domenica 1 luglio 2018
Il presidente della Federazione internazionale attacca i leader europei e l'accordo di Bruxelles. La Libia? «Viola i diritti internazionali, non è un porto sicuro»
Francesco Rocca in Kenya durante una missione

Francesco Rocca in Kenya durante una missione

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È in corso «un massacro» davanti al quale l’Unione Europea «è cieca e sorda». Sembra che la storia «non ci abbia insegnato nulla». Se a parlare così è il presidente della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, vuol dire che siamo a un passo dal non ritorno. Ancora una volta Francesco Rocca davanti alla tragedia della migrazione nel Mediterraneo adopera termini normalmente usati per definire, anche giuridicamente, gli eventi nei campi di battaglia.

La Libia resta il problema numero uno. Però, nonostante si tratti di un Paese in conflitto e vi siano inchieste Onu per violazioni dei diritti umani, le cancellerie europee spingono perché i migranti restino lì.

La domanda che pongo a chi sostiene questa strada è la seguente: ci state dicendo che la Libia è un Paese sicuro? Intendo, sicuro riguardo al rispetto e alla tutela della dignità degli esseri umani. Ci state dicendo questo? Perché allora bisogna essere chiari: la Libia non lo è. E se anche il rafforzamento della loro Guardia costiera può costituire uno sviluppo importante, nessuno ad oggi è riuscito a ottenere un impegno da parte delle autorità di Tripoli perché sottoscrivano quantomeno la convenzione di Ginevra. E in questo si continua a mostrare tutta l’ignavia dell’Europa.

La Croce Rossa è presente sia nell’accoglienza (come avviene in tutti i porti di sbarco) sia nelle aree di crisi da dove i migranti fuggono. Nel suo ufficio di Ginevra arrivano report aggiornati dalle vostre 109 società, la più vasta organizzazione umanitaria del mondo. Come giudica le notizie degli ultimi giorni?

Il massacro nel Mediterraneo è ancora in corso, mentre l’Unione europea non è in grado di mettere in primo piano i principi di umanità e solidarietà. C’è urgente bisogno di una risposta comune europea e invece l’Ue è cieca e sorda di fronte a questa tragedia umanitaria. Parlo di massacro, di un massacro che perdura, perché non riesco a trovare un’altra definizione. I numeri (più di mille i morti nel 2018, ndr) sono lì a dircelo e le vite perdute reclamano l’urgenza di una reazione.

Perché siamo arrivati a questo punto?

Forse perché abbiamo smarrito anche la memoria. È dai tempi degli sbarchi degli albanesi sulle coste adriatiche che non si vogliono affrontare le ragioni della migrazione. Al contrario, si è puntato tutto su una parola d’ordine: sicurezza. Certo, si tratta di un tema che non si può e non si deve trascurare, ma voler usare questo argomento come unico riferimento per le politiche migratorie non ha fatto altro che esacerbare il dibattito, rendendolo tossico, senza minimamente incidere sulle cause degli esodi.

Ci sono però anche responsabilità politiche gravi delle classi dirigenti dei Paesi d’origine. Proprio perché siete presenti in tutto il mondo e conoscete i territori più difficili: cosa bisogna fare?

Non ci sono ricette facili né soluzioni preconfezionate. Ma come ho detto anche in altre occasioni, l’assenza di speranza è una delle spinte all’emigrazione di massa. Le leadership dei Paesi più poveri non sono immuni da colpe e responsabilità, anzi. Ma anche su questo i Paesi sviluppati, il cosiddetto “Occidente ricco”, non possono voltarsi dall’altra parte come se avessero sempre operato in modo equo e disinteressato. Senza un vero “esame di coscienza” non si possono imbastire politiche di sviluppo durature.

I leader africani cosa dicono a proposito delle masse di persone che si spostano all’interno del Continente e verso l’Europa?

Nei giorni scorsi, in Guinea Bissau, il ministro degli Esteri mi ha espresso la sua profonda preoccupazione per i tanti giovani che se ne vanno. Non ricevere aiuti veri nell’educazione, nella cooperazione, con investimenti nello sviluppo, mentre invece si sfruttano le enormi risorse naturali, tutto questo viene percepito come il tentativo da parte dell’Occidente di “rubare” all’Africa le nuove generazioni. Quei giovani che, senza speranza, non vedono alternative all’emigrazione.

Qual è l’appello della Federazione internazionale della Croce rossa ai leader del mondo?

È evidente che stia mancando una strategia dei Paesi Occidentali. Bisogna decidersi: se il tema deve essere affrontato in un’ottica di sviluppo, frutto di una politica ragionata, che guarda al lungo termine, allora bisogna radicalmente cambiare prospettiva. Perché ad oggi la gran parte delle risorse vengono allocate per quelle iniziative che devono dare risposta in termini di contenimento dei flussi e di sicurezza interna. Ma una riflessione vera sulle cause della migrazione, continua ad essere evasa.

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