lunedì 29 aprile 2024
Nuovi ritrovamenti sembrano confermare questa tesi che ha preso consistenza a partire dal 1929. Scrittori come Tacito e Svetonio ponevano il luogo della sua morte vicino a Nola
Villa Augustea a Somma Vesuviana, vicino a Nola

Villa Augustea a Somma Vesuviana, vicino a Nola - Ministero della Cultura

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La Villa Augustea a Somma Vesuviana, all'interno della Città metropolitana di Napoli, è stata davvero una delle domus di prestigio di Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, primo imperatore di Roma, dove addirittura ne è morto nel 14 dopo Cristo? A riguardano sembrano esserci nuove conferme grazie a dei recenti ritrovamenti ottenuti in una campagna di scavo e di studio condotta dall'Università di Tokio, iniziata nel 2002. Gli archeologi giapponesi hanno fatto infatti rinvenuto una nuova porzione della domus già individuata, per caso, da un contadino nel suo campo nel 1929. Il manufatto, con le sue decorazioni e le sue testimonianze conservate risponderebbe alle descrizioni fatte da scrittori romani come Tacito, Svetonio e Dione Cassio.

Già nel 1929 gli archeologi si misero al lavoro scavando nel sito per rivelare una villa stravagante che suggeriva fortemente di essere la residenza di Augusto, soprattutto per alcuni ornamenti dal chiaro gusto ellenico ed orientale. Dal primo scavo archeologico, effettuato su un’area di 30 metri furono riportati alla luce una parete, la parte di un porticato, una colonna e la testa di una statua. Le prime supposizioni, molto affrettate, stabilirono che si trattava di un edificio romano, distrutto dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., e che la statua rinvenuta era quella dell’Augusto perché, stando alle testimonianze di Tacito e di Svetonio, il nobile discendente della famiglia degli Ottavi – i cui possedimenti si trovavano ad Ottaviano, cittadina non molto distante da Somma – doveva essere morto nei pressi di Nola e quindi lì.

Non se ne fece più nulla fino al 2002 con l’arrivo delle campagne di scavo da parte della missione archeologica dell’Università di Tokyo. Gli studenti giapponesi, inizialmente interessati a Pompei, ma grazie al professor Antonio De Simone dell’Università “Suor Orsola Benincasa” cambiarono rotta e accettarono la proposta di iniziare gli scavi proprio dal punto esatto in cui si era partiti gli studiosi italiani 70 anni prima approfondendo il quesito archeologico riguardante l'ultima di dimora, quella in cui morì, di Augusto imperatore. Un altro fatto importante è che usualmente gli scavi interessano il lato sud del vulcano, dove si trovano Ercolano e Pompei, e non il lato nord come in questo caso. Un dato significativo che emerse è che la villa, a pianta esagonale, fu seppellita dall’eruzione del 472 d.C., la cosiddetta “eruzione di Pollena”. E la statua rinvenuta, in prima battuta attribuita ad Augusto era in realtà di Dioniso, il dio Bacco dei Romani, perché portava in braccio un cucciolo di pantera, animale simbolo di questa divinità.

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