mercoledì 24 aprile 2024
Sono 8,4 milioni le persone che in Gran Bretagna devono fare i conti con il problema dell’abitazione, ma le case popolari non bastano. Sono in netto aumento però gli investimenti etici dei privati
Casa dolce casa: con l'edilizia sociale il Regno prova a restare Unito
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Necessità e opportunità. È il binario lungo cui scorre, sempre più veloce, l’edilizia sociale del Regno Unito, un comparto che aggiunge dinamicità a un mercato immobiliare, come quello britannico, in continua evoluzione. Di case popolari, Oltremanica, ce n’è un gran bisogno. Una ricerca realizzata dall’Università Heriot-Watt per conto della National Housing Federation ha stimato che entro il 2031 dovranno essere costruiti almeno 145mila nuovi alloggi “sociali”. Unità abitative da vendere o affittare, a prezzi contenuti, a famiglie a medio o basso reddito. La previsione si basa su dati ben precisi. Sono 8,4 milioni le persone costrette, oggi, a fare i conti con il problema della casa. Di queste, 3,6 milioni vivono in appartamenti sovraffollati ai limiti dell’abitabilità, 2,5 milioni rischiano di non avere più un tetto sulla testa perché non riescono più a pagare il mutuo o l’affitto, 1,4 milioni si devono accontentare di soluzioni non in linea con i requisiti minimi di sicurezza e salubrità.

La spesa che il governo britannico dovrebbe sopportare per risolvere l’emergenza ammonta a 12,8 miliardi di sterline (circa 15 miliardi di euro) in dieci anni. Una somma enorme, certo, ma necessaria. Gli esperti ritengono che la mancanza di un’offerta immobiliare confortevole ed economicamente accessibile sia uno dei fattori che negli ultimi anni ha inciso sulla fiacca performance economica del Paese. La quotidianità vissuta in ambienti malsani, per esempio, causa malattie che sottraggono personale al mercato del lavoro. La mobilità sociale, ancora, è rallentata dai giovani che non potendosi permettere una casa continuano a dividere il tetto con i genitori. Tendenza che secondo alcuni sociologi innesca potenziali conflitti intergenerazionali. Aumentare la disponibilità di alloggi popolari è importante, infine, per evitare che il problema degeneri in un’ondata di senza tetto più grave di quella in corso.

In un momento di crisi come quella che il Paese sta affrontando, tuttavia, non è facile trovare risorse per l’abitare sociale. Le conclusioni di un dossier realizzato l’anno scorso dall’ufficio studi della Camera dei Comuni segnalavano la necessità di migliorare la collaborazione tra Stato, cooperative e autorità locali per rilanciare nuovi piani di edilizia accessibile. Soluzione che si scontra, però, con la realtà generale di casse a corto di fondi se non addirittura in bancarotta come quelle comunali. È in questo contesto che si inserisce l’intervento dei privati. Il social housing sta intercettando un certo interesse nella piazza finanziaria. L’investimento in questo comparto è considerato a basso rischio, resiliente anche alle crisi economiche, perché la domanda, appunto, è molto alta. Appetibile anche perché in genere abbinati a progetti più ampi di riqualificazione urbana di interi quartieri. L’opportunità di dare un tetto sulla testa al ceto medio-basso contribuendo allo sviluppo della ricchezza della comunità fa il paio, insomma, con un ritorno economico sicuro.

Un’indagine annuale sugli investimenti etici condotta da Big Society Capital ha rilevato che nel 2022 sono stati impegnati in fondi per l’edilizia sociale circa 1,1 miliardi di sterline (1,28 miliardi di euro, il 35% in più rispetto all’anno precedente). Il comparto, mette in evidenza il rapporto, rappresenta il 55% di tutti gli investimenti a impatto sociale. Cifra lievitata in un anno del 18%. L’aumento è ancor più significativo se si tiene a mente che nel 2012 era praticamente zero. Tra i fondi che si sono buttati nel settore ci sono multinazionali del calibro di Blackstone e M&G. Il colosso Man Group, quotato alla Borsa di Londra, ha avviato nel 2022 una collaborazione con l’associazione non Grand Union Housing Group per offrire ai britannici 3.500 nuove soluzioni abitative entro il 2026.

È parte di questo progetto l’affitto a canone agevolato di 79 nuovi appartamenti nel Buckinghamshire destinato a famiglie di lavoratori “chiave” come insegnanti, infermieri e agenti della polizia. Lo scorso 2 febbraio il fondo Legal & General ha annunciato un investimento aggiuntivo di 50 milioni di sterline (che sale a 125 milioni in totale) nel piano affidato a Jigsaw Homes Group per la realizzazione, tra il 2024 e il 2028, di oltre 4mila nuove case a prezzi inferiori a quelli di mercato nelle Midlands nord-occidentali e orientali. Si muove in questo senso anche Patrizia Sustainable Communities che nel Regno Unito ha lanciato un investimento da 115 milioni di euro per lo sviluppo di abitazioni monofamiliari di nuova costruzione (70 a Milton Keynes, 80 a Bishop’s Stortford) sostenibili dal punto di vista sociale ma anche ambientale.

L’urgenza di aumentare in tempi rapidi la disponibilità di abitazioni sociali è al centro del dibattito pubblico. Complice è l’ufficializzazione di un progetto voluto dal principe William, il figlio di re Carlo, che ha dato il via libera alla realizzazione su un terreno di sua proprietà a Nansledan, in Cornovaglia, di 24 appartamenti da dare in affitto a famiglie senza fissa dimora. Il valore dell’iniziativa, condivisa con associazioni e imprenditori locali, è di 3 milioni di sterline (3,5 milioni di euro). Altre sono in cantiere per i prossimi cinque anni. L’obiettivo dell’erede al trono è edificare su tutto il territorio almeno 2.500 nuove case per persone a basso reddito con tanto di spazi comuni per la socialità e la formazione professionale.

Di emergenza abitativa si discute in particolare nei salotti della politica animati dai dibattiti in vista delle elezioni di fine anno. Sono lontani i tempi in cui la premier conservatrice Margaret Thatcher predicava la democrazia fondata sulla proprietà della casa. I Tory sono impegnati, oggi, a smarcarsi dall’accusa dei laburisti di aver tagliato i fondi per l’edilizia sociale del 63% in 14 anni favorendo gli interessi di costruttori votati alla speculazione. Il governo ha finanziato tra il 2022 e il 2023 poco più di 9.500 case popolari. Altre 6mila sono in cantiere. Troppo poche, denunciano le associazioni, considerato che negli ultimi dieci anni i canoni di locazione imposti dal mercato sono più che raddoppiati.

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