giovedì 2 giugno 2016
Maria Sadaqat, 19enne è stata torturata e bruciata viva perché aveva respinto una proposta di matrimonio del figlio di un ex collega. È stata attaccata da un gruppo di persone fuori dal villaggio di Dewal, sulle colline vicino alla capitale Islamabad.
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Uccisa, arsa viva, a 19 anni per avere rifiutato di sposare il figlio del preside della scuola privata dove insegnava ma che aveva lasciato per evitare le pressioni e le minacce.  La giovane si chiamava Maria Sadaqat ed è stata prima torturata e poi bruciata da un gruppo di individui che si sono introdotti lunedì nella sua abitazione, guidati – secondo i familiari – da chi avrebbe voluto diventasse sua suocera contro la sua volontà e che ha visto come un oltraggio il rifiuto. Il delitto è avvenuto nel distretto di Upper Dewal non lontano dalla capitale Islamabad. Lo sposo rifiutato «era già divorziato e aveva il doppio dei suoi anni per questo la ragazza ha declinato la proposta e ha lasciato il lavoro ma loro – ha indicato Abdul Basit, uno zio della giovane – hanno continuato a insistere per il matrimonio, fino all’aggressione finale». L’autopsia, compiuta ieri nell’ospedale di Murree dove era stata ricoverata con ustioni sull’85 per cento del corpo, ha confermato le tragiche circostanze della morte di Maria. La polizia ha aperto un’inchiesta segnalando cinque sospetti e sottoponendo a fermo un individuo. Purtroppo si tratta di una tragedia non rara in Pakistan, dove anche il rifiuto a un matrimonio imposto – può scatenare un «delitto d’onore» (1.100 casi registrati lo scorso anno) dettato da usanze socio-religiose arcaiche sostenuto dalla discriminazione sessuale e ancor più da quella verso le minoranze religiose. Sono centinaia le donne di fede cristiana, indù o della setta di origine musulmana degli Ahmadiya che subiscono stupri, conversione forzata e matrimoni riparatori o, in alternativa, a rischiare ostracismo, violenze o ritorsioni sulle loro famiglie. La legge rende nei fatti difficile ottenere giustizia. E, anche quando una denuncia viene presentata e accettata, per ottenere giustizia ci si deve sottoporre a procedimenti estenuanti che espongono le vittime e i loro familiari a “isolamento” e al rischio di pesanti ritorsioni.  Quello di Maria è il secondo caso in poco più di un mese di una giovane donna uccisa per presunte ragioni «d’onore».  Il 29 aprile, una ragazza non ancora diciottenne era stata drogata, strangolata e poi bruciata su ordine del consiglio degli anziani del suo villaggio per aver aiutato un’amica a fuggire con l’uomo di cui era innamorata. La triste cronaca dei «delitti d’onore» pachistani, ha avuto anche un precedente in Italia, quando nel 2006, a Zanano di Sarezzo (Brescia), la ventenne Hina Saleem venne uccisa dal padre e da altri congiunti per essersi fidanzata con un italiano non musulmano e aver rifiutato di sposare un connazionale.
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