mercoledì 15 novembre 2023
Un rapporto supportato dal gruppo farmaceutico evidenzia l'impatto dell'inquinamento sul fronte sanitario
Sull'aria ci giochiamo un pezzo di salute. Chiesi: «Agiamo in fretta»
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La crisi climatica? È già una crisi sanitaria. Meglio, una delle principali minacce esistenziali per la nostra società. C’è poco da girarci intorno. Che la salute umana e quella del pianeta siano interdipendenti è un dato di fatto: l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) stima 1,4 milioni di morti evitabili all’anno causate dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento. A pagare il prezzo più alto, in termini di danni alla salute e al benessere generale, sono i pazienti affetti da patologie respiratorie. Su questi ultimi si è concentrato un report indipendente condotto da Economist Impact, supportato dal Gruppo farmaceutico Chiesi, che ha raccolto 500 testimonianze in Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito.

In sostanza, l’indagine evidenzia che la qualità dell’aria migliora ma continua ad influire negativamente su queste persone. Verso le quali gli amministratori pubblici dovrebbero incrementare i progressi nella riduzione dei principali inquinanti e, sentita la scienza, aggiornare politiche e linee guida sull’impatto dell’inquinamento – tenendo in debita considerazione le ondate di calore e l’aumento del carico di polline, generalmente associate al cambiamento climatico –, e sul rapporto tra qualità dell’aria, disuguaglianze sanitarie e salute polmonare. Il tempo per agire è poco. «Le temperature in aumento, gli eventi meteorologici estremi e l’inquinamento dell'aria sono solo alcune delle principali minacce alla salute, aggravate dai cambiamenti climatici – spiega Carmen Dell’Anna, capo del Global Medical Affairs del Gruppo farmaceutico Chiesi –. Un recente rapporto dell'Intergovernmental Panel on Climate Change ha allertato sul crescente numero di giorni caratterizzati da temperature così elevate da poter causare decessi a livello globale».

I dati sono tutti a supporto di questa analisi. Lo scorso giugno, ad esempio, è stato il più torrido degli ultimi 174 anni. E il bilancio del 2022, con una stima di oltre 61.600 morti legate al caldo in Europa, sottolinea le conseguenze delle ondate di calore. Non è un aspetto che incide solo in termini di salute. Dal report, osserva Dell’Anna, emerge «che chi è residente nelle aree urbane ritenga che gli spostamenti per andare al lavoro, l’attività fisica all’aperto e la semplice permanenza in casa peggiorino la loro condizione polmonare. Oltre la metà degli intervistati in contesti con bassa qualità dell’aria, riferisce di aver evitato attività all’aperto». I fattori climatici influenzano ormai negativamente la percezione stessa dei pazienti, «indicando la necessità, non più rimandabile, di riconoscere le conseguenze sfavorevoli di elementi come le ondate di calore e l’aumento delle concentrazioni di pollini, sulla qualità di vita delle persone affette da patologie respiratorie, senza limitarsi alla sola salute polmonare».

Anche perché esiste un problema di disuguaglianze sanitarie già molto evidente anche in Paesi ricchi. «Dall’indagine emerge che nelle zone con percepita scarsa qualità dell’aria, come quelle urbane, l’effetto negativo sui sintomi respiratori, sulla salute complessiva e sulla qualità della vita è maggiore che negli altri territori – dice la dirigente di Chiesi –. Ed è anche più evidente il nesso di causalità, riportato da più del 40% degli intervistati, tra fattori climatici e inquinamento atmosferico ». Le esperienze dirette dei pazienti parlano chiaro: le conseguenze del cambiamento climatico incidono in maniera differente sulla popolazione. Proprio per questo, sottolinea Dell’Anna, «c’è la necessità di adottare un approccio sempre più rigoroso quando si tratta, per esempio, di formulare raccomandazioni sulla qualità dell’aria, tenendo conto delle differenze esistenti e delle potenziali disuguaglianze». Così come diventa prioritario «che le politiche ambientali tengano in considerazione quelle sanitarie e viceversa ».

Evidenze che, come emerge dall’indagine dell’Economist Impact, spingono a stimolare la ricerca sul rapporto tra cambiamento climatico, patologie respiratorie e disuguaglianze sociali, partendo dall’esperienza di chi vive con condizioni croniche respiratorie e delle loro comunità. Disuguaglianze che possono investire istruzione, reddito, stato socioeconomico complessivo. « Pensiamo che i responsabili politici debbano considerare che i fattori climatici e quelli socio-economici interagiscono – dichiara Dell’Anna – e possono esercitare un impatto sulla salute e sul benessere generale della popolazione. Come azienda ci impegniamo a promuovere una maggiore comprensione dei determinanti ambientali delle malattie respiratorie e a intraprendere azioni chiare in tal senso». Azioni da non limitare al solo trattamento dei sintomi: « È imprescindibile – riprende Dell’Anna – affrontare le esigenze specifiche di questi pazienti nell’ambito di strategie più ampie di adattamento al clima e di equità sanitaria, incentrate su educazione dell’opinione pubblica sull’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute respiratoria, miglioramento dell’equità di accesso all’assistenza sanitaria e fornitura di un supporto personalizzato alle persone affette da malattie respiratorie durante gli eventi meteorologici estremi».

La ricerca deve giocare un ruolo di primo piano per il futuro di questi pazienti: « Bisogna dare priorità a quelle attività di ricerca che esaminino e continuino a fornire evidenze sull’intersezione tra salute respiratoria e cambiamenti climatici, compresi i rischi specifici e le vulnerabilità per le persone affette da patologie croniche respiratorie, tenendo conto delle prospettive e della percezione dei pazienti». Questo servirà «a definire politiche informate che portino a dei piani d’azione mirati alle specifiche esigenze delle persone affette da queste ma-lattie, nell'ambito di strategie più ampie di adattamento al clima e di equità sanitaria». La strada da seguire, conclude Dell’Anna, va nella direzione di «promuovere e facilitare il dialogo e la collaborazione tra operatori sanitari, esperti ambientali, rappresentanti del mondo dell’industria e delle comunità e gruppi di difesa dei pazienti». Un percorso che «consentirà di formulare politiche per la salute respiratoria sulla base di prospettive diverse e integrate, culturalmente sensibili ed efficaci nel mitigare gli effetti nefasti del cambiamento climatico sulla salute respiratoria. Un grande obiettivo che ci poniamo anche noi di Chiesi».

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