sabato 27 dicembre 2014
​Sottovalutati i disturbi in giovane età, colpito 1 ragazzo su 12. A Venezia riuniti i massimi esperti: rafforzare i servizi, intervenire in ritardo può essere fatale.
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Le slides scorrono con una monotonia inquietante. Che parli il luminare australiano o quello olandese, l’italiano o il maltese, sembra che i sistemi sanitari siano ciechi di fronte all’emergenza mentale che assedia i giovani... Lo scenario è quello della conferenza promossa dalla Commissione europea nei giorni scorsi a Venezia: trecento psichiatri, tutti d’accordo che il 75% delle malattie mentali colpiscono il paziente durante la giovane età, spesso fin dall’infanzia, che solo una parte ridottissima viene diagnosticata e che comunque non viene curata con continuità. Stiamo parlando di un problema che riguarda un quarto della popolazione del pianeta, quasi due miliardi di individui, 'considerati' sani perché nel fiore degli anni. Non è un caso che la Commissione europea abbia voluto questa conferenza, che si è svolta dal 16 al 18 dicembre ed è stata inserita nel programma scientifico del semestre italiano. Sicuramente è significativo che l’abbia affidata a un ordine di frati, i Fatebenefratelli. Le assise, infatti, sono state gestite dall’Irccs di Brescia, l’unico ad occuparsi delle malattie mentali, una delle strutture italiane dell’Ordine ospedaliero fondato nel XVI secolo da San Giovanni di Dio. «Per noi la ricerca scientifica è uno strumento per abbracciare il sofferente ha spiegato fra Massimo Villa, superiore dei Fatebenefratelli (Provincia Lombardo Veneta) -, secondo l’insegnamento di San Giovanni di Dio e di Paolo VI, il quale ci invitò a 'fare la carità con i mezzi moderni'». Il religioso ha definito «fondamentale» l’integrazione tra l’ospitalità – il carisma specifico dei Fatebenefratelli – e la ricerca scientifica, in continuità con la tradizione dell’ordine: la conferenza si è svolta sull’isola di San Servolo che fino ai primi anni del Novecento era il manicomio dei Fatebenefratelli e «se siamo ancora qui, a distanza di oltre cinque secoli, a occuparci di psichiatria, misurandoci quotidianamente con lo stigma della società e le difficoltà di gestire le moderne strutture di cura – ha ricordato il direttore dell’Irccs, fra Marco Fabello – è perché la sofferenza mentale è ben lungi dall’essere vinta».  E non è vinta anche perché «ci si perde». Ha usato quest’espressione l’inglese Swaran Singh, dell’Università di Warwick, coordinatore del progetto Milestone, per illustrare come il 50% dei ragazzi studiati – il 30% di quelli curati dai servizi psichiatrici dell’infanzia – intorno ai 17 anni venga 'perso di vista'. Molti di loro saranno utenti dei servizi di salute mentale nell’età adulta. Paradossale ma efficace la declinazione del problema fatta da Giovanni de Girolamo, psichiatra dell’Irccs e coordinatore scientifico della conferenza: «Cosa succede se diagnostico un tumore nell’adolescenza e lo affronto nell’età adulta?». Lo stesso de Girolamo, studiando ragazzi italiani tra 10 e 14 anni ha rilevato la presenza, al momento della valutazione, di un disturbo mentale nell’8,2%, percentuale più bassa di quella americana (10-20%), ma simile a quella rilevata in un ampio campione della popolazione italiana adulta (8%). A Venezia si è parlato schiettamente di problemi di integrazione tra i servizi psichiatrici nel passaggio dall’infanzia all’età adulta. Siamo di fronte, è stato ammesso, a una 'colossale sottovalutazione' delle problematiche mentali delle persone tra i 10 e i 24 anni, alla base della quale vi è la specularità nelle condizioni di salute dei giovani di entrambi i sessi, eccellenti sul piano fisico nell’età evolutiva ma attraversate al contempo da problemi psichici e comportamentali che possono avere un impatto devastante sulla carriera scolastica ed universitaria, sul lavoro, ecc. laddove l’adulto normalmente presenta un maggior carico di malattie somatiche e pochi o minori problemi dal punto di vista dei disturbi mentali.   A Venezia è stato sottolineato come, per ragioni organizzative, ma anche formative, venga interrotta la continuità assistenziale tra le due fasce d’età; un gap che si ripropone tal quale anche nella cura dell’abuso di alcol e sostanze. Guardando specificamente all’Italia, anche in regioni ben strutturate come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, i servizi di salute mentale trattano in grandissima maggioranza persone sino ai 14 anni di età e al di sopra dei 30, 'perdendo di vista' una fascia cruciale. Si stima che il ritardo nei trattamenti oggi sia dai 6 agli 8 anni per i disturbi dell’umore e dai 9 ai 23 anni per quelli d’ansia.La conferenza di Venezia si è confrontata a lungo circa le contromisure da prendere, chiedendo di rinforzare i servizi di salute mentale per l’adolescenza e l’età giovanile, creare un collegamento organico con quelli degli adulti e soprattutto – hanno sottolineato gli esperti – trasformare questi ultimi, renderli cioè 'user-friendly', adattati a incontrare i bisogni e gli stili di vita delle persone in giovane età. L’alternativa è la deriva per il 27% della popolazione mondiale. Con conseguenze drammatiche. Come è stato ripetuto durante la conferenza veneziana, il suicidio è già la seconda causa di morte dei giovani tra 15 e 29 anni, la schizofrenia insorge intorno ai 25 anni per gli uomini e ai 27 per le donne ma viene diagnosticata e curata con grave ritardo e si riscontra un’esplosione dei problemi pediatrici, a partire dai disturbi d’ansia, che hanno una maggiore incidenza nelle femmine (2:13:1) a partire dall’adolescenza.   Secondo gli studi recenti, tra questi disturbi, quelli che derivano dalla separazione del minore dalla casa o dai genitori è l’unico che si presenta solo nei bambini e negli adolescenti ma non negli adulti, mentre tutti gli altri, se si manifestano in età adulta, hanno avuto quasi certamente dei precursori in età evolutiva. Dopo i disturbi d’ansia (31,9%), i giovani sono affetti da quelli del comportamento (19,1), dell’umore (14,3) e dall’uso di sostanze (11,4). Numerosi studi - è stato sottolineato mostrano la correlazione tra la giovane età in cui esordisce la depressione e la sua successiva cronicizzazione.  L’abuso di alcool nei ragazzi aumenta invece a partire dagli 11 anni e raggiunge il picco intorno ai 18. Studi europei ci dicono che l’accesso all’uso di alcool tra i 10 e i 16 anni, di tabacco tra 11 e 17 e di cannabis tra i 14 e i 19 è associato con un rischio 'elevato' di sviluppare disturbi correlati all’abuso di sostanze. Come ha spiegato a Venezia Benedetto Vitiello, responsabile del dipartimento ricerca e prevenzione del Istituto Nazionale di Salute Mentale di Bethesda (Usa), riferendosi a dati dell’Oms, «è molto probabile che in breve tempo il suicidio e con esso i disturbi mentali divengano la prima causa di morte dei giovani». Quanto poi alla prevenzione, anch’essa è sottovalutata, mentre, come ha osservato lo scienziato, «un banale screening del medico di base, che abbia l’accortezza di porre alcune domande 'strategiche' al giovane permette di individuare il rischio di depressione e suicidio». 

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