sabato 1 novembre 2014
Barreto: gli immigrati volteranno le spalle alla Casa Bianca.
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Un numero record di 25,2 milioni di elettori di origine latino-americana avrà il diritto di recarsi alle urne il prossimo 4 novembre. Ma i democratici, che storicamente raccolgono la maggioranza delle preferenze di questi americani d’adozione, non hanno motivo di festeggiare. Secondo Matt Barreto, docente dell’Università di Washington e direttore del Centro sul voto e le etnie, alcuni fattori non lasciano presagire che più latinos alle urne si traducano in un buon risultato per il partito dell’asinello. Professor Barreto, gli elettori latinos hanno raggiunto per la prima volta l’11 per cento a livello nazionale. Perché non dovrebbe essere una buona notizia per i democratici? L’aumento è innegabile: rispetto alle ultime elezioni di metà mandato, nel 2010, è addirittura di 4 milioni di adulti in più che possono votare. Questa tendenza demografica, nel lungo termine, rappresenta un vantaggio per i democratici, che fino a due anni fa potevano contare sulla loro fedeltà. Ma non quest’anno. Che cosa è successo? I latinos tendono a votare in gran numero solo alle elezioni presidenziali, non alle politiche. Secondo: sono letteralmente arrabbiati con il presidente Barack Obama, che non ha mantenuto la promessa di una riforma sull’immigrazione. Se si guardano solo i numeri, inoltre, negli otto Stati da cui dipenderà la nuova maggioranza al Senato la media dei latinos è molto bassa, attorno al 5 per cento. Torniamo alla riforma sull’immigrazione. Obama ha detto che se il Congresso non approverà un’amnistia per gli immigrati senza documenti di soggiorno, ne varerà una per decreto. Che cosa temono allora i latinos? Che non mantenga la parola data. È una promessa che ha fatto due anni fa e che nel 2012 gli ha permesso di raccogliere quasi tutti i voti dei cittadini Usa di origine latinoamericana, ma che poi ha continuamente rimandato. L’ultima promessa infranta è stata quella di varare una riforma entro la fine dell’estate. Al contrario, negli ultimi mesi la sua Amministrazione ha aumentato il numero delle deportazioni, in teoria per guadagnare più voti repubblicani alla Camera su una legge di riforma dell’immigrazione. Questa delusione è più forte dei vantaggi che l’Obamacare ha indubbiamente portato agli immigrati, che di solito non godono di copertura sanitaria. Per questo nei sondaggi abbia visto il tasso di approvazione del presidente fra i latinos calare progressivamente durante il suo secondo mandato. Viste le tendenze demografiche in atto, anche i repubblicani hanno interesse ad assicurarsi le simpatie dei latinos. Crede che un Senato a maggioranza repubblicana ostacolerebbe una riforma dell’immigrazione? È vero che i repubblicani, se vogliono sperare di conquistare la Casa Bianca nel 2016, hanno tutto l’interesse a dimostrare di saper governare e di poter produrre legislazione significativa. E molti, come lo stesso Speaker John Boehner, riconoscono l’importanza di una legge sull’immigrazione. Ma potrebbe essere premature per la maggioranza dei parlamentari del Grand old party e non penso che i leader del Gop siano disposti a rischiare la loro “unità” su un tema che considerano urgente. I deputati e senatori repubblicani hanno imparato molto bene la lezione di Eric Cantor (l’ex leder della maggioranza alla Camera che a giugno ha perso le primarie a causa anche del suo sostegno a una legge elettorale, ndr). Per tornare a Obama, non crede allora che farà ricorso a un’azione unilaterale, come un ordine presidenziale, per varare un’amnistia? È possibile, ma politicamente non gli conviene. Farebbe infuriare i repubblicani, che, se avessero il completo controllo del Congresso, gli renderebbero impossibile governare.
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