mercoledì 22 febbraio 2012
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​Philippe ha barba lunga ed è paraplegico, Driss è di colore e ha uno sguardo malandrino. I due hanno fatto una bravata e quando la polizia li ferma nel cuore della notte inscenano una discutibile commedia: l’uno si finge in crisi e sbava, l’altro il buon badante che lo sta accompagnando all’ospedale. Tutto falso, molto urticante. Questa scena iniziale di Quasi amici - Intouchables rischia di disorientare chi è veramente malato e non dispone di un patrimonio milionario come Philippe. Poi le cose cambiano quando si scopre come questi due personaggi diversamente emarginati, per la disabilità fisica e per la condizione sociale, si sono conosciuti e hanno tentato, pur rimanendo intoccabili come le loro vite e i loro caratteri, di aiutarsi.Fatti veri: l’uno è Philippe Pozzo di Borgo, che per una caduta in parapendio rimane immobilizzato a vita dal collo in giù e scrive le sue memorie dal titolo esplicito, Il diavolo custode; l’altro è Abdel, magrebino nullafacente nella banlieue, che cercava lavoro e inaspettatamente lo trova. Due registi francesi sbarazzini, Eric Toledano e Olivier Nakache, ne fanno un film diventa uno dei successi più inaspettati e clamorosi del cinema francese: 20 milioni di spettatori a oggi e 170 milioni di euro d’incasso. Effetti simili in altri paesi d’Europa, in attesa delle reazioni italiane che si conosceranno a partire da venerdì prossimo, quando il film uscirà con Medusa in 300 copie.Malattia in commedia, senza derisione e con spiazzante canzonatura: l’improvvisato badante sconquassa le regole della psicologia e della medicina, il ricco handicappato scopre in lui qualcuno che, come dice, finalmente gli stia vicino non per pietà, perché non gli serve e non sarebbe sincera, ma per insufflare in quel corpo immobile una nuova gioia di vivere. Sembra esserci riuscito, come scrive il vero Philippe a conclusione delle sue memorie, quando confida alla figlia: «Com’è pazza la vita! E quanto è bella!». Detto da lui, il film potrebbe sortire analoghi effetti sui malati. Ne sono convinti i registi: «La reazione dei portatori di handicap in Francia – confida Toledano – era la cosa che temevamo di più. Non ce l’aspettavamo così calorosa e forte. Ci hanno detto unanimemente: "erano tanti anni che aspettavamo un film che permettesse al pubblico di ridere di noi". Un aiuto enorme per l’integrazione. Dalle reazioni suscitate nel nostro Paese sappiamo di avere toccato una corda molto sensibile della società e di averlo fatto in una forma giusta».Il rapporto tra Philippe e Driss, interpretati da François Cluzet e Omar Sy in grande sintonia, non risparmia caustiche battute, corse sulla sedia a rotelle, momenti di irresistibile ilarità che abbattono vorticosamente il muro del pregiudizio, del perbenismo borghese, dei clichés sociali. Certo la storia non fa leva sulla compassione né sulla carità, ma sulla innaturale solidarietà tra i due, che ha sortito effetti positivi nella realtà: Philippe ha accantonato l’idea della morte, che forse cercava, e oggi vive in Marocco, mentre Abdel-Driss ha accettato una vita onesta e integrata nella società. Per questo Olivier Nakache si dice molto soddisfatto: «È un tema difficile, lo abbiamo affrontato in modo diretto e moderno, con umorismo politicamente scorretto, ma senza la volontà di deridere queste condizioni così dolorose». Gli americani sono già all’opera per farne un remake - anche gli italiani, ma ci vorrà tempo - e hanno comprato i diritti. Mentre brucia ancora l’accusa di razzismo lanciata in settembre dalla rivista Variety. Eric controbatte seccato: «Hanno sollevato critiche ancor prima che il film uscisse. È stata una provocazione idiota e un’esagerazione inutile, dettata dall’egocentrismo americano».
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