lunedì 15 aprile 2024
Dalle navi ai gasdotti fino alla Siria, c'è una “guerra ombra” che si gioca da anni su diversi fronti tra i due Paesi, anche se spesso manca un’assunzione ufficiale di responsabilità
L’ayatollah Ali Khamenei

L’ayatollah Ali Khamenei - Ansa

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Dagli attentati mirati agli attacchi contro navi e petroliere, e dalle operazioni di cyberwarfare al bombardamento di depositi di armi. Oltre alle guerre per procura che Israele e Iran conducono da anni, una guerra ombra si gioca su diversi fronti tra i due Paesi, anche se spesso manca un’assunzione ufficiale di responsabilità. Come nel sabotaggio di due gasdotti nel sud-ovest dell'Iran, avvenuto lo scorso 14 febbraio, che ha interrotto il flusso di calore e gas da cucina a milioni di persone; oppure nel misterioso incendio che ha distrutto il giorno successivo un'azienda di produzione chimica a Shahriyar, a ovest di Teheran. Tutti attacchi attribuiti dal regime dell’ayatollah Ali Khamenei a Israele.

Scienziati nel mirino

Il 27 novembre 2020, Mohsen Fakhrizadeh Mahabadi viene assassinato a colpi di pistola vicino a Teheran. Israele e Stati Uniti consideravano la vittima la mente dietro ai piani dell'Iran di sviluppare un'arma nucleare. È il sesto scienziato iraniano a cadere in un attentato attribuito a Israele in 14 anni. Prima di lui, tra il 2007 e il 2012, erano caduti altri cinque scienziati implicati a diverso titolo nel programma nucleare iraniano: Ardeshir Hosseinpour, Massoud Ali-Mohammadi, Majid Shahriari, Darioush Rezaeinejad e Mostafa Ahmadi Roshan. La dinamica è quasi sempre la stessa: con una bomba attaccata all'auto della vittima prescelta da parte di agenti a bordo di una motocicletta, oppure con avvelenamento radioattivo. Per le autorità di Teheran, non ci sono dubbi sul «terrorismo di Stato» e promettono «vendetta terribile». Ma sono davanti a un dilemma. Mancano, infatti, meno di due mesi alla fine dell'era Trump, l'autore del ritiro Usa dall’accordo sul nucleare e della reintroduzione delle sanzioni contro il loro Paese. Non fare nulla significa dimostrare ulteriore vulnerabilità, ma rispondere significa “bruciare” la carta diplomatica e compromettere le grandi aspettative per l’arrivo di Biden.

Arrembaggi reciproci

Intercettazioni e assalti di navi, anche di terze parti, si susseguono da anni in tutte le acque regionali, dal Mar Arabico al Mediterraneo. Prima dell'ultimo sequestro effettuato dai pasdaran ai danni della MSC Aries (battente bandiera portoghese, ma associata al gruppo di un milionario israeliano) mentre attraversa lo stretto di Hormuz, ci sono stati almeno 12 casi. Il 25 marzo 2021, la nave mercantile di proprietà israeliana MT Lori finisce sotto i missili iraniani nel Golfo dell'Oman, mentre è in rotta verso l'India. L’attacco è una rappresaglia di Teheran a un attacco israeliano su una nave iraniana avvenuto giorni prima. La reazione israeliana non tarda ad arrivare. Il 7 aprile, un’esplosione danneggia la nave iraniana Saviz, ancorata al largo delle coste yemenite del Mar Rosso. Ma gli attacchi risalgono a molti anni prima. Tra il 2009 e il 2014 le forze navali israeliane intercettano diverse navi (Francop, Victoria e Klos-C, per citarne solo alcune) nelle acque del Mediterraneo e del Mar Rosso, sospettate di trasportare armi e munizioni destinate agli Hezbollah o alla Siria.

«Provocazioni in Siria»

Le notizie dei raid israeliani in un Paese in guerra come la Siria passano quasi inosservate. Nel 2023 sono stati registrati ben 40 raid contro Hezbollah e le altre milizie filo-iraniane, come pure contro gli aeroporti civili di Damasco e Aleppo, sospettati di accogliere i carichi d'armi provenienti dall'Iran. Raramente il bersaglio è prettamente iraniano. “L'omicidio di Natale” dell'anno scorso segna una svolta. La festività cristiana non è percepita nella periferia di Sayyidah Zainab come nei quartieri centrali di Damasco. La presenza qui di un santuario sciita dedicato alla nipote del profeta, Zainab appunto, ha trasformato la zona in un vero e proprio presidio per le milizie vicine a Teheran. Qui i capi delle Guardie della rivoluzione si sentono al sicuro.

Una colonna di fumo si alza improvvisamente da una fattoria. Un raid israeliano ha appena messo fine alla vita di Seyyed Razi Mousavi, un alto graduato dei pasdaran in Siria. Il numero dei “consiglieri militari” iraniani in Siria non ha smesso da allora di crescere. Prima l'ufficiale dell'intelligence di al-Qods Sadegh Omidzadeh con il suo vice Hajj Gholam (il 20 gennaio) poi Said Alidadi (a Damasco, il 2 febbraio), poi Reza Zarei (nella città costiera di Baniyas, il 1 marzo) poi ancora Behrouz Vahedi (a Deir ez-Zor, sull'Eufrate, il 26 marzo) fino al raid del 1 aprile contro il consolato iraniano che ha ucciso Mohammad Reza Zahedi e altri sei commilitoni, provocando l'attuale escalation che rende concreta la possibilità di una guerra dichiarata.

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