martedì 7 ottobre 2014
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«Dobbiamo vederci come gioiosi messaggeri di cose alte», sicuri che il «Vangelo risponde ai bisogni più profondi dell’uomo». È un messaggio carico di speranza quello che il cardinale Sean Patrick O’Malley vuole lanciare al clero di Milano. Speranza, ma anche consapevolezza che «le grandi città dell’Occidente sono diventate il vero terreno di evangelizzazione» perché percorse da una cultura individualista e indifferente, in cui «l’ordinaria amministrazione non è più sufficiente». Centinaia di preti - giovani o già con anni di esperienza sulle spalle - ascoltano con attenzione e interesse l’arcivescovo di Boston per quasi un’ora e mezza, in quello che è il terzo incontro promosso dall’arcivescovo di Milano il cardinale Angelo Scola (ieri assente perché chiamato a partecipare al Sinodo dei vescovi, ma presente con un messaggio di saluto letto dal vicario generale, il vescovo Mario Delpini) con pastori di grandi metropoli sparse nel mondo (dopo l’austriaco Christoph Schönborn e il filippino Luis Tagle) proprio sul tema dell’evangelizzazione nel terzo millennio.E il cardinale O’Malley, vestito con il suo saio di frate cappuccino («In alcune conferenze qualcuno mi chiede se sono padre Cantalamessa» dice, riferendosi all’abito dell’attuale predicatore della Casa Pontificia) seduto al tavolo posto davanti all’altare maggiore del Duomo di Milano, ieri mattina non ha deluso le attese (così come in serata ha fatto sempre nella Cattedrale incontrando i componenti dei consigli pastorali dell’arcidiocesi). Un compito, quello della evangelizzazione, tutt’altro che semplice nell’arcidiocesi statunitense di Boston, dove O’Malley giunge nel 2003 trovando una situazione disastrosa. «L’anno prima era scoppiato lo scandalo degli abusi sui minori commessi da alcuni sacerdoti di questa Chiesa – racconta – e i cattolici erano rimasti colpiti e sconcertati sia di quanto avvenuti sia che nel tempo avessero potuto continuare a svolgere il ministero». È un clima di sfiducia e di ostilità, con un «clero demotivato e spesso anche deriso dall’opinione pubblica», che mette in crisi anche il bilancio economico dell’arcidiocesi. «Si rischiava la bancarotta e il fallimento con quasi 30 milioni di dollari di debiti e un migliaio di cause penali in corso» ricorda l’arcivescovo. Cosa fare? Il cardinale O’Malley scelse la via dell’incontro con le vittime e della richiesta di perdono. «Ascoltare le loro storie, incontrarli, mi ha aiutato a comprendere quanto sono stati danneggiati da ciò che è loro accaduto» dice il relatore al clero ambrosiano. Inizia così un lungo percorso, fatto anche di preghiera e di formazione permanente, con il quale recuperare la fiducia degli stessi fedeli e poi dell’opinione pubblica. Il cardinale di Boston non nasconde le difficoltà vissute e i passaggi difficili affrontati, ma ribadisce con forza la certezza che affidarsi alla preghiera e all’incontro personale con Dio sono gli strumenti più utili in questo cammino. E anche la trasparenza è un altro punto di forza su cui il cardinale statunitense, di origini irlandesi, ha insistito nel suo lungo intervento. «Recuperare una certa stabilità, sia nella fiducia, sia nei conti economici – spiega – abbiamo lavorato perché nelle parrocchie sorgessero gruppi di evangelizzazione». E per esserlo «occorre porsi in sintonia con il territorio in cui si opera e con i cambiamenti che nel tempo subisce». Boston è una città di forte immigrazione straniera e una delle attenzioni poste dall’arcivescovo è stata proprio il come stare accanto a questi gruppi etnici. «Nella mia arcidiocesi vivono 200mila brasiliani – spiega O’Malley – ma solo l’anno scorso sono riuscito a ordinare un sacerdote brasiliano, che li possa seguire». Un’attenzione ai migranti che da sempre caratterizza il ministero del cardinale, sin da quando appena diacono si preparava ad andare missionario nell’Isola di Pasqua, e che poi si troverà a vivere prima a Washington presso la comunità ispanica e poi come vescovo-missionario nelle Isole Vergini. Anche il tema degli abusi sui minori è una sfida che spesso ha incrociato la strada del vescovo O’Malley prima a Fall River in Massachusetts («Fu la diocesi dove venne alla luce il primo caso») e a Palm Beach in Florida («Dove fui mandato a sostituire un vescovo che si era macchiato di questo gesto, vescovo a sua volta nominato lì per sostituire un predecessore nelle stesse condizioni»). E infine Boston, a cui si aggiunge ora, per volere di papa Francesco, il compito di coordinare la Pontificia Commissione per la tutela dei minori, che aggiunge alla partecipazione al Consiglio dei cardinali, istituito dallo stesso Pontefice.Incontro, trasparenza e preghiera. Azioni che il cardinale O’Malley ha voluto mettere in campo anche per affrontare la crisi di vocazioni. «Quando arrivai – ricorda – in Seminario erano solo in 14. Oggi sono 70». Anche in questo caso è soprattutto la preghiera è «l’arma» più usata, anche perché, come scrisse nella sua prima lettera pastorale «le vocazioni sono un affare di tutti».
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