sabato 6 gennaio 2024
Dopo le 200 cannonate di ieri, arriva una nuova provocazione. La rabbia di Seul. Kim ordina: «Produrre più missili». L'aumento sarebbe destinato alla Russia
Il dittatore nordcoreano Kim Jong-un con al fianco la figlia Ju Ae di dieci anni, indicata da molti come successore designato

Il dittatore nordcoreano Kim Jong-un con al fianco la figlia Ju Ae di dieci anni, indicata da molti come successore designato - Ansa

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Ordina di lanciare, nel giro di appena due giorni, 60 colpi di artiglieria (oggi) e duecento (ieri) contro sperdute isole sudcoreane. Visita fabbriche militari, accompagnato dalla ormai immancabile figlia Kim Ju-ae – che, a dispetto dei suoi dieci anni, viene indicata come sua possibile erede, ombreggiando la figura di Kim Yo Jong, agguerrita sorella del leader nordcoreano ma già considerata una stella cadente. Fornisce, secondo la Casa Bianca, missili alla Russia, già utilizzati in Ucraina. Chiama al massimo sforzo produttivo la sua industria bellica perché, dice, «la guerra è inevitabile», alternando gli Usa e Seul come obiettivi della sua retorica marziale. Martella che «la resa dei conti è vicina». Infittisce l’espansione del suo apparato militare, annunciando, per l’anno appena iniziato, la costruzione di tre satelliti spia, di nuovi droni e l’allestimento di altri esperimenti nucleari.

Il dittatore nordcoreano Kim Jong-un torna prepotentemente sulla scena. Arrischiandosi, ancora una volta, in un pericoloso gioco al rialzo, nella rete di ricatti attraverso la quale il “rispettato compagno” mira a ingigantire il suo peso politico e internazionale. Saldando, nella “diagnosi” fatta dagli Stati Uniti, la sua posizione a quella della Russia e dell’Iran. «Secondo le informazioni in nostro possesso la Corea del Nord ha recentemente fornito alla Russia sistemi di lancio di razzi e diversi missili balistici», ha tagliato corto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby. Inevitabile che la “temperatura” salga. Pericolosamente. Secondo le autorità di Seul, la Corea del Nord ha sparato «200 colpi nelle aree Jangsan-got dell’isola settentrionale di Baengnyeong e nel nord dell’isola di Yeonpyeong», costringendo gli abitanti all’evacuazione. Pyongyang ha giustificato quella che è stata definita una «esercitazione» come «la risposta naturale» alle azioni militari dei «gangster militari» della Corea del Sud «negli ultimi giorni». Minacciando, quindi, una «forte risposta senza precedenti». Non ci sono stati feriti. La risposta- retorica e militare - di Seul non si è fatta aspettare. «Questo è un atto di provocazione che aumenta la tensione e minaccia la pace nella penisola coreana», ha detto il ministro della Difesa Shin Won-sik. La Corea del Sud ha sparato, a sua volta, contro la piccola isola di Yeonpyeong, situata al confine fra le due Coree. Le truppe di Seul «hanno compiuto un’esercitazione con proiettili da guerra da cannoni semoventi K9», ha riportato l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap.

L'isola sudcoreana di Yeonpyeong situata vicino alla zona demilitarizzata di confine tra le due Coree

L'isola sudcoreana di Yeonpyeong situata vicino alla zona demilitarizzata di confine tra le due Coree - Ansa

Pechino, sponsor politico del regime nordcoreano ma anche alleato “preoccupato” dai possibili colpi di testa di Kim Jong-un, ha invitato «tutte le parti alla moderazione». «Nella situazione attuale, speriamo che tutte le parti interessate mantengano la calma e la moderazione, si astengano dall’intraprendere azioni che aggravino le tensioni, evitino un’ulteriore escalation della situazione e creino le condizioni per la ripresa di un dialogo significativo», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin. Secondo gli esperti, il pendolo della politica nordcoreana sta curvando, nuovamente, in direzione dell’escalation. Sembra ormai lontanissimo il clima di attesa che aveva segnato l’incontro, nel 2018, tra Kim e l’allora presidente sudcoreano Moon Jae-in e quello, dell’anno successivo, con l’ex presidente Usa Donald Trump. Congedati i toni soft, è tutto un crescendo di accuse e minacce. «Kim Jong-un ha ormai pubblicamente sconfessato la politica di riconciliazione e di unificazione con il Sud», ha detto a Reuters Leif-Eric Easley, professore di studi internazionali all'Università Ewha di Seul.
Le parole del leader, alle prese con continue epurazioni all’interno del regime e pressato da problemi atavici come la carestia che affligge il Paese, non lasciano spazio ai dubbi. «Se guardiamo da vicino le azioni militari di confronto da parte delle forze nemiche, la parola “guerra” è diventata un'opzione realistica e non un concetto astratto», ha detto recentemente. E ancora: «Le relazioni Nord-Sud non sono più una parentela o una relazione alla pari, ma sono diventate il rapporto tra due Paesi belligeranti». «Il Sud è uno stato colonizzato completamente dipendente dagli Stati Uniti per la difesa e la sicurezza nazionale». E se non bastasse ha ordinato ai militari di prepararsi a «pacificare l’intero territorio della Corea del Sud», anche «con bombe nucleari», in risposta a qualsiasi attacco. Il timore è che la “partita” possa sfuggire di mano al dittatore. E il bluff trasformarsi in una catastrofe.

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