Giovani

Giovani e Vescovi. Intercultura: «Fare casa insieme, senza perdere la propria identità»

Chiara Vitali martedì 4 gennaio 2022

I giovani del percorso "Giovani e Vescovi"

Cosa possono dire i giovani alla Chiesa su tematiche come gli affetti, l'ecologia, l'intercultura, i riti, la vocazione e il lavoro? La domanda è al centro del percorso "Giovani e Vescovi", che sta coinvolgendo in questi mesi tutte le diocesi della lombardia. Prima tappa è stata il 6 novembre, in Duomo, a Milano: quel giorno i Vescovi della regione hanno incontrato duecento giovani, che hanno raccontato i loro vissuti e le loro idee in ambiti importanti per la loro vita. L'obiettivo, per tutti, è immaginare nuove strade di crescita e rinnovamento dentro la Chiesa.

Interculturalità, voce ai giovani: «La presenza di altre culture è un dato di fatto. Ora bisogna "fare casa" insieme»

«La nostra società è multiculturale, ma non è interculturale» dice uno dei giovani che il 6 novembre ha partecipato ai tavoli di discussione nel Duomo di Milano sul tema dell’Intercultura. «La presenza di chi arriva da un altro Paese è ormai un dato di fatto. Ma le diverse culture devono incontrarsi: bisogna “fare casa” insieme», spiega. Ai dialoghi sul tema hanno partecipato ragazzi attivi in realtà missionarie o che si occupano di accoglienza. Qualcuno di loro viene dall’estero: «Sono arrivato in Italia dallo Sri Lanka – spiega uno dei protagonisti dei dialoghi con i vescovi lombardi –. Da piccolo ho subìto bullismo per le mie origini e a volte mi sento ancora straniero, ma sono anche ricco perché ho due vasi culturali da cui attingere». Tutti concordano sull’idea che «la diversità è ricchezza ». Portano ai tavoli anche il vissuto di altri: «Io noto una differenza tra l’approccio dei piccoli e degli adulti. A scuola, ad esempio, i bambini non percepiscono come straniero un compagno di banco che viene dall’estero. È solo un altro studente della classe – dice una delle giovani, che è insegnante –. Gli adulti invece hanno visto arrivare gli stranieri ma non sono cresciuti con loro». Alcuni segnalano gli «stereotipi» ancora vivi nella nostra società, altri indicano il ruolo cruciale dei media: «Il loro modo di raccontare l’immigrazione condiziona tante persone». In generale, i giovani indicano una paura da cui è necessario liberarsi: «Accogliere l’altro non significa perdere la propria identità». Nei dialoghi i giovani immaginano alcune proposte concrete per una maggiore condivisione: momenti di incontro su dimensioni trasversali, come quella culinaria, più corsi di alfabetizzazione, un turismo che sia integrativo. Tanti chiedono che l’ora di religione, a scuola, diventi l’occasione per educarsi all’interreligiosità. «L’aspetto della formazione è fondamentale, altrimenti si ha un approccio al tema sempre emotivo e emergenziale» spiega un altro ragazzo. Alla Chiesa i giovani chiedono anche di difendersi da ogni strumentalizzazione politica: «Vorrei si sentisse di più il passo del Vangelo di Matteo che dice: “Ero straniero e mi avete accolto”. Questa è la Chiesa in cui noi ci identifichiamo » conclude uno dei presenti.