mercoledì 17 gennaio 2024
L’esploratore e psichiatra svizzero, autore di imprese mozzafiato, sottolinea la necessità di cambiare visione sulla transizione ecologica: «È un’opportunità sociale ed economica»
Il sorvolo delle Piramidi a bordo dell’aereo solare Solar Impulse

Il sorvolo delle Piramidi a bordo dell’aereo solare Solar Impulse - SolarImpulse, Jean Revillard, Rezo

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«Le soluzioni tecniche per l’ecologia esistono, ma non vengono usate. Mi batto contro questa forte resistenza al cambiamento. Come esploratore, ma anche come psichiatra». Dai vertici economici planetari fino all’ultima Cop28 di Dubai, lo svizzero Bertrand Piccard continua a viaggiare, martellando questo messaggio e cercando d’iniettare dosi d’ottimismo e pragmatismo nella grande sfida della transizione ecologica ed energetica. Reso famoso da memorabili imprese mozzafiato, dal primo giro del mondo in pallone senza scalo fino a quello a bordo dell’aereo solare Solar Impulse, Piccard pilota oggi la fondazione che porta lo stesso nome del velivolo, impegnata nel certificare le migliori soluzioni tecniche ecologiche provenienti dagli inventori e ricercatori del mondo intero, in modo da favorirne la rapida diffusione. «Affrontare i problemi ecologici senza parlare delle soluzioni, come si fa così spesso, genera un sentimento d’impotenza che conduce all’eco-ansia e all’inazione », dice a L’Economia Civile, anche nelle vesti professionali di psichiatra convinto che sia giunto il momento di «passare da una transizione ecologica dei sacrifici e penalizzante alla visione entusiasmante di un’opportunità sociale ed economica».

Selfie di Bertrand Piccard a bordo di Solar Impulse

Selfie di Bertrand Piccard a bordo di Solar Impulse - SolarImpulse, Piccard

Dopo anni d’incontri, conferenze e vertici, continua a sorprenderlo l’assenza cronica di pragmatismo di certi centri di potere: «Tanti Paesi annunciano obiettivi ambiziosi, come raddoppiare l’efficienza energetica, ma non dicono quasi mai con quali mezzi lo faranno. Il nostro ruolo è aiutarli con soluzioni molto concrete. Quando si dice che si raddoppierà l’efficienza energetica, occorre sapere che non si risolverà il problema solo con lampadine led e pompe di calore, perché sono in gioco pure lo spreco alimentare, d’acqua e dei rifiuti che occorrerebbe includere sempre fra le risorse dell’economia circolare. L’efficienza è dappertutto e per questo abbiamo dato la nostra certificazione a 1.600 soluzioni diverse, istituendo pure un’alleanza mondiale delle soluzioni efficienti, con 4.500 membri già pronti a intervenire. Per arrivare agli scopi, meglio promuovere prima i mezzi». Ma Piccard non si schiera dietro a un cieco fideismo tecnologico, diversamente da certi “profeti” dell’hi-tech: « Lungi da un’apologia dell’alta tecnologia, che fa paura a molti, occorre molto più spesso del buon senso, permettendo di diminuire lo spreco d’energia e risorse, modernizzando il nostro mondo per renderlo più efficiente e pulito. Non è in gioco solo il clima, ma anche la nostra qualità di vita». Il campionario certificato dalla Fondazione Solar Impulse assomiglia a un’odierna caverna di Ali Babà della sostenibilità: cementi leggeri, sistemi innovativi di recupero d’acqua piovana, vetro a basso tasso di carbonio, docce che recuperano il calore, tegole fotovoltaiche, sistemi efficienti d’illuminazione urbana e tanto altro ancora.

