venerdì 22 marzo 2024
Padre Giacomo D’Orta racconta come al fondatore, san Francesco di Paola, venne l’idea di chiedere ai suoi religiosi di astenersi sempre dalle carni. «Un modo per riscoprire il primato di Dio su tutto»
Nella fotoa fianco il dipinto di Francesco Cozza (1640-41) “Il Crocifisso e san Francesco di Paola” nella Basilica di Sant’Andrea delle Fratte a Roma

Nella fotoa fianco il dipinto di Francesco Cozza (1640-41) “Il Crocifisso e san Francesco di Paola” nella Basilica di Sant’Andrea delle Fratte a Roma - .

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Vivere e gustare il tempo della Quaresima come un passaggio verso la Pasqua e quindi la Risurrezione ma soprattutto accettare questo periodo liturgicamente forte dell’anno come una regola perenne di vita da custodire e sperimentare ogni giorno della propria esistenza terrena. È quanto propongono nel loro stile di apostolato molto specifico i figli spirituali dell’eremita calabrese san Francesco di Paola (1416-1507), i frati minimi, che, oltre ai tradizionali tre voti di obbedienza, povertà e castità, ne professano un quarto: quello di vita quaresimale. Fu infatti il grande frate taumaturgo Francesco di Paola a ispirare questa regola proprio perché voleva che i suoi figli vivessero il loro ministero di semplici religiosi come se tutti giorni fosse, in un certo senso, Quaresima. Un quarto voto quello dei frati minimi che ci può aiutare in questa ultima parte di Quaresima prima della Pasqua a scoprire il senso di questi quaranta giorni di deserto e di distacco dalle tentazioni terrene, simili a quelle sperimentate da Gesù, come un autentico «digiuno dal mondo», per citare il predicatore della Casa Pontificia, il frate minore cappuccino il cardinale Raniero Cantalamessa.

Ed è la stessa regola di questi religiosi a spiegarci il senso di questo quarto voto: «Tutti i frati di quest’Ordine si asterranno completamente dai cibi di carne e nel regime quaresimale faranno frutti degni di penitenza sì da evitare del tutto le carni e quanto da esse proviene». Un voto speciale, dunque, che ci può aiutare a comprendere meglio il significato del tempo di preparazione alla Pasqua, come spiega il frate minimo, di origini napoletane, Giacomo Maria D’Orta, classe 1983 che da alcuni anni è parroco della centralissima Basilica a Roma di Sant’Andrea delle Fratte, conosciuto anche come il Santuario della Madonna del Miracolo (dove i minimi sono presenti dal 1585), nel rione Colonna, a pochi passi da Piazza di Spagna. «Si tratta per noi di un voto – spiega il religioso – che fa parte del dna della nostra regola e che ci fa gustare la Quaresima come un momento ordinario e feriale della nostra vita di frati. Infatti, per noi questo quarto voto non è solo la rinuncia perpetua alle carni (salvo casi di malattia) ma ci invita a sperimentare un’autentica “vita quaresimale” per attuare prima di tutto dentro di noi un’autentica conversione del cuore per aderire sempre di più alla volontà di Dio». E aggiunge un dettaglio a questo proposito: «Questo voto speciale è in fondo una realtà che investe l’esistenza stessa di noi frati. Ed è un richiamo ai valori della penitenza e del digiuno». Una regola di vita religiosa quella dei frati minimi, dunque, all’insegna dell’esperienza quaresimale dove al centro c’è il digiuno, vissuto con particolare rigore e sobrietà nei giorni di mercoledì e venerdì, la preghiera, la rinuncia alle cose non necessarie «fatta in nome di Dio in modo armonico» e non solo.

«Il digiuno che noi sperimentiamo nasce da un desiderio quello di convertire i nostri cuori a Dio per essere veramente “affamati” della Parola del Signore». E annota: «La peculiarità di questo voto è percepito da noi in perfetta continuità con i ministeri della Confessione e della predicazione perché entrambi rappresentano i migliori strumenti per far avvicinare a Dio i fedeli a noi affidati attraverso i Sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia al Signore e far così scoprire loro il suo amore per ognuno di noi». Un voto quello quaresimale che ha come scopo principale, dunque, quello di far affiorare nella vita di ciascuno il primato di Dio. «È certamente così – è l’argomentazione del religioso – proprio come recita il motto del nostro Ordine mendicante che è Charitas che per noi rappresenta, in fondo, un invito alla conversione perenne e rivolgere soprattutto il nostro sguardo a un particolare aspetto della vita di Gesù: quello del Cristo penitente».

Padre Giacomo Maria D’Orta

Padre Giacomo Maria D’Orta - .

Padre D’Orta nel suo ragionamento mette in guardia dal rischio di vivere il digiuno dalle carni – che la Chiesa e la Tradizione suggerisce e prescrive di praticare a tutti battezzati, in buona salute, in modo particolare nei mercoledì e venerdì di Quaresima – come qualcosa per essere in sintonia con la mentalità corrente. «Con tutto il rispetto per i vegani il nostro digiuno nasce soprattutto dagli insegnamenti penitenziali del nostro fondatore e dalla dottrina cattolica. Cerchiamo attraverso questa pratica di astinenza di avvicinarci a un’autentica imitazione di Gesù penitente nel deserto che è il modello del nostro agire». E aggiunge un particolare sul tempo liturgicamente forte che stiamo vivendo: «Nella nostra esperienza di vita quaresimale, guardiamo con particolare attenzione ad alcuni momenti della vita di Gesù, specialmente all’episodio delle tentazioni da lui subite nel deserto e penso in particolare al versetto di Marco 1,15, col quale ben si descrivono il patrimonio e gli obiettivi del nostro carisma: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”. Questo versetto del Vangelo rappresenta, a mio modo di vedere, quasi un monito a una conversione perenne a Dio poggiando il nostro sguardo già verso la Pasqua».

Un tempo liturgicamente forte in cui possiamo scoprirci dunque credenti, testimoni della Parola di Dio e del suo annuncio ma anche capaci di piccole rinunce, ad esempio ai social, alla tv o alle troppe distrazioni causate dal web. «Io stesso ho vissuto la mia vocazione tra i frati minimi armonicamente con un tutt’uno, quasi un unicum, con i quattro voti da me professati, castità, povertà, obbedienza e quello di vita quaresimale. Penso che tutti noi possiamo assaporare in questo periodo il bello dell’essenziale che, in fondo, è Dio stesso. Una volta che si incontra il Signore questo ci basta e non andiamo in cerca di altri diversivi o eccessi». Un suo augurio finale? «Quello che ripeto in fondo a me stesso, ogni giorno, cioè che il nostro cuore possa incontrare il Signore, riempirsi di lui anche nelle cose più essenziali. Proprio come ci indica il tempo forte della Quaresima».

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