giovedì 25 aprile 2024
Secondo la Corte Suprema dello Stato di New York ci sono stati "errori cruciali" nel processo del 2020. Il produttore cinematografico statunitense resta però in carcere per un'altra sentenza
Harvey Weinstein

Harvey Weinstein - Reuters

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La Corte Suprema dello Stato di New York ha annullato la condanna di Harvey Weinstein (72 anni) per reati sessuali. Il produttore cinematografico statunitense – che con il fratello Bob fondò la Miramax Films, società produttrice di film come Pulp Fiction e Clerks, e vincitore di un Oscar per Shakespeare in Love – l’11 marzo 2020, dopo una lunga battaglia, fu condannato nello Stato di New York per stupro e violenza sessuale a 23 anni di carcere. Weinstein era stato poi condannato per stupro nel 2022, a Los Angeles, a scontare una pena ulteriore di 16 anni di detenzione e rimarrà quindi in carcere. Attualmente sta scontando la sua pena all’interno del Mohawk Correctional Facility a Rome, nello Stato di New York.
La Corte dello Stato di New York ha stabilito che il giudice che nel febbraio 2020 condannò Weinstein commise un errore cruciale consentendo ai pubblici ministeri di chiamare come testimoni donne che affermavano che Weinstein le avesse aggredite, ma le cui accuse non facevano parte dell’impianto istruttorio nei confronti del produttore. Accadde che Lauren Young e altre due donne, Dawn Dunning e Tarale Wulff, riferirono in aula sui loro incontri con Weinstein ai sensi di una legge statale che consente la testimonianza di «precedenti comportamenti malevoli» per dimostrare un modello di comportamento. Ma la Corte d’Appello afferma che «l’accusato ha il diritto di essere ritenuto responsabile solo per il crimine contestato».
Il ribaltamento della condanna e l’ordine di celebrare un nuovo processo potrebbero sembrare una svolta clamorosa, ma nell’immaginario collettivo quella di Weinstein resta una figura disonorata: condannato a lunghe pene detentive in due città, e inchiodato dalle testimonianze pubbliche di quasi 100 presunte vittime le cui storie hanno costituito la pietra angolare del movimento #MeToo. Lo stesso, il suo avocato, Arthur Aidala, ha detto al New York Times che la decisione «non è stata solo una vittoria per il signor Weinstein, ma per ogni imputato nello Stato di New York». «Ci complimentiamo con la Corte d’Appello per aver sostenuto i principi più elementari», ha concluso.
Ashley Judd, la prima attrice a farsi avanti con accuse contro Weinstein, contattata sempre dal Nyt, ha detto che la decisione «è ingiusta nei confronti dei sopravvissuti». «È un giorno scioccante e scoraggiante per le sopravvissute ad aggressioni sessuali», ha commentato Jane Manning, direttrice del progetto Women’s Equal Justice ed ex procuratore per crimini sessuali. (A.E.)
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