Piccard osserva che il mondo della ricerca applicata conosce fermenti senza precedenti: «Ciò che dà speranza è la volontà tenace di tante imprese d’introdurre nuove soluzioni nel mercato». Ma per questi innovatori, la strada non è spianata: «Ci sono inventori geniali che seguiamo da tempo e che si ritrovano sull’orlo del fallimento, per via dell’assenza d’incentivi politici e fiscali per adottare le loro soluzioni. Tante amministrazioni, paradossalmente, continuano a favorire vecchi sistemi inquinanti. Per noi, è orribilmente frustrante vedere tutto ciò che non viene adottato. È come veder morire di sete qualcuno che ha accanto una fonte di acqua fresca». Ma allora, perché tanta inerzia? «C’è innanzitutto un deficit d’informazione, argomenta il celebre esploratore, nominato “campione della Terra” dell’Onu. Fra i costruttori, quanti conoscono oggi i nuovi sistemi per risparmiare cemento e acciaio? È difficile impegnarsi quando non si sa come fare. Siamo qui per questo». Ma non di rado, osserva Piccard, l’immobilismo contagia una lunga serie d’istituzioni: «Occorre un contesto politico- economico che permetta alle soluzioni di diffondersi. Paradossalmente, un progetto di centrale a carbone viene ancor oggi ben visto da tante banche, che sanno di avere a che fare con un unico cliente, rispetto alle soluzioni di decentralizzazione energetica, come il fotovoltaico diffuso.

Occorrerebbe dunque incentivare il microcredito energetico, su progetti più piccoli, creatori pure di nuovi posti di lavoro. Questo è molto vero anche nei Paesi poveri. Penso ad esempio alle micro-reti elettriche trasportabili via container. Il container arriva e si elettrifica subito un villaggio». Un cambio di passo è sempre possibile, come Piccard ha già constatato in prima persona: «Certi Paesi fanno balzi da gigante, come il Marocco, che in pochi anni potrebbe raggiungere il 50% di energia da rinnovabili, fra centrali solari e pale eoliche. Così pure la Scandinavia, o la Grecia, con intere isole elettrificate, una dopo l’altra, o ancora il Portogallo, che ha oggi l’energia solare meno cara al mondo». Per lo psichiatra, poi, molto temibili sono pure certi ostacoli invisibili: « Dire di fare diversamente a chi ha fatto sempre allo stesso modo è difficilissimo. Per questo, sono giunto alla conclusione che le più grandi difficoltà in campo ecologico riguardano in realtà la psicologia umana. Tanti non sono semplicemente capaci di fare altro. Mi fa pensare alla frase di Einstein, secondo cui la follia è fare sempre lo stesso sperando di ottenere altro. Da una Cop all’altra, in effetti, mi accorgo che la follia del mondo è proprio di questa natura».

Proprio per questo, la fondazione di Piccard lavora ormai pure alla diffusione di un nuovo “vocabolario” capace di facilitare il cambiamento: «In occasione della Cop, è uscito il nostro documento intitolato New climate narrative. Si tratta d’inquadrare le questioni diversamente: certe parole spaventano e vanno sostituite. Dovremmo usare “modernizzare”, al posto di “decarbonare”; parlare di “investimento redditizio”, al posto di “spesa ingente”. Occorre far comprendere che si stanno schiudendo interi orizzonti per gli affari, con sorprendenti opportunità economiche. Ci sono insomma tutti gli ingredienti per motivare l’industria, la finanza e la politica. Smettiamola di essere divisivi con l’ecologia. Mostriamo, invece, che c’è un vasto denominatore comune per tutti gli interessi».

Fra le parole problematiche e controproducenti, figura anche “decrescita”, sostiene Piccard: «I promotori della decrescita hanno una filosofia forse giusta in sé. Ma si tratta di un argomento che in realtà rallenta la transizione energetica, creando forti resistenze nel mondo economico, politico, finanziario e industriale. La gente non vuole la decrescita. La gente vuole qualcosa di migliore, non qualcosa in meno. Al posto di parlare di decrescita, si parli di efficienza, ovvero fare meglio con meno, mentre decrescita significa far meno con meno. Occorre scegliere la strada e un linguaggio per convincere chi decide. Se si arriva alla Cop parlando di decrescita, proprio nessuno si mette ad ascoltare e non si ottiene mai nulla».

Fra i promotori del cambiamento, Piccard cita anche i giovani, invitandoli al contempo al pragmatismo: « Mi piacerebbe vederli gridare in strada molto più spesso “Soluzioni, soluzioni!” e non solo “Problema, problema!”. Inoltre, sono ancora troppo pochi quelli che scelgono mestieri utili per il cambiamento climatico: spesso dei lavori manuali e tecnici. Oggi, occorrono installatori del fotovoltaico e delle altre rinnovabili, così come chi è in grado d’isolare gli edifici. Non c’è sufficiente manodopera nei nuovi mestieri ecologici. Eppure, saranno questi tecnici a salvare il mondo, più che le grandi teorie. Intendiamoci, occorre fare una rivoluzione, ma resto convinto che si può farla in modo pacifico e federatore».

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