sabato 26 maggio 2012
Davanti alla corte presieduta dai giudici della missione Ue medici e politici accusati di aver organizzato un traffico che portava a Pristina persone «reclutate» in Turchia e nell’Est europeo, disponibili a cedere un rene a ricchi malati americani e del Vecchio Continente. Sullo sfondo i sospetti sull’Uck negli anni della guerra, allora guidato da Thaçi.
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​Corpi martoriati. Trapianti. Traffico d’organi e di esseri umani su scala globale. Il processo in corso questi mesi a Pristina sta riportando in superficie una delle vicende più macabre e traumatiche del giovane Kosovo, vicenda che da più di un decennio ne tormenta la coscienza. Davanti alla Corte, presieduta dai giudici dell’Eulex, la missione della Eu per la ricostruzione dello stato di diritto del Kosovo, sfilano politici, medici, uomini fedeli al primo ministro Hashim Thaçi accusati di aver gestito, fino al 2008, un traffico di organi di portata internazionale che aveva il suo epicentro nella Clinica Medicus, una casa di cura privata alle porte di Pristina aperta nel 2000. Secondo la tesi accusatoria, trenta sono le vittime. Persone definite dai magistrati come "vulnerabili", donatori intercettati nei sobborghi più poveri di Istanbul e di Mosca, della Moldavia e del Kazakhstan, convinti a vendere un proprio rene per 15mila euro. Dall’altra parte, i compratori erano pazienti canadesi, tedeschi, israeliani, polacchi, malati cronici pronti a pagare fino a 100mila euro in cambio di un trapianto rapido.Per il Kosovo è un brutto incubo. Perché il processo sta riportando all’attenzione di tutti i Balcani, Serbia in testa, un’altra orribile vicenda più vecchia di qualche anno, su cui in molti hanno tentato di far calare una cortina di silenzio lungo gli anni 2000. Parliamo del traffico d’organi della "Casa gialla". Così chiamato perché, spiegano i magistrati, avrebbe avuto come base un vecchio casolare nel Nord dell’Albania, nella campagna di Burrel, verniciato di giallo. Qui, tra il 1999 e il 2000, c’è il sospetto che sia stato eseguito un numero imprecisato di asportazioni d’organi sui cadaveri di prigionieri serbi, uccisi con un colpo in testa. Un traffico che sarebbe stato gestito dal Gruppo di Drenica, ovvero dalla falange dell’esercito di liberazione allora guidata dall’attuale primo ministro kosovaro Thaçi e formata da altre personalità che, dismessi i panni di guerriglieri per l’indipendenza, dopo il 1999 sono entrate a far parte dei quadri dirigenziali nazionali: come ministri, parlamentari, prestigiosi professionisti.C’è una scia di sangue che sembra collegare le due storie. Punti in comune, personaggi che ritornano a distanza di tempo. A individuarli è stato il senatore svizzero e membro del Consiglio d’Europa Dick Marty che, nel 2010, ha presentato un rapporto sul traffico d’organi illegale che si è sviluppato tra Kosovo e Albania, al termine della guerra con la Serbia nel 1999. Marty scrive che esistono «un numero di credibili e convergenti indicazioni che mostrano come le componenti del traffico di organi post conflitto descritte siano strettamente legate al caso della clinica Medicus» e che compaiono «personalità kosovare-albanesi e internazionali di spicco, che si distinguono come cospiratori in entrambi i casi». Proprio sulla base di queste dichiarazioni, il senatore è stato chiamato a testimoniare il 18 giugno al processo per la Clinica Medicus. La sua testimonianza potrebbe aggravare lo scandalo e rendere ancora più impresentabile il profilo politico di tanta parte dell’establishment kosovaro.Gli imputati del processo in corso a Pristina sono personalità legate a doppio filo ad Hashim Thaçi. Il docente universitario Lutfi Dervishi, proprietario della clinica e accusato di essere il perno della presunta rete criminale, è un urologo legato da forte e ben nota amicizia con il premier kosovaro. Imputato è anche l’ex segretario permanente del ministero della Salute, Ilir Rrecaj, per aver falsificato le licenze della Medicus. E Driton Jilta, un ex ufficiale della missione Ocse, per traffico d’esseri umani e esercizio illegale della professione medica. Su richiesta della Corte di Pristina, vi sono anche due ricercati dall’Interpol. Moshe Harel, il "mediatore" turco-israeliano, che avrebbe trovato, tra la Russia, la Moldavia, la Turchia e il Kazakhstan, i donatori d’organi. E poi il medico turco Yusuf Sonmez, figura di fame internazionale al centro da 15 anni di una serie di scandali legati ai trapianti d’organi, noto sulla stampa turca con il nome di «Dottor Vampiro». Per capire quali siano le attinenze fra le vicende della Clinica Medicus e della Casa Gialla, bisognerà attendere la deposizione di Dick Marty. Il Guardian ha intanto pubblicato indiscrezioni raccolte da fonti vicine al governo kosovaro secondo cui i personaggi che ritornano in entrambe le inchieste sarebbero Shaip Muja, politico locale, e il chirurgo turco Yusuf Sonmez. Shaip Muja attualmente è parlamentare del Pdk ed è consigliere di Thaçi. Durante la guerra, Muja era membro del gruppo di Drenica. Copriva, da Tirana, la carica di Comandante della sanità nell’Uck e amministrava i milioni di dollari che arrivavano da tutto il mondo in favore della causa kosovara. Nel rapporto Marty, Shaip Muja è menzionato come figura cardine al centro di una rete d’attività illecite, fatta di "traffico d’esseri umani e attività di "mediazione" per interventi chirurgici illeciti e altri crimini. Secondo la fonte del <+corsivo>Guardian<+tondo>, è stato Muja a entrare in affari con Sonmez durante la guerra in Kosovo, grazie ai suoi viaggi a Istanbul. Anni dopo Muja ha avuto anche un ruolo nell’apertura della clinica Medicus.
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