martedì 14 ottobre 2014
​Inascoltata una perizia del 2013  I pm puntano su appalti e burocrazia.
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Era tutto scritto. «Un quadro allarmante, tanto da rendere Genova una delle città con il più alto rischio idrogeologico in Europa ». Lo aveva dichiarato il 9 luglio di un anno fa il procuratore capo Michele Di Lecce dopo aver letto la perizia condotta nell’ambito dell’inchiesta sull’alluvione del 2011: sei morti e una città sottosopra.  E da queste carte partirà la nuova inchiesta aperta sempre dai pm del capoluogo ligure. Disastro e omicidio colposo, questo il reato al momento a carico di ignoti. Nel mirino degli inquirenti le opere completate e quelle non realizzate in ambito idraulico, la manutenzione degli alvei dei torrenti e la catena di attività degli organi amministrativi: dalla mancata allerta, alla gestione dell’emergenza, fino al piano di protezione civile del Comune.  Il premier Matteo Renzi ha annunciato che verranno sbloccati due miliardi di euro, stanziamento che non riguarderà solo gli aiuti per Genova, spiegano fonti del governo, ma gli interventi per il dissesto idrogeologico in tutta Italia. «C’è l’impegno del Governo a sbloccare 95 milioni per lo scolmatore del Bisagno», ha detto il sindaco di Genova Marco Doria. Denaro parzialmente disponibile dal 2010 e mai utilizzato. Lo 'Sblocca Italia' conterrà delle misure per accelerare gli interventi, ha annunciato la relatrice al provvedimento Chiara Braga, con un emendamento «per l’affidamento immediato di opere rilevanti e urgenti di contrasto al dissesto idrogeologico, anche sopra la soglia comunitaria degli appalti». Due anni fa i consulenti degli inquirenti liguri avevano setacciato gli oltre 22 percorsi fluviali, la maggior parte dei quali ormai completamente nascosti o interrati. La consulenza contiene tra l’altro la bocciatura del Piano comunale di emergenza in vigore all’epoca che «risulta generico e altamente carente sulla parte che riguarda gli scenari di rischio e la Carta del modello di intervento».  Esemplare il caso del rio Fereggiano. «Il progetto della Italstrade per il deviatore - si legge nella perizia - avrebbe evitato il disastro. Come mai l’opera venne finanziata, iniziata e mai completata? Come mai quei fondi non sono stati spesi per l’opera? Sono stati spesi 10 miliardi per un chilometro di galleria e poi i lavori sono stati interrotti. Se fosse stata portata a termine, il rio non sarebbe mai esondato». A distanza di tre anni è successo di nuovo. Ora c’è chi da la colpa al Tar che ha bloccato gli appalti in seguito al ricorso di alcune ditte escluse dalla gara. Interventi per circa 30 milioni che il governatore Claudio Burlando è pronto a sbloccare con procedura d’urgenza, dunque superando la sospensiva dei giudici amministrativi. Ma non si tratta di opere risolutive. Se per un verso è vero che «l’urbanizzazione a valle ha determinato una saturazione edilizia con carenza di una qualsiasi gestione in tema di disciplina idrica delle aree», per l’altro «il Piano di bacino - concludono i periti - evidenzia via Fereggiano come zona con elevata criticità idraulica, in uno stato di degrado generalizzato, con pesanti interferenze tra la viabilità e i caseggiati e il reticolo idraulico. Per questo motivo si sarebbe dovuto intervenire prima, ma anche dopo, allestendo tutte le precauzioni».  Di tutto questo devono rispondere l’ex sindaco Marta Vincenzi e altri cinque indagati nell’inchiesta sull’alluvione il 4 novembre 2011, che provocò la morte di quattro donne e due bambine. Le udienze andranno avanti fino al 24 marzo 2015. Secondo gli inquirenti, in quella occasione l’intervento della protezione civile non venne sollecitato in maniera opportuna. Le strade e le scuole a rischio non furono chiuse e ai présidi degli istituti non venne ordinato di impedire che gli alunni lasciassero i plessi scolastici, riversando per le strade decine tra bambini e genitori, alcuni dei quali persero la vita inghiottiti dall’ondata di fango. Negligenze che scondo la procura si sono ripetute anche nei giorni scorsi. 
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