sabato 13 aprile 2024
Al Pordenone Docs Fest presentato il docufilm “Mourning in Lod” girato durante la crisi del 2021. La regista Medalia: «Ho finito il film 6 mesi prima del 7 ottobre. Hamas ha ucciso un nostro tecnico»
A destra la palestinese Marwa, fra le protagonista del documentario "Mourning in Lod" di Hilla Medalia

A destra la palestinese Marwa, fra le protagonista del documentario "Mourning in Lod" di Hilla Medalia

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Una storia incredibile ma vera, la forza di tre donne di tre fedi diverse nel raggiungere la pace in Israele a partire dalle loro famiglie. Appassiona e commuove più di un film il documentario Mourning in Lod (“Lutto a Lod”) della regista e produttrice israeliana Hilla Medalia, nominata agli Emmy per quattro volte. Un lavoro che è stato girato durante la crisi in Israele del 2021, ma che oggi è ancor più attuale. Il film è stato presentato ieri sera in anteprima italiana al “Pordenone Docs Fest – Le voci del documentario”, che si conclude domani, dopo una intensa cinque giorni in cui sono stati presentati 65 racconti verità da tutto il mondo.

Il Festival è un’iniziativa di Cinemazero e quest’anno spinge ancora di più sui diritti umani, attraverso la scelta etica di rinunciare agli sponsor commerciali, sostenuto solo da figure istituzionali e organizzazioni umanitarie. Pordenone diventa la capitale italiana del documentario civile, ospitando incontri con registi, attori, testimonial e attivisti come l’economista ucraina Oleksandra Romantsowa, direttrice della ong Center for Civil Liberties, Premio Nobel per la Pace 2022, e la giovane Mediha Ibrahim Alhamad, ragazza yazida rapita dal Daesh a 10 anni per diventare una schiava sessuale che ha ricevuto il premio “Il coraggio delle immagini” facendo commuovere la platea del Cinemazero.

Come ha commosso ieri Mourning in Lod che segue il destino di tre famiglie israeliane e palestinesi intrecciate da un intenso ciclo di violenza nella città “mista” arabo-ebraica di Lod, a metà strada fra Tel Aviv e Gerusalemme. Nel raffigurare la complessa miscela di rabbia, dolore, amore e perdono che si dispiega, il film dà voce al dolore e alla perdita delle vittime del conflitto e osa immaginare un futuro diverso per la regione, fondato nella riconciliazione e nella speranza. Protagoniste le donne che raccontano le loro vite stravolte anche attraverso filmati di famiglia. A iniziare a parlare è Marwa, vedova di Moussa Hassouna, un tranquillo padre di famiglia che abitava a Lod con lei e la loro bambina Mila. Durante le rivolte alla fine del Ramadan, all’alba del 10 maggio 2021 Moussa mentre sta tornando a casa si ritrova nel caos e viene ucciso a bruciapelo con un colpo di pistola da un colono israeliano. Il giorno dopo scoppiano, nel suo nome, scontri sanguinosi in cui muore Yigal Yehoshua, un ebreo israeliano colpito in testa da una pietra da alcuni ragazzi arabi mentre sta rientrando a casa in auto da moglie e figlio. È la moglie Ira ricorda come il marito Yigal, un elettricista ebreo originario di Lod dove lavorava ed aveva amici musulmani, fosse da sempre dalla parte del dialogo e della pace. Dopo la morte avvenuta dopo 6 giorni di agonia, la sofferta e generosa decisione della famiglia di donare i suoi organi. Il rene di Yigal viene impiantato nel corpo di Randa Oweis una palestinese cattolica di Gerusalemme Est, la cui storia di rinascita viene raccontata dalla figlia, come la decisione di incontrare la vedova del donatore, affrontando e sfidando i pregiudizi delle due comunità. Perché la regista Hilla Medalia, «il rene di un ebreo israeliano che salva la vita a una donna palestinese non è una cosa scontata dalle nostre parti, anzi, è un gesto di pace importantissimo». Al tempo stesso il fratello di Yigal incontra il padre di Moussa in cerca ambedue di giustizia promuovendo però il dialogo. Tre famiglie quelle di Ira, Marwa e Randa che hanno instaurato un rapporto costante, tanto da essersi presentate in insieme alle varie proiezioni del documentario.

