", all'ex parlamentare Luca Volontè, presidente della "Fondazione Novae terrae", fino al presidente dell'Aibi Marco Griffini. «Renzi sostiene che riformare il Senato farà risparmiare denaro pubblico - afferma l'avvocato Simone Pillon, del Comitato "Difendiamo i nostri figli" -. Ma buttare via il bicameralismo per pochi spiccioli, perché di questo si tratta, non è saggio». I partecipanti ascoltano attenti, qualcuno prende nota, ogni tanto parte un applauso. Come si muoverà il comitato fino a ottobre? «Come un movimento politico con la P maiuscola - anticipa Gandolfini -. Faremo partire un'intensa attività di informazione e propaganda sul territorio, sia fisicamente che attraverso piattaforme informatiche. Vogliamo anche andare di associazione in associazione, di parrocchia in parrocchia, per spiegare le ragioni che ci motivano a sostenere il no. La nostra bussola è vincere al referendum. In futuro lavoreremo per modificare la legge sulle unioni civili, ma in questo momento l'obiettivo è non disperdere le forze». Pertanto, collaborerete con altri comitati per il "no"? «Sarebbe sciocco dividerci, mentre l'avversario si muove come un panzer». Sul piano politico, intanto, in vista delle elezioni comunali il comitato «Famiglie per il no al referendum» invita a non votare i partiti dell'attuale maggioranza che hanno appoggiato la legge sulle unioni civili: «Guardate le liste, guardate i candidati e i partiti che li sostengono - conclude Gandolfini -. Quelli che hanno partecipato all'approvazione della bella legge sulle unioni civili non possono avere il nostro consenso… È importante che un sindaco o un assessore siano sensibili alle politiche per la famiglia, che non si risolvono nel bonus bebè, ma nel far sì che in una famiglia ci sia un papà e una mamma…».
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