martedì 30 aprile 2024
La cantante nelle due serate omaggio, al Teatro Arcimboldi, ha ammaliato anche la senatrice Liliana Segre: concerto da standing ovation Uno spettacolo emozionante pieno di musica e poesia
La cantante milanese Ornella Vanoni in concerto al Teatro Arcimboldi di Milano

La cantante milanese Ornella Vanoni in concerto al Teatro Arcimboldi di Milano - foto di Francesco Prandoni

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«Musica, musica, sa di piacere sa…». Potrebbe star chiusa tutta in questo verso, scritto per lei dal suo poeta di riferimento, Gino Paoli, Una lunga storia d’amore tra la musica e la signora della canzone italiana, Ornella Vanoni. Una storia Senza fine, titolo delle due serate omaggio milanesi, poi proseguiranno a Roma, il 6 giugno nello scenario imperiale delle Terme di Caracalla. Storia di una passione cominciata nel 1956, da una ventenne che con la La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria sta ancora lì, sul palco. E in tutto questo tempo non è mai sparita dai radar del cantar leggero, non ha mai fatto la Mina vagante e alla soglia delle 90 primavere, che sbocceranno il prossimo 22 settembre, è ancora mattatrice assoluta. Canta, e a modo suo balla, ancheggiando elegante nel tutù che gli ha disegnato l’amico “re della moda”, Giorgio Armani. Solfeggia con quel fiato che conserva come un buon vino d’annata per le serate importanti, e racconta in musica più di mezzo secolo di emozioni, gioie ubriacanti e antiche tristezze. Queste spazzate via, grazie al consenso della critica e all’amore incondizionato del pubblico che ne ha fatta un’icona intercontinentale («la più amata dai brasiliani» e non solo).

Un fenomeno da 55 milioni di dischi nel mondo

Un fenomeno da oltre 100 album pubblicati e 55 milioni di dischi venduti nel mondo. Anche questa è l’Ornella dai capelli rossi. E ne ha fatta di strada la ragazza delle canzoni della mala milanese, musa ispiratrice del vate teatrale Giorgio Strehler. Due notti da ricordare al Teatro Arcimboldi, e lì dove un tempo sciamavano all’alba gli operai della Pirelli, dopo il tramont, (sabato e domenica) si è presentata simbolicamente in tuta gold , quella di Mahmood, uno dei tanti giovani ospiti del recital (da Emma a Calcutta), e a piedi nudi. E il suo popolo, quello meneghino l’ha omaggiata trattandola da regina delle nostre interpreti. In platea c’era tutta quella Milano che l’ha vista nascere e volare leggera, scalando classifiche con quella musica che gli ha spalancato le braccia dell’Eternità. Tra il pubblico incantato, discreta come sempre una quasi coetanea dell’Ornella, la senatrice a vita Liliana Segre , nata anche lei di settembre (il 10) del 1930. La Vanoni canta con quel timbro unico, come uno strumento nasale. E il naso che sgocciola e la tormenta quanto le scarpe ( «non le metto più per evitare di cadere sempre») gli dà spunti da Gogol e siparietti alla Sandra Mondaini. Diverte divertita, usando, nel finale, come suo Raimondo (Vianello) l’altro paroliere di sempre, Mario Lavezzi. Dopo Paoli, le più belle canzoni d’amore glie le ha scritte lui (splendida Perduto), il Mario che l’Ornella considera «famiglia». L’incantatrice scalza ha fatto innamorare generazioni, mettendo al centro di ogni storia il ruolo fondamentale della donna, che non è mai una comprimaria dell’uomo e tanto meno una sconfitta, anche quando rimane da sola.

La grinta scanzonata di una interprete di classe

La Vanoni, con grinta, scanzonata e sempre sul pezzo è rimasta quella di Ah! L’amore l’amore, quante cose fa fare l’amore! recital che nel 1971 andò in scena al Teatro Lirico di Milano consacrandola messaggera della nostra canzone d’autore. I primi ad accorgersene furono i francesi che in quel tempio poetico dell’Olympia di Parigi prima gli contestarono l’interpretazione di Albergo a ore della loro eroina nazionale Edith Piaf, ma poi la salutarono con una clamorosa ovazione. La stessa standing ovation che gli ha tributato la sua Milano che non poteva mancare a L’appuntamento. Del resto lei agli appuntamenti è sempre arrivata in anticipo, da pioniera. Per prima ha cantato i poeti brasiliani, Chico Buarque, Vinicius de Moraes, contagiata dalla vitalità e le traduzioni del nostro sommo Giuseppe Ungaretti, con il quale il critico musicale Walter Mauro giurò di «averla vista ballare la samba». Due ore di musica, a tratti ribelle, proposta in tutte le declinazioni, dalla bossa, alla canzone napoletana ( « Tu sì ‘na cosa grande... Mimmo Modugno, si canta troppo poco») fino alla disco (con Ditonella piaga) e per di più suonata con assoli dei virtuosi Paolo Fresu («la tromba della mia vita, non ho potuto avere Chet Baker, ma ho lui») e il bandoneon, raro ed eccelso, di Daniele Di Bonaventura. Ma non dimentichiamo gli altri musicisti di spessore che l’accompagneranno ancora: Fabio Valdemarin (piano), Marco Zanoni (tastiere), Giovanna Famulari (violoncello), Federico Malaman (basso), Riccardo Bertuzzi (chitarra) e Stefano Pisetta (batteria). Una notte tenera e malinconica per l’Ornella, ma anche irrequieta e incandescente, come tutta la parabola, anche artistica, di questa donna che ha sempre viaggiato su binari paralleli, alla continua ricerca di un abbraccio. E non è un caso che abbia scelto proprio quella poesia, La magia di un abbraccio di Pablo Neruda per salutare, uno per uno, tutti quei vecchi e giovani amici che l’hanno seguita nel suo viaggio. Il viaggio che è la vita, che ha spesso «quel gusto un po’ amaro» di Sapore di sale o momenti da Un sorriso dentro il pianto, brano che ha scritto apposta per lei quell’affabulatore romantico di Francesco Gabbani. Attimi da Senza fine in cui fa rivivere Lucio Dalla che gli regalò un arrangiamento jazzato, ricambiato da Vita nella versione originale scritta per Dalla-Morandi da Mario Lavezzi che duetta felice con la sua Ornella.

L'omaggio agli amici artisti ingiustamente dimenticati

Il più bel duetto però è stato quello con Elisa, a rendere omaggio a un’altra grande interprete come Mia Martini con il brano capolavoro Almeno tu nell’universo. Canzone che scrisse Bruno Lauzi (con Maurizio Fabrizio) uno dei poeti prestati alla musica ingiustamente dimenticati, come Sergio Endrigo che la Vanoni abbraccia e stringe forte dedicandogli una versione struggente di Io che amo solo te. Viene un po’ di tristezza al pensiero che Lauzi e Endrigo, ma anche la stessa Mia Martini, così come Umberto Bindi e Franco Califano (i duetti anni ‘70 con la Vanoni da vedere su Youtube) siano volati via nell’indifferenza di un Paese senza memoria, se non quella televisiva, ma del giorno prima. Ed è anche grazie alla presenza domenicale della Vanoni a Che tempo che fa (sul Nove) che a seguire ancora l’Ornella non ci sono solo i nostalgici e i boomers del secolo scorso, ma anche qualche millennial che per una notte ha sognato con l’eterna Ornella.

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