giovedì 11 settembre 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Quella di Oscar Pistorius è una vita complicata, fatta di successi e di momenti dolorosi. Sportivo speciale, fenomeno dell'atletica leggera paralimpica, poi caso limite delle gare per normodotati: con il mondo dello sport a dividersi sull'argomento. Poi la terribile vicenda dell'omicidio della sua fidanzata: colposo o volontario? Anche stavolta l'opinione pubblica mondiale si è spaccata. In attesa della sentenza finale. Nato a Johannesburg nel 1986 l'atleta sudafricano inizia la sua personale sfida contro il destino quando non ha nemmeno un anno. Una grave malformazione alle gambe (era nato senza peroni) lo costringe all'età di 11 mesi a subire l'amputazione di entrambi gli arti inferiori. Nonostante l'handicap, però, non si perde d'animo e mentre frequenta il liceo di Pretoria gareggia nel rugby e nel water polo. Lo sport diventa, così, la sua ragione di vita. Dopo che una lesione al ginocchio lo costringe a cambiare disciplina, Pistorius si avvicina all'atletica leggera, prima per riabilitazione poi per scelta. Dopo tanta strada e tanti sacrifici, arriva il primo grande appuntamento: le Paralimpiadi di Atene nel 2004. In Grecia si presenta da semi-sconosciuto con delle particolari protesi in fibra di carbonio. Arriva terzo nei cento metri e vince l'oro nei duecento e da quel momento la sua carriera sarà un susseguirsi di record e primati. Nel 2005, al Gran gala di atletica a Helsinki, diventa il primo atleta paralimpico a competere con i normodotati in una gara ufficiale e due anni dopo arriva il record nei 200 metri. L'uomo bionico, Blade Runner, l'uomo più veloce senza gambe: i soprannomi per la nuova stella dell'atletica si sprecano. Conquistati i primi successi, il sudafricano esprime il proprio desiderio di voler competere con i normodotati e l'obiettivo sono le Olimpiadi di Pechino 2008. A questo punto, però, inizia una controversia infinita sulle sue protesi d'acciaio destinata a riempire le pagine di tutti i giornali e che, alla fine, spinge la federazione internazionale a respingere la sua richiesta. "Ne può trarre vantaggio rispetto agli altri atleti" è la motivazione della Iaaf. Le sue gambe tecnologicamente modificate diventano così lo scoglio su cui si infrangono tutti i sogni. Ma pochi mesi dopo, a sorpresa, arriva il dietrofront: il Tribunale arbitrale dello sport si pronuncia a favore di Pistorius precisando che non esistono elementi scientifici sufficienti per dimostrare il suo vantaggio dall'uso delle protesi". Un'altra vittoria, che si rivelerà inutile, perché Pistorius fallisce le qualificazioni e non realizza il tempo minimo per partecipare ai Giochi. A Pechino però, alle Paralimpiadi fa comunque il pieno di vittorie e vince l'oro nei 100, 200 e 400 metri. Nel frattempo continua la sua battaglia per gareggiare con i normodotati. E il sogno alla fine lo realizza. Nel 2012 ottiene sui 400 metri il minimo valido per la partecipazione ai Giochi olimpici di Londra, e la sua federazione decide di convocarlo sia per la prova individuale sia per la staffetta. Un passo che lo iscrive di diritto nella storia dello sport, diventando il primo atleta paralimpico a partecipare alle Olimpiadi. Londra però si rivelerà per lui avara di soddisfazioni: arriva fino alla semifinale ma si piazza ottavo e viene eliminato. Intanto la sua popolarità è schizzata alle stelle. Strappa compensi milionari alle aziende, la Nike lo sceglie come testimonial. A chi gli chiede come ci si sente ad essere una fonte d'ispirazione risponde: "È una responsabilità, perché non è facile far capire alle persone che se t'impegni puoi conquistare tutto". Ma per lui, forse, il 'tuttò non è abbastanza. A febbraio 2013 il mito crolla e si spegne quel sorriso fin troppo marcato che Pistorius aveva sempre mostrato al mondo. L'atleta viene arrestato dalla polizia di Pretoria con un'accusa terribile: quella di aver ucciso la propria fidanzata, la modella trentenne Reeva Steenkamp. Nel processo che scuote il Sudafrica e il resto del mondo l'immagine del campione vittorioso che supera ogni ostacolo lascia spazio a quella di un uomo distrutto, disperato, sempre in lacrime. Da quel giorno la favola dell'atleta senza gambe che aveva lottato e vinto non ha più il lieto fine.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: