lunedì 9 novembre 2015
Il centrodestra in piazza a Bologna ritrova l'unità. Salvini: non è un ritorno al '94 ma qualcosa di nuovo guidato da noi. Dure critiche ad Alfano. Meloni e Berlusconi: fronte anti-Renzi, abbiamo il 40% dei consensi.
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​​Per ricompattarsi, il centrodestra ha scelto una delle piazze più simboliche della sinistra italiana: piazza Maggiore, a Bologna. Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni hanno risposto all'appello di Matteo Salvini ed hanno partecipato alla manifestazione organizzata dalla Lega per lanciare il messaggio che "per vincere bisogna essere uniti, ma senza organizzare un ritorno al passato. Questo - ha chiarito Salvini - non è un ritorno al '94, alle vecchie formule, alle marmellate, qua comincia qualcosa di nuovo che è guidato dalla Lega, ma che è aperto a tutti gli italiani che oggi sono lontani dalla politica". La manifestazione bolognese viene commentata in nottata da fonti di Palazzo Chigi con parole molto dure: "Noi stiamo riportando l'Italia a crescere, altri preferiscono giocare sulla paura". Il senso del ragionamento è: Noi siamo e diamo stabilità e tranquillità. Loro puntano a spaventare gli italiani. Ma ancor più che le parole, ad essere importanti sul palco di piazza Maggiore sono state le simbologie: Salvini ha, di fatto, rivendicato la leadership sua e della Lega sulla nuova alleanza. Da Berlusconi, al quale non è stato riservato l'onore della chiusura, non è arrivata una vera e propria abdicazione: ha speso parole di grande apprezzamento per i suoi alleati che insieme hanno i suoi anni, ma ha anche fatto loro capire che senza di lui la nuova alleanza non ha chance.  La manifestazione bolognese è stata un buon successo di affluenza (circa 20mila persone in piazza, non certo i 100mila annunciati da Salvini, ma comunque un discreto colpo d'occhio) in una città totalmente blindata, con numerosi cortei antagonisti che si sono conclusi con una carica, un funzionario di polizia ferito e due manifestanti fermati: un bilancio che, data la tensione della vigilia, si temeva molto peggiore. Ma è servita anche, come non ha mancato di sottolineare un politico navigato come Bobo Maroni, a definire il "perimetro del centrodestra che si candida a governare l'Italia". Un perimetro dal quale è fuori il Nuovo centrodestra: il suo leader, il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, è stato attaccato dal palco almeno quanto Renzi, che almeno nelle intenzioni dell'iniziativa, era il bersaglio privilegiato. Salvini non ha scelto eufemismi. "Con noi un personaggio inutile e incapace come Angelino Alfano non ci sarà mai". Il ministro dell'Interno gli ha replicato con le parole del suo conterraneo Leonardo Sciascia: "Salvini non è un piccolo uomo o un ominicchio, ma un quaquaraquà incolto e ignorante". Alfano ha criticato apertamente anche il suo ex mentore, autore di una scelta di campo che pare ormai irreversibile. "Andare a 80 anni a farsi fischiare da questa gente è una cosa molto triste. Salvini è diventato il suo diretto superiore", ha detto alludendo anche ai mugugni della piazza leghista quando l'ex premier si è dilungato a snocciolare il suo programma elettorale. Berlusconi, in compenso, non ha fatto mistero di non avere nostalgie del suo ex delfino. "Con questa ritrovata unità - ha detto l'ex Cav - superiamo il 40% e vinciamo le prossime elezioni. Con Matteo, con Giorgia e con Silvio non ce ne sarà più per nessuno". È questo ciò che Giorgia Meloni ha definito "il fronte anti-Renzi" che si prepara a costruire un'alternativa di governo. Il rinnovato centrodestra di piazza Maggiore, ha assicurato Salvini, si metterà subito al lavoro per la prima sfida in programma, ovvero le elezioni comunali della prossima primavera, che non serviranno solo per provare a riconquistare alcune importanti città, ma anche per tentare la spallata al governo: "Se si va insieme - ha detto Salvini - Renzi va a casa il prima possibile".
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