Randa, palestinese cattolica fra le protagoniste del doc 'Mournin in Lod'

Randa, palestinese cattolica fra le protagoniste del doc "Mournin in Lod" - undefined

«Ho finito Mourning in Lod sei mesi prima dell'inizio della guerra in corso. A quel tempo, sembrava che noi stessimo documentando quello che è stato il momento peggiore della crisi israelo-palestinese degli ultimi vent’anni, ma non è così – ci spiega la regista Medalia che vive a Tel Aviv -. Ma guardando indietro ora, mi rendo conto che era prevedibile. Perché i problemi che non vengono mai affrontati, possono solo peggiorare». Il dramma della guerra ha toccato anche lo staff del film. «Gli ultimi mesi sono stati dolorosi – aggiunge -. Tra le migliaia di israeliani e decine di migliaia di palestinesi che hanno perso la vita, noi abbiamo perso il sound designer di Mourning in Lod, Lior Weitzman, assassinato da Hamas il 7 ottobre mentre stava andando in bicicletta. E non abbiamo più notizie del nostro traduttore arabo che vive a Gaza, il suo telefono non risponde più e siamo molto preoccupati. Questa guerra non fa che amplificare l’odio».

Hilla Medalia, quando si sente senza speranza, torna a una breve conversazione video registrata 18 mesi dopo l'omicidio dei mariti delle donne nel film. «Era una discussione su come, sulla scia della loro perdita collettiva, Ira e Marwa sono in grado di rimanere forti e modellare la “vita” per i loro figli e, soprattutto, immaginare e concepire il proprio futuro senza odio o violenza al centro. I loro mariti, Moussa e Yigal, entrambi condividevano la convinzione che la pace e la convivenza fossero l’unica via da seguire. E adesso è la loro». Sono le donne al centro di un film diretto da una donna: «Le donne non hanno paura di mostrare compassione verso gli altri – spiega la regista -. Hanno preso la decisione, a dispetto della rabbia e del dolore, di scegliere un altro modo di reagire. Le donne scelgono la vita, scelgono di vivere insieme, nonostante abbiano sofferto profondamente. Ed io da loro ho imparato moltissimo».

E ad un’altra donna sarà dedicato il suo prossimo documentario. «Sto girando un lavoro su Vivian Silver, pacifista canadese naturalizzata israeliana e attivista per i diritti delle donne, fondatrice dell’organizzazione Women Wage Peace, uccisa il 7 ottobre 2023 in seguito all’invasione del su kibbutz da parte di Hamas. I suoi resti sono stati ritrovati dopo 38 giorni nella sua casa bruciata e riconosciuti solo grazie all’indagine del Dna. È importante dare sempre più voce alle donne per la pace, e puntare la luce su quello che di buono si può fare». Oggi che succede? La produttrice Rotem Heyman, che lavora nella società della Medalia, qui a Pordenone ci confessa: «Sono sei mesi che non rientro in Israele anche se potrei farlo. Per me è stato uno choc, io conosco tante persone che sono state uccise nell’attacco del 7 ottobre, c’è un circolo di violenza nel Paese in cui vivo da sempre. Noi produciamo sia per la tv israeliana sia per la tv palestinese, e il cinema come la musica e l’arte, possono essere un ponte di dialogo. Ed è quello che mi spinge a continuare a lavorare e a promuovere all’estero Mourning in Lod. Non vogliano nascondere che crediamo nella pace, nei diritti umani e in una vita migliore nel Medio Oriente».

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