lunedì 15 aprile 2024
Bambina e beduina senza un rifugio anti missile, è l'emblema delle vittime della guerra a Gaza. Anche se è stata ferita, e molto gravemente, dalle schegge dei missili iraniani contro lo Stato ebraico
Un bambino cavalca un asino vicino a una postazione di batterie della contraerea di Israele Iron Dome in un villaggio nel deserto del Negev

Un bambino cavalca un asino vicino a una postazione di batterie della contraerea di Israele Iron Dome in un villaggio nel deserto del Negev - AHMAD GHARABLI / AFP ANSA

COMMENTA E CONDIVIDI

Si chiama Amina Alhasoni, ha 7 anni e sta lottando tra la vita e la morte nel reparto di Terapia intensiva dell'ospedale israeliano Soroka di Beersheva. È l'unica vittima del raid iraniano che, nella notte tra sabato e domenica, ha bersagliato Israele con almeno 300 tra missili e droni. Il sistema difensivo Iron Dome ("cupola di ferro") ha intercettato e neutralizzato la minaccia in aria, le sirene d'allarme hanno avvertito la popolazione che era urgente mettersi al sicuro. Non ci sono stati danni, né feriti. Tranne Amina.

Con i suoi 7 anni appena e con quel nome che è lo stesso della madre di Maometto, Amina è l'emblema delle vittime bambine della guerra che si combatte nella Striscia di Gaza e che l'attacco di Teheran rischia di allargare. È arabo-israeliana, vive con la famiglia nel deserto del Negev. Sono beduini. La loro abitazione è in forati di cemento con tetto di lamiera, ora in parte distrutto. Senza scantinato né tantomeno un rifugio anti missile come la maggior parte delle case israeliane.

Quando il sistema di difesa ha distrutto il missile balistico che passava sopra le loro teste, i detriti sono precipitati. Una scheggia ha colpito la casa della famiglia Alhasoni nel villaggio beduino di al-Fura non lontano da Arad nel sud di Israele. Il fragile edificio non ha retto. Erano le due di notte, Amina dormiva nel suo letto. La scheggia l'ha ferita gravemente alla testa, è stata operata, non si sa se sopravvivrà.

Il padre Mohammed Hassouna, nella sua disperazione, racconta che avevano sentito le sirene di allarme poco prima che il frammento colpisse Amina. «Non abbiamo un rifugio» lamenta, criticando le autorità per avere lasciato la sua famiglia in balìa dei razzi e dei missili. Mentre la maggior parte degli ebrei israeliani hanno accesso ai rifugi, a molte comunità beduine non è consentito costruirli. «Lo Stato di Israele, dal momento che siamo cittadini, dovrebbe provvedere a difenderci, invece non lo fa» protesta un amico di Hassouna, Farhan Daabouh, sentito dal Washington Post.

Discendenti dei pastori arabi musulmani del Negev, i beduini vivono spesso ai margini della società e non godono degli stessi diritti degli altri cittadini. Spesso le loro comunità sono accusate di insediarsi nelle aree desertiche senza autorizzazione. Sulla carta i loro villaggi non risultano, non ci sono neanche cartelli stradali a indicarli. L'ospedale più vicino ad al-Fura, quello di Beersheva dove la piccola Amina è ricoverata, dista 40 chilometri. Una storia ordinaria, che le cronache di guerra non registrano. Poveri e bambini, le prime vittime di ogni conflitto. Da qualunque parte lo si guardi